ICT: rifiuti tecnologici non riciclati, 21 miliardi di ‘costose inefficienze’

di Flavio Fabbri |

VINTI

Ogni anno si consumano qualcosa come 320 tonnellate di oro e oltre 7500 di argento per produrre Personal computer, smartphone, media tablet, normali cellulari e altri device portatili di uso comune. Un’enorme quantità di minerali che non viene riutilizzata e che è stata valutata in 21 miliardi di dollari.

 

È quanto si afferma nel Rapporto di eWaste Academy, che individua nelle nostre città delle vere e proprie miniere d’oro e d’argento a cielo aperto. Le discariche di rifiuti elettronici, in cui giornalmente finiscono un gran numero di telefonini, smartphone, computer e altri dispostivi, potrebbero fornire in tempi di crisi lavoro ed opportunità di guadagno per molte aziende, perché dai cosiddetti rifiuti elettronici ed elettrici (o RAEE) si ottengono materie prime preziose di valore superiore rispetto al momento dell’estrazione dalla terra.

 

Non servono infatti complesse fasi lavorative, perché tali risorse sono già lavorare nella gran parte dei casi e pronte per l’uso, per un valore superiore anche di 40-50 volte quello dei materiali grezzi provenienti dai depositi in miniera. A questo punto, dati alla mano, serve un salto di qualità vero da parte dell’industria hardware e componenti per elecomunicazioni ed Information Technology, “intraprendendo modelli di consumo più sostenibili di quelli attuali, vista anche la produzione di dispositivi elettronici sempre più sostenuta” ha dichiarato Luis Neves presidente di Global eSustainability Initiative (GeSI).

 

Delle “costose inefficienze” che ogni anno determinano la perdita di decine di miliardi di euro e il continuo sventramento del suolo terrestre alla ricerca di nuovi metalli preziosi, ha ammonito invece Ruediger Kuehr, segretario generale del Solving the eWaste- Problem (StEP), in occasione del primo incontro mondiale sullo smaltimento dei rifiuti elettronici organizzato da StEP e GeSI nella struttura delle Nazioni Unite presso l’università di Accra nel Ghana.

 

Proprio in questo paese africano si ha la maggiore estrazione di oro e argento al mondo.Tra il 2001 e il 2011 si è passati dal 5,3% di consumo (Tlc ed IT) di tali metalli all’attuale 8%, contro un ritorno di risorse riciclate non superiore al 15%. Di oro se ne producono in totale 4500 tonnellate ad un prezzo di 1500 dollari l’oncia (30 grammi circa).

 

Seguire la strada dell’eWaste e del riciclo delle componenti di un apparecchio elettronico è ormai un obbligo, sia in termini etici, sia economici, ma molto si deve fare per monetizzare quell’80% di materiale ancora considerato di scarto. La stessa plastica contenuta in questi dispositivi, ha affermato Chris Slijkhuis di MBA Polymers, richiede un utilizzo di acqua pari a un decimo di quella usata in un normale processo produttivo.

 

Sempre secondo l’eWaste Academy, elaborando dati provenienti dall’Unione Europea, grazie alle nuove tecnologie di riciclo si potrebbero risparmiare circa 5 milioni di kilowatt ore di energia, altri 3 milioni di barili di petrolio ed annullare 2 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 annue.

 

Su quest’ultimo dato ci si deve soffermare per comprendere l’importanza del riuso delle materie prime derivate dal riciclo di apparecchiature elettroniche (ed in molti casi elettriche). In un momento storico come questo, caratterizzato dalla morsa instancabile della crisi economica e finanziaria, come anche dal boom delle comunicazioni elettroniche, urge un cambio di passo e di visione d’insieme. Probabilmente è giunto il momento di affrontare seriamente il discorso green ecnonomy e di adottare delle soluzioni efficaci da un punto di vista della sostenibilità economica ed ambientale dell’industria dei beni e dei servizi così come l’abbiamo conosciuti fino ad oggi.

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