Huawei può partecipare alla corsa in Germania per realizzare le reti 5G. Il via libera ufficiale è arrivato dall’Authority tedesca sulle tlc. A comunicare la decisione è stato Jochen Homann, presidente della Bundesnetzagentur (l’agenzia federale di regolamentazione), in un’intervista al Financial Times: “La posizione che la Bundesnetzagentur prende è che nessun fornitore di equipaggiamenti, incluso Huawei, deve o può essere specificamente escluso”.
Quello di Homann è il più chiaro segnale che il colosso di Shenzhen, nel mirino Usa per i timori sulla sicurezza, non sarà escluso dalla realizzazione del 5G in Germania, malgrado le forti pressioni di Washington.
“Non ci sono indicazioni concrete contro Huawei”
Gli Stati Uniti hanno in più occasioni lanciato avvertimenti ai Paesi europei riguardo i rischi di sicurezza informatica connessi al coinvolgimento del gigante della tecnologia cinese nello sviluppo del 5G, ma per Homann, “non ci sono indicazioni concrete contro Huawei, né siamo a conoscenza di altri organi in Germania che abbiano ricevuto indicazioni affidabili”.
Senza Huawei 5G in ritardo
Escludere Huawei dalla corsa al 5G, ha poi aggiunto, porrebbe problemi a Deutsche Telekom e ai competitor visto che “gli operatori lavorano tutti con tecnologia Huawei nei loro sistemi”. “In più”, ha spiegato, “Huawei detiene un gran numero di licenze in questo mercato. Se Huawei fosse esclusa, questo porterebbe a ritardi nel lancio dei network digitali”.
La stessa osservazione, di un ritardo sia nella realizzazione delle reti 5G sia della commercializzazione dei servizi in caso di un ban alla Tlc cinese, è stata sottolineata ai nostri microfoni da Luigi De Vecchis, presidente di Huawei Italia: “Credo che un operatore se volesse realizzare una rete 5G senza Huawei dovrà spendere di più perché dovrà sostituire anche le reti precedenti, nelle zone in cui sono presenti quelli di Huawei, e poi per realizzare compiutamente la rete di quinta generazione dovrà aspettare qualche anno in più. E non credo che l’Italia non si possa permettere questo ritardo nel 5G”, ha detto De Vecchis nella nostra videointervista.
Dunque, ritornando in Germania, notiamo una lezione di sovranità nazionale di Angela Merkel e delle Autorità regolatorie tedesche: hanno rimandato al mittente (agli Usa) sia il ban nei confronti di Huawei sia il tentativo di ingerenza sulla definizione delle regole per la realizzazione delle reti 5G.
“Per il governo federale la sicurezza digitale è un bene prezioso e definiamo da soli i nostri standard”, ha puntualizzato Merkel nel commentare la lettera inviata, la scorsa settimana, dall’ambasciatore americano in Germania, Richard Grenell al governo tedesco, e più precisamente al Ministro dell’Economia, in cui è stato minacciato “di limitare l’accesso della Germania ai servizi segreti degli Stati Uniti qualora Berlino decidesse di sottoscrivere contratti con Huawei”.
In realtà il ragionamento così come la strategia da utilizzare è semplice: se le apparecchiature di Huawei rispettano gli standard allora perché sottoporla a un ban?
Dello stesso avviso è anche Jochen Homann, il presidente della Bundesnetzagentur (l’agenzia federale di regolamentazione): “Se il gruppo di Shenzhen rispetterà i requisiti di sicurezza oggetto di linee guida emessa il mese scorso dal governo tedesco potrà partecipare al dispiegamento del 5G”.
Quindi Huawei resta in corsa per il 5G in Germania, ma a che punto siamo con la rete mobile di quinta generazione nel Paese tedesco? L’asta per le frequenze è in corso con Vodafone, Deutsche Telekom, Telefónica e Drillisch Netz a contendersi i blocchi di frequenze. Al momento hanno presentato offerte superiori a 5,2 miliardi di euro (In Italia si è chiusa a 6,55 miliardi).
Italia e la vicenda Huawei?
Al Ministero dello Sviluppo economico è partita il 19 febbraio una struttura strategica. È il Cvcn: centro di valutazione e certificazione nazionale per la verifica delle condizioni di sicurezza e dell’assenza di vulnerabilità di prodotti, apparati e sistemi destinati ad essere utilizzati per il funzionamento di reti, servizi e infrastrutture critiche. Se i prodotti cinesi, come di qualunque altro Paese, sono valutati e certificati, il problema non sussiste.