La dichiarazione dei redditi al tempo dei Bitcoin come cambia? La domanda, come riporta Repubblica.it, è stata rivolta da un contribuente alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Entrate della Lombardia. La risposta è arrivata oggi: le criptovalute vanno considerate come la valuta estera, per cui i possessori di monete digitali devono inserire le valute all’interno del quadro RW *della propria dichiarazione dei redditi, ma solo se si compie un’attività di trading e l’obbligo scatta quando la giacenza media è superiore ai 51mila euro, inoltre il Fisco ha imposto che il tasso da considerare debba essere quello con l’Euro presente sul sito su cui è avvenuta la transazione di acquisto.
In particolare, l’Entrate ha precisato a quanto ammonta la tassazione dei guadagni provenienti dalla compravendita delle monete virtuali: “la tassazione del capital gain è fissata al 26% se effettuati su wallet che hanno una giacenza media sopra 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi consecutivi”.
Dunque dal documento, con cui la Direzione Regionale della Lombardia ha risposto all’interpello del cittadino, si fissa il principio secondo cui i bitcoin devono essere trattati alla stregua di una valuta estera tradizionale e la plusvalenza dovrà essere dichiarata nel quadro RT del Modello Unico PF (persone fisiche) e tassato con imposta sostitutiva al 26%.
Per essere chiari se un’impresa incassa dei proventi in bitcoin e poi dovesse rivenderli con un guadagno dovrà pagarci le tasse, con la stessa aliquota che si applica ai proventi finanziari. E questa dichiarazione potrà essere fatta solo con la chiusura del bilancio aziendale.
L’altra questione è capire se l’investimento in criptovalute debba considerarsi, scrive ancora Elio Andrea Palmitessa su Repubblica, come attività estera (data la natura virtuale dello strumento), “a quale luogo” debba essere ricondotta l’origine dell’investimento e “come” debba essere qualificato un bitcoin, tenuto conto che precedenti interventi della Banca d’Italia e della Corte di Giustizia Europea avevano ricondotto la valuta virtuale alla stregua di un sistema o mezzo di pagamento.
Nella sua risposta al contribuente l’Agenzia delle Entrate considera l’investimento in bitcoin come una normale attività finanziaria suscettibile di produrre redditi imponibili in Italia e infine precisa, infine, che il possesso di bitcoin non genera alcun obbligo di versamento dell’imposta sul valore dei prodotti finanziari (Ivafe), in quanto il possesso di valuta virtuale non può essere assimilato a depositi e conti correnti di “natura bancaria”.
*Il quadro RW della dichiarazione dei redditi deve essere compilato dai contribuenti fiscalmente residenti in Italia che detengono all’estero investimenti e attività di natura finanziaria a titolo di proprietà o altro diritto reale. L’obbligo è previsto anche per i contribuenti che nel corso del periodo d’imposta hanno totalmente disinvestito.