Agcom: il mercato media sempre più proiettato verso il web, ma necessario assicurare banda sufficiente e contenuti appetibili

di Raffaella Natale |

Solo così, dice l’Agcom nella Relazione 2012, l’Italia potrà sfruttare le occasioni dettate dal progresso tecnologico ed economico.

Italia


Connected Tv

Grande spazio a connected Tv e OTT nella Relazione Agcom del 2012 che fa, quindi, riferimento al lavoro svolto dal Consiglio presieduto da Corrado Calabrò, resa disponibile oggi sul sito dell’Autorità.

Nella Relazione si illustra dettagliatamente l’evoluzione del mercato dei media, osservando i cambiamenti avvenuti nella fruizione dei contenuti a seguito della più alta diffusione della banda larga e di dispositivi web-based.

La domanda di contenuti e servizi, sottolinea l’Autorità, ha orientato le strategie aziendali dei diversi attori coinvolti nella catena del valore, tra cui, non ultimo, lo stesso consumatore, che diviene, allo stesso tempo, fruitore e produttore di contenuti.

 

Essenziale il passaggio nel quale l’Autorità sottolinea l’importanza dell’investimento nell’economia digitale per la crescita economica del sistema Paese, “poiché lo stimolo all’innovazione crea posti di lavoro, generando un circuito benefico che unisce produzione di nuovo reddito e crescita democratica del Paese”.

 

Sul punto, l’Agcom ricorda di aver inviato una segnalazione al Governo e al Parlamento, nel gennaio 2012, nella quale si propone l’adozione di un’Agenda digitale, che l’Italia ahimè ancora attende (Leggi Articolo Key4biz), in grado di governare la modernizzazione del Paese per mezzo della costruzione di reti NGN e la diffusione dei servizi digitali.

 

In una Relazione che affronta il tema dei contenuti digitali, non poteva mancare il riferimento, anche se en passant, al download illegale e alla tutela del diritto d’autore online, dove l’Agcom di Calabrò ha pesantemente mancato, non riuscendo ad approvare il Regolamento antipirateria e facendo finire l’Italia nella Watch List degli USA, insieme a Cina, Svizzera, Russia e Ucraina, come si evidenzia nel documento presentato ieri al Congresso americano (Leggi Articolo Key4biz).

 

In tema di tutela dei contenuti digitali, nella Relazione si ricorda solo che nel luglio del 2011 l’Autorità ha approvato uno schema di regolamento, oggetto di audizione parlamentare del Presidente dell’Autorità dinanzi alle commissioni VII e VIII del Senato. Uno schema che è rimasto lettera morta.

 

Per quanto riguarda, poi, il settore complessivo dei media (comprensivo sia della pubblicità sia dei ricavi derivanti da offerte a pagamento) s’è registrata, in termini nominali, una sostanziale stabilità (+0,5%), dopo la contrazione registrata nel 2009 (-6%) e la ripresa del 2010 (+5%). Questo dato rappresenta il risultato di due dinamiche opposte: da un lato, i media tradizionali (televisione tradizionale, stampa e radio) hanno registrato un calo, dall’altro si è assistito alla crescita dei nuovi media digitali, in particolare legati al mondo internet 2.0.

 

Proprio internet, ribadisce l’Agcom nella Relazione, appare il mezzo che, negli anni, ha conquistato un peso sempre maggiore sul totale delle risorse, in linea con il processo di progressiva digitalizzazione che ha caratterizzato il nostro Paese nel più recente passato, confermandosi il mezzo al quale sono connesse le maggiori potenzialità.

Anche se, il piccolo schermo si conferma ancora il mezzo di fruizione dei contenuti audiovisivi con la maggiore penetrazione tra le famiglie.

 

Dal punto di vista tecnologico, il miglioramento delle performance delle reti broadband residenziali, unitamente alla diffusione di connected device, ha favorito la progressiva integrazione della televisione tradizionale con internet, dando vita ad un sistema intermedio tra IPTV e Web TV, in cui i servizi di accesso a contenuti sono erogati agli utenti dotati di connessioni a banda larga da service provider che operano spesso indipendentemente dai provider dei servizi a larga banda.

