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Le case discografiche hanno sfidato la crisi economica globale, investendo 4,5 miliardi di dollari all’anno in artisti e nuovo repertorio, questo è il primo importante dato che emerge dal report internazionale “Investing in Music” presentato oggi a Londra da IFPI (International Federation of Music Phonographic Industry).
Le case discografiche restano, quindi, i principali investitori sugli artisti, mantenendo costante il loro impegno finanziario nonostante il forte calo di fatturato globale registrato negli ultimi anni. Le etichette hanno speso nel 2011, 2,7 miliari di dollari, poco meno rispetto all’anno precedente, nonostante una contrazione maggiore, il 16%, dei ricavi a livello globali nell’arco dei 2 anni. I ricavi derivanti dall’investimento in A&R sono saliti di un punto percentuale, dal 15 al 16%, tra il 2008 e il 2011.
Secondo il Report dell’IFPI, le case discografiche, rispetto a molti altri settori, investono una percentuale molto importante dei loro ricavi globali in ricerca e sviluppo. Il confronto mostra come l’investimento del settore musicale sia superiore ad esempio a quello del software e dell’informatica (9,6%), a quello farmaceutico e biotech (15,3%). I confronti si basano sui dati elaborati dalla Commissione europea per il 2011 EU Industrial R&D Investment Scoreboard.
Due nuove indagini, condotte nel Regno Unito e in Germania nel 2012, mostrano che più del 70% degli artisti senza contratto, lo desiderano, proprio perché ritengono importante e strategico il sostegno e la consulenza svolta della casa discografica.
“Investing in Music” è stato presentato oggi da IFPI, la federazione che rappresenta l’industria discografica mondiale, in collaborazione con WIN, la federazione internazionale che rappresenta le etichette discografiche indipendenti. Con dati aggiornati e decine di case history, il nuovo report descrive l’evoluzione del rapporto di collaborazione tra aziende discografiche e artisti nell’era del digitale.
Frances Moore, CEO di IFPI, ha dichiarato: “Investing in Music mette in luce una semplice verità: dietro il mondo fortemente visibile degli artisti, attorno al quale ruotano molte persone, vi è un settore meno visibile di grande diversità, creatività e valore economico. Questo rapporto mostra l’importanza e il ruolo delle etichette discografiche, multinazionali e indipendenti, nello scoprire e valorizzare i talenti artistici in tutto il mondo“.
“Ci sono più di 5 mila contratti firmati dalle major – ha aggiunto Moore – decine di migliaia di altri firmati da etichette indipendenti. Uno su quattro artisti è un nuovo acquisto, questo mette in evidenza il ruolo dei nuovi talenti come la linfa vitale del settore”.
Alison Wenham, Presidente della WIN, ha commentato: “Oggi, il rapporto tra gli artisti e le loro case discografiche, è leggermente cambiato e sta continuando a evolversi. Il modello tradizionale legato agli anticipi al supporto promozionale rimane in atto, soprattutto per le aziende più grandi, ma ora c’è una maggiore attenzione dal punto di vista delle partnership, delle collaborazioni e dei ricavi condivisi”.
Il report mette in evidenza alcune realtà e case history a livello mondiale tra cui vale la pena citare quelli relativi agli artisti Michael Bublé, all’italiano Raphael Gualazzi, David Guetta, Jan Lisiecki e Sexion D’Assaut.
Altri punti salienti del rapporto sono:
• Le etichette discografiche si stanno orientando verso i nuovi canali digitali, attraverso l’utilizzo di campagne promozionali più mirate e adattate ai social network e new media. A tal proposito vale la pena sottolineare come il ritorno sull’investimento da parte di strategie di marketing tradizionale, sia passato da 2,4 miliardi di dollari del 2008 a 1,7 miliardi nel 2011. Il calo è causato anche dall’impatto della pirateria che ha ridotto i ricavi e contratto gli investimenti delle aziende.
• Gli artisti senza contratto discografico lo vorrebbero. The Unsigned Guide ha condotto un’indagine nel Regno Unito dalla quale è emerso che il 71% degli artisti britannici senza un contratto, ne desiderano uno. BVMI in Germania, ha rilevato che l’80% degli artisti senza contratto ne desidera uno. La consulenza in marketing e promozione è il supporto più importante che una casa discografica può offrire verso i propri artisti, seguito dal supporto nei tour e dal pagamento degli anticipi
• I costi che si sostengono per un artista in un mercato importante sono nell’ordine di 1,4 milioni di dollari. I costi sono suddivisi tra anticipi (200 mila dollari), spese di registrazione (200-300 mila dollari), costi di produzione video (50-300 mila dollari), supporto tour (100 mila dollari) marketing e dei costi promozionali (200-500 mila dollari).
Il live non ha sostituito il mercato discografico come fonte di ricavi, mentre le case discografiche investono 2,7 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo, non ci sono prove d’investimenti di tale portata in altri settori dell’entertainment musicale. I primi cinque concerti globali dal vivo del 2011 – U2, Bon Jovi, Take That, Roger Waters e Taylor Swift – hanno tutti i cataloghi e prodotti musicali importanti alle spalle.
• Le partnership e i diritti di sincronizzazioni sono cresciuti molto. Un contratto discografico sblocca una serie di flussi di entrate diverse per gli artisti e le etichette. Questi includono nuove strategie legate a brand-partnership e diritti di sincronizzazione, grazie alla musica trasmessa attraverso TV, film, giochi e spot pubblicitari. I ricavi da sincronizzazioni in particolare sono aumentati a livelli importanti, passando da cifre trascurabili nel 2008 a 342 milioni di dollari a livello globale nel 2011. Il report mostra il caso Ellie Goulding, la cui cover di Your Song è stata utilizzata in una campagna pubblicitaria, e questo ha portato un aumento di fatturato facendo crescere di ulteriori 400 mila le copie dell’album.
Le case discografiche investono in talenti locali affiancandoli al repertorio internazionale. Il repertorio nazionale, infatti, nella top 100 degli album più venduti, ha inciso positivamente in tutti i principali mercati: Stati Uniti d’America (62%), Giappone (77%), Germania (55%), Regno Unito (53%), Francia (54%) Italia (74 %) . Gli esperti del settore ritengono che l’industria musicale debba ampliare la propria base artistica locale per ottenere in futuro maggiori ricavi.
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