Stati Uniti
E’ stato il Chief Financial Officer di Facebook, David Ebersman, a decidere, da solo, di collocare sul mercato il 25% in più di azioni in occasione dell’Ipo.
Un’iniziativa, secondo la stampa americana, che potrebbe spiegare il fiasco dell’operazione.
Ebersman, 41 anni, ha avuto grande potere su tutte le decisioni fondamentali adottate nell’ambito del processo di quotazione in Borsa del social network, “senza consultarsi con le sue banche come solitamente fanno molte società“, scrive il Wall Street Journal.
La scelta del Cfo di aumentare il numero dei titoli potrebbe aver determinato lo scacco dell’Ipo, sostiene il quotidiano, affermando di essere giunto a questa conclusione dopo aver sentito oltre una decina di persone informate dei fatti.
Lanciato in Borsa venerdì al prezzo di 38 dollari per azione, il titolo ‘FB’ ha perso quasi il 20% nelle prime tre giornate, anche se ha riguadagnato ieri il 3,23% a 32 dollari.
Secondo il WSJ, Ebersman aveva un solo ‘confidente’, Michael Grimes, il Managing Director e Co-Head of Global Technology Investment Banking di Morgan Stanley.
Il quotidiano spiega che quest’ultimo lo aveva rassicurato che la domanda di azioni Facebook era molto forte… ma i fatti hanno poi dimostrato il contrario.
“Questa Ipo – ha commentato una fonte – è stata tutta opera di Ebersman e Grimes“.
Morgan Stanley, principale sottoscrittore dell’Ipo, s’è difesa sostenendo di aver avvertito solo alcuni grossi azionisti dell’abbattimento delle previsioni sugli utili di Facebook, assicurando di aver rispettato tutte le procedure legali della circostanza.
Ma di fronte alla delusione causata da questa attesissima Ipo, si sono moltiplicate ieri le class action, sia contro il social network che contro le sue banche (Morgan Stanley, Goldman Sachs e JPMorgan Chase) e il Nasdaq (Leggi Articolo Key4biz).
La Commissione per gli affari bancari del Senato USA ha già fatto sapere che aprirà un’indagine informale sul caso.
Il presidente della Commissione, il democratico Tim Johnson, ha dichiarato d’aver chiesto al suo team di far luce sulle questioni sollevata dalla stampa.
Sono intanto già iniziati i primi confronti con Facebook, i regolatori e le parti coinvolte nell’operazione. Al termine, Johnson deciderà se sarà necessaria anche un’audizione in Commissione.
Dopo cinque giorni di silenzio Facebook ha deciso ieri di parlare, sostenendo che la notizia della denuncia contro i vertici della società riguardante l’entrata in Borsa sarebbe ‘infondata’, aggiungendo che si difenderà con grande ‘determinazione’ contro ogni accusa.
Un portavoce ha spiegato che le dichiarazioni dell’azienda riguardano specificatamente l’azione legale depositata ieri contro il CEO Mark Zuckerberg e i dirigenti del gruppo tra cui Marc Andreessen, Reed Hastings e Peter Thiel, ma anche contro le banche coinvolte nell’Ipo, in particolare Morgan Stanley, Goldman Sachs e JPMorgan.
La class action è stata depositata presso il tribunale federale di Manhattan da un gruppo di investitori alla testa dei quali c’è il fondo Brian Roffe Profit Sharing Plan.
L’accusa è che il prospetto registrato alla SEC per l’Ipo del sito internet ‘conteneva importanti errori e anche l’omissione di elementi essenziali’.
Riguardo al comportamento delle tre principali banche coinvolte, che avrebbero ridotto le stime sugli utili e avvertito solo alcuni clienti, s’è innescata una forte polemica.
“Se fosse vero, sarebbe un vero scandalo“, ha scritto su Twitter Sallie Krawcheck, ex presidente di Bank of America Global Wealth & Investment Management e star di Wall Street.
“Lo scacco di Facebook è un’offesa per gli investitori indipendenti”, ha rincarato Dick Green sul sito Briefing.com.