 

Tale sistema, meglio noto come OTT, consente quindi di associare alle trasmissioni televisive tradizionali, legate a un palinsesto predefinito, una vasta gamma di servizi e contenuti provenienti da internet, fruibili anytime e anywhere attraverso lo schermo televisivo grazie a dispositivi web-based.

 

A fine 2011, risultano in crescita le famiglie italiane dotate di connected Tv, così come aumenta l’interesse verso una maggiore personalizzazione e flessibilità del consumo dei servizi audiovisivi che spinge gli attori del mercato a proporre nuove offerte di smart TV e catch-up TV. I broadcaster, in particolare, ambiscono a orientare le proprie offerte verso modelli pay, vincendo la diffidenza dei fornitori di contenuti pregiati a rendere disponibili contenuti ad alto valore su internet. Allo stesso modo, gli operatori multi-play mirano a sfruttare il legame tra broadband e televisione incoraggiando i clienti ad abbonarsi a pacchetti in bundle.

 

Si pone, dunque, l’esigenza per l’Italia di sfruttare le occasioni dettate dal progresso tecnologico ed economico, favorendo lo sviluppo di nuove forme di fruizione di contenuti audiovisivi. Fondamentale anche per allargare la platea degli operatori, la gamma dei servizi, in chiaro e a pagamento, con evidenti ricadute sugli assetti concorrenziali e sul pluralismo dell’informazione.

 

Allo stesso modo, precisa l’Agcom, si afferma la necessità di contrastare gli elementi ostativi a tale processo, fra i quali, prima di tutto, la disponibilità di banda sufficiente per una fruizione dei servizi priva di interruzioni e, inoltre, la necessità di disporre di contenuti appetibili per gli utenti, vincendo le resistenze dei detentori degli stessi alla diffusione sulla rete. Infatti, da questo punto di vista, si segnala il ritardo dell’Italia rispetto ad altri Paesi nello sviluppo di un mercato di contenuti online, che rischia di penalizzare ulteriormente la tuttora limitata crescita delle offerte in rete.

 

Dal punto di vista normativo, la legge di stabilità 2011, ha stabilito che le frequenze nella banda da 790 MHz a 862 MHz (canali 61-69 UHF) sono destinate alla banda larga mobile a partire dal 1° gennaio 2013. Di conseguenza, 9 canali vengono così sottratti al servizio di radiodiffusione televisiva e vanno a costituire il cosiddetto dividendo esterno.

 

Analizzando, infine, il mercato della Tv generalista, l’Autorità indica che anche nel 2011 si conferma il “triopolio” Mediaset/Sky Italia/Rai, che continuano a detenere oltre il 90% delle risorse complessive del settore. In termini assoluti, tuttavia, tutte e tre le emittenti registrano una flessione dei ricavi su base annua, con Mediaset e Rai che guadagnano peso sul totale rispetto a Sky; l’unica azienda a registrare una crescita dei ricavi nel 2011 è TI Media.

 

Mediaset registra nel 2011 una flessione dello 0,9% dei ricavi televisivi (-3,5% dei ricavi pubblicitari, +12,7% da offerte pay), con un’incidenza del 32,2% sul totale. Sky Italia fa segnare una contrazione dell’1,8% dei ricavi (-9% pubblicità, -1% offerte pay), con un’incidenza del 29,9% sul totale. Rai presenta un calo dell’1,3% dei ricavi (+1,4% canone, -5,9% pubblicità), con un’incidenza del 28,5% sul totale.

 

TI Media, grazie alla performance di La7, vede nel 2011 una crescita del 4,1% dei ricavi televisivi, con un’incidenza dell’1,8% sul totale.

 

Tutti gli altri operatori registrano un calo del 3,8% dei ricavi e detengono una fetta della torta dei ricavi pari al 7,6%.

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