L’emendamento pro-scorporo per favorire la creazione di un player unico della rete a banda ultralarga dovrà passare al vaglio di Bruxelles, che ne dovrà valutare la compatibilità con il nuovo Codice delle Comunicazioni elettroniche che dopo il recente via libera del Parlamento Ue dovrà arrivare il 4 dicembre al Consiglio Europeo per essere infine recepito dai singoli stati membri nell’arco di 20 mesi. Lo scrive oggi il Sole 24 Ore, sollevando un tema alquanto delicato, vale a dire quello della compatibilità del travaso di circa 30mila dipendenti che lavorano sulla rete Tim nella nuova entità immaginata dal Governo, frutto del merger fra Tim e Open Fiber sotto il controllo di Cdp.
Fra le principali novità delle nuove norme del Codice Ue delle Comunicazioni elettroniche è previsto un trattamento favorevole nei confronti degli operatori wholesale only, soggetti non verticalmente integrati sul modello Open Fiber, specializzati nella fornitura all’ingrosso di capacità di banda agli operatori retail, con la possibilità peraltro di fornire servizi ai clienti finali business e PA.
In questo senso, l’emendamento giallo verde pro-scorporo approvato in Senato va nella stessa direzione, prevedendo un controllo di soggetti terzi (Cdp ndr) della nuova entità. Resta però un nodo da sciogliere a Bruxelles, che riguarda la “clausola occupazionale” caldeggiata dal M5S ricompresa nell’emendamento che fa rientrare la “forza lavoro” nei criteri di calcolo degli incentivi alla creazione della rete, che si baserebbero sul modello Rab già applicato nel settore energetico ad esempio a Snam e Terna.
Gli operatori wholesale only sono soggetti snelli, scrive il Sole 24 Ore, che devono essere in grado di competere sul mercato in modo efficiente. La “vera fibra” non richiede la manutenzione del rame, e vista la progressiva obsolescenza della rete in rame, in prospettiva, il fabbisogno di personale per la gestione della rete sarà di gran lunga inferiore ai 30mila dipendenti della rete Tim che potrebbero confluire nella nuova entità. Open Fiber nel suo piano autonomo prevede a regime meno di mille dipendenti.
Un altro nodo riguarda la possibilità che il costo del mantenimento del personale della nuova entità venga trasferito nelle tariffe regolamentate del Rab, con il rischio che i maggiori costi per la rete vengano poi scaricati in ultima istanza sui clienti finali sotto forma di aumenti nel prezzo del servizio finale.
Vedremo come andrà a finire, tanto più che il perimetro della separazione funzionale della rete Tim da Tim Servizi non è ancora definito, anzi c’è chi si domanda se una separazione della Netco debba prevedere anche l’infrastruttura mobile (Inwit), in vista della densificazione delle antenne prevista con l’avvento del 5G che consumeranno gran parte della capacità della fibra. Bisognerà capire poi se la nuova entità wholesale only debba essere aperta alla partecipazione di tutti gli operatori (Fastweb ad esempio ha già fatto sapere che intende proseguire in autonomia rispetto al progetto di merger Tim-Open Fiber). Senza dimenticare infine la necessità di normare in maniera ben precisa i rapporti fra la nuova entità della rete (Tim Reti) e Tim Servizi per evitare trattamenti di favore che falserebbero la concorrenza.