app economy

Sos Tech. Com’è andata la telefonia mobile nel 2018

di |

Il primo dato da evidenziare è che gli smartphone potranno anche essere arrivati a maturazione e forse è vero che il mercato hardware sia quasi saturo, ma lo stesso non vale per l’app economy.

Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Si è parlato parecchio, in queste ultime settimane, di tramonto degli smartphone. Il fatto che sia Apple che Samsung abbiano annunciato, a pochi giorni di distanza, di aver mancato i loro più recenti obiettivi finanziari, ha scatenato una serie di riflessioni sull’impossibilità di innovazione per questi dispositivi ormai giunti a una piena maturità, con la complicità di modelli a basso-medio costo sempre più vicini, come performance, ai flagship model da 1000 euro e più della fascia di lusso.

In tutto questo c’è molto di vero; al contrario, è sicuramente errato pensare che questa fase di declino coincida anche con un minor appeal della telefonia mobile. Anche perché la comunicazione via cellulare non è mai stata così solida: a dimostrarlo c’è il 2018 italiano, dove le offerte di telefonia sono letteralmente crollate, grazie all’ingresso di Iliad e a una robusta rivisitazione delle proprie tariffe da parte dei principali operatori italiani, che hanno investito di più nella loro proposta con operatori virtuali (su SosTariffe.it trovate le occasioni più convenienti, giorno per giorno).

Le prospettive della telefonia mobile nel 2019, con l’esordio del 5G anche a lato consumer sempre più vicino, sono complesse e variegate: App Annie le ha analizzate nel suo ultimo report, cercando di mettere ordine tra le certezze, le previsioni e le semplici ipotesi per l’anno che inizia.

L’app economy continua a crescere

Il primo dato da evidenziare è che gli smartphone potranno anche essere arrivati a maturazione e forse è vero che il mercato hardware sia quasi saturo, ma lo stesso non vale per l’app economy: in totale, nel 2018 i download di applicazioni per mobile sono stati 194 miliardi, con un aumento del 35% rispetto al 2016. Ma la situazione, rispetto a due anni fa, è mutata anche per un altro aspetto: quasi la metà dei download arrivano infatti dalla Cina, su iOS e dispositivi Android di terze parti, e la crescita continua a essere impressionante non solo per Pechino (+70% negli ultimi due anni) ma soprattutto per l’India, che fa registrare un aumento del 165% rispetto al 2016, per l’Indonesia (+55%) e per il Brasile (+25%). Insomma, se la crescita rallenta in mercati maturi come gli Stati Uniti, va a gonfie vele nelle economie emergenti; il problema, già anticipano gli analisti, sarà quando anche in questi Paesi ormai gli smartphone più sofisticati saranno patrimonio di tutti e non ci saranno più mercati dove intervenire in modo aggressivo.

Riguardo alla natura delle applicazioni scaricate, per il 35% sono giochi e simili, più o meno le stesse percentuali del 2016.

Il boom di abbonamenti e sottoscrizioni

Chi frequenta con una certa regolarità gli app store di diversi sistemi operativi mobili, quindi l’App Store iOS e il Play Store di Google, avrà notato che ormai molte applicazioni hanno un prezzo paragonabile alle versioni desktop. C’è poco da stupirsi, considerando che i tablet più avanzati (che spesso condividono con gli smartphone gli stessi programmi) sono ormai in tutto e per tutto paragonabili a computer portatili, e che certe applicazioni come ad esempio Adobe Photoshop presentano sempre meno differenze tra PC e dispositivo mobile.

Questo ha portato a un considerevole aumento della spesa globale: 101 miliardi di dollari nel 2018, ben il 75% in più rispetto al 2016, tenendo conto non soltanto del costo per acquistare un’applicazione ma anche di tutte quelle transazioni e micro-transazioni collaterali, come gli acquisti in-app e, soprattutto, le subscription, ovvero gli abbonamenti mensili a un servizio (da Netflix a Spotify, da Dropbox a programmi per l’amministrazione dei propri dati come 1Password) che stanno ormai diventando il modello di riferimento per la maggior parte delle case software. Dal computo rimane invece fuori quello che si può considerare l’indotto, ovvero l’ammontare degli acquisti effettuati con l’app di Amazon, i cappuccini ordinati con l’app di Starbucks, gli hamburger comprati con l’app di McDonald’s e così via.

Anche in questa classifica la Cina si rivela dominatrice, con il 40% circa della spesa globale. E dal canto loro sono i giochi, proprio grazie agli acquisti in-app (si pensi allo straordinario successo di Fortnite, ricchissimo di microtransazioni per personalizzare il proprio personaggio), a continuare a fare la parte del leone, con il 74% della spesa totale dei consumatori. In ogni caso, gli abbonamenti fanno ottenere un buon risultato alle app non dedicate all’intrattenimento videoludico: è vero che la percentuale di spesa per il loro acquisto è del 26%, ma nel 2018 era solo il 18%.

Quasi quattro ore davanti allo schermo

Nota dolente: quanto tempo passiamo davanti ai monitor sempre più sofisticati dei nostri dispositivi mobili, in un’epoca in cui continuiamo a ricevere notifiche che ci consigliano di alzarsi a fare quattro passi o che analizzano attentamente il tempo che passiamo su un sito o o su un’app. Anche qui, a dimostrazione di una centralità della telefonia mobile che non accenna a diminuire, rispetto al 2016 c’è stato un corposo balzo in avanti: il 50% in più, che diventa il 110% in più considerando le prime cinque categorie, che si muovono molto più velocemente del resto del mercato, ovvero i programmi per la visione di filmati e l’editing video, quelli di intrattenimento, la fotografia, i programmi di utilità e le app di finanza. Per quanto riguarda i social e i programmi di comunicazione, a loro dedichiamo la metà del nostro tempo al cellulare, mentre giochiamo “solo” per il 10%: insomma, si gioca senza esagerare, ma spendendo parecchio, forse proprio anche per minimizzare le tempistiche necessarie a raggiungere un dato obiettivo.

Nei mercati emergenti, l’importanza dei dispositivi mobili come catalizzatori di tempo libero (e di tempo che non dovrebbe essere libero ma di fatto lo diventa, ovviamente) è ancora più impressionante: in Indonesia, ad esempio, gli utenti trascorrono circa 4 ore al giorno sui telefonini, il 17% della loro intera giornata. Nei mercati maturi come il Canada e gli Stati Uniti, invece, non si superano le 3 ore al giorno.

Da segnalare che questi dati non sono il frutto di lunghe sessioni davanti al display, quanto piuttosto di ridotti ma costanti “controlli” dello smartphone – per vedere se è arrivato un messaggio di posta elettronica, per leggere cos’è successo sui social, per dare un’occhiata al proprio conto in banca. Fino a diventare, come ben sappiamo tutti, né più né meno che un tic.

Fonti: https://www.appannie.com/en/insights/market-data/looking-ahead-mobile-in-2019/

Leggi le altre notizie sull’home page di Key4biz