L’economia non osservata nel 2016 valeva in Italia poco più di 210 miliardi di dollari, circa il 12,4% del PIL, secondo dati Istat pubblicati venerdì scorso (“L’economia non osservata nei conti nazionali“). Tale valore si ottiene sommando l’economia sommersa, calcolata attorno ai 192 miliardi di euro, e le attività illegali, che sono state valutate attorno ai 18 miliardi di euro.
Nel 2016, si legge nel sito web dell’Istituto nazionale di statistica, la componente relativa alla sotto-dichiarazione pesa per il 45,5% del valore aggiunto (circa -0,6 punti percentuali rispetto al 2015).
La restante parte è attribuibile per il 37,2% all’impiego di lavoro irregolare (37,3% nel 2015), per l’8,8% alle altre componenti (fitti in nero, mance e integrazione domanda-offerta) e per l’8,6% alle attività illegali (rispettivamente 9,6% e 8,2% l’anno precedente).
Le Altre attività dei servizi (33,3% nel 2016), il Commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (23,7%) e le Costruzioni (22,7%) si confermano i comparti dove l’incidenza dell’economia sommersa è più elevata.
Per quel che riguarda il settore dell’informazione e della comunicazione, l’incidenza è stata calcolata attorno al 6,8%, cioè approssimativamente 14 miliardi di euro.
Dal 2013 al 2016 tale incidenza non è mai scesa sotto il 6% e, dopo un relativo calo nel 2015, durante il 2016 c’è stato un significativo aumento sull’anno precedente, quasi di un punto percentuale.
Ad una prima occhiata d’insieme del grafico, si nota che, rispetto all’andamento negli altri settori, l’aumento dell’incidenza dell’economia non osservata nel comparto dell’informazione e della comunicazione potrebbe esser stato tra i più significativi tra il 2015 ed il 2016.
Il documento non fornisce dati sul lavoro irregolare nel settore dell’informazione e della comunicazione, ma complessivamente i lavoratori irregolari in Italia sono stati 3,7 milioni nel 2016.
L’incidenza del lavoro irregolare è particolarmente rilevante nel settore dei Servizi alle persone.
Direttamente connesse a quest’ultima voce ci sono anche le attività professionali, scientifiche e tecniche, a cui si aggiungono le attività di somministrazione e di servizi di supporto, che tutte assieme incidono per il 18,2%.