Fibra ottica sottomarina: Facebook gioca a fare la telco?

di Alessandra Talarico |

Dopo Google, anche il social network investe in una rete da 10 mila km tra la Malesia, la Corea del Sud e il Giappone per migliorare la velocità delle connessioni internet in questi e altri paesi. Ma la mossa desta preoccupazioni tra gli operatori.

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Facebook - Asia Pacific Gateway

La notizia che Facebook, in consorzio con altre aziende, ha investito 450 milioni di dollari nelle rete via cavo sottomarina Asia Pacific Gateway (APG) ha creato non poca preoccupazione tra le telco. Certo, forse è un po’ presto per dire che il social network vuole giocare a fare l’operatore, ma la notizia potrebbe avere importanti implicazioni nel settore delle telecomunicazioni.

 

Asia Pacific Gateway è un progetto che prevede la posa di cavi sottomarini tra la Malesia, la Corea del Sud e il Giappone per migliorare la velocità delle connessioni internet in questi e altri paesi.

L’investimento nella regione è importante per il social network, la cui crescita ha iniziato a rallentare nei mercati occidentali, ma resta ancora forte in Asia.

Offrire a cittadini e aziende in quest’area connessioni più veloci potrebbe dunque rivelarsi determinante anche se la crescita in mercati come l’Indonesia e le Filippine è stata trainata più dall’accesso tramite dispositivi mobili che dalla rete fissa.

Perchè, quindi, investire nella fibra?

Dopo l’IPO, la società è alla ricerca di nuove opzioni di investimento, ma quelli che coinvolgono le infrastrutture di rete – oltre a garantire il collegamento tra i vari data center del gruppo sparsi per il mondo – potrebbero rientrare nella più ampia strategia di affrancamento dalle telcos che, soprattutto in Europa, stanno iniziando ad avanzare proposte per il coinvolgimento degli OTT nel finanziamento delle reti.

 

Certo, Facebook non è il primo fornitore di servizi a investire nelle reti: lo ha già fatto Google, che ha avviato il rollout di una rete in fibra ottica a Kansas City nell’ambito di un progetto volto a migliorare l’accesso a internet dei residenti della città in un’ottica di superamento del digital divide.

Per giustificare l’investimento, Google ha commissionato un’indagine che ha rivelato che un quarto dei cittadini di Kansas City non disponeva di connessione internet a casa. La gran parte di queste persone affermava che il prezzo delle connessioni era una delle principali ragioni per non aver sottoscritto un abbonamento a internet. Un’altra buona percentuale (41%) riteneva non prioritario per la qualità della propria vita abbonarsi a internet.

Ora, è apprezzabile che Google abbia intrapreso un simile investimento per amore degli abitanti di Kansas city, ma non vale lo stesso discorso anche per la gran parte delle altre zone sotto servite degli Usa?

Anche Google, tra l’altro, nel 2008 aveva annunciato un investimento da 300 milioni di dollari in una rete sottomarina tra gli Usa e l’Asia.

 

Quale che sia la ragione degli investimenti, notano gli osservatori, gli OTT sembrano meglio disposti degli operatori a fare investimenti innovativi e ad ampliare il ventaglio dei loro investimenti.

Gli stessi operatori devono necessariamente mettere mano alle loro reti per sostenere la crescita costante del traffico dati e questa circostanza potrebbe essere percepita come una minaccia dagli OTT.

 

Se in questa ‘lotta’ per il predominio nel controllo delle infrastrutture un lato o l’altro dovesse prevalere, anche se è ancora presto per capire quale, assisteremmo a un massiccio cambiamento negli equilibri di controllo dei servizi di comunicazione.

 

Realisticamente, tuttavia, telco e OTT – entrambi con una solida riserva di cash e la necessità di essere parte attiva dell’economia digitale – a un certo punto dovranno collaborare per fare una sintesi del meglio delle rispettive offerte e realizzare un ecosistema sostenibile.

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