Mondo
Privacy sempre più a rischio per i Big Data, l’enorme mole di dati informatici disponibili su internet. E’ quanto messo in luce dagli esperti presenti al DigiWorld Summit di IDATE, che s’è chiuso ieri a Montpellier e ha richiamato 1.400 partecipanti per ascoltare 130 speaker (Leggi Articolo Key4biz).
Un tweet, una foto postata su Facebook, una password digitata su internet, un prodotto consultato su un sito di eCommerce, un articolo letto su un quotidiano online, una geolocalizzazione dal telefonino: ogni giorno noi tutti, spesso a nostra insaputa, lasciamo tracce digitali ricche di centinaia di informazioni su le nostre abitudini e le nostre preferenze.
Ribattezzati come ‘il petrolio del XXI secolo”, i dati informatici – raccolti attraverso i cookies – sono una miniera d’oro per i brand per studiare il comportamento dei consumatori e inviare pubblicità sempre più mirate.
“I Big Data sono un grande business per tutte le industrie – ha commentato Philippe Bournhonesque, Responsabile per la Strategia Software di IBM France – il cui problema principale è la gestione del volume di tutti questi dati: ci chiedono strumenti di analisi e previsioni, poiché il ritorno degli investimenti in questo settore è molto importante”.
Geoffrey Delcroix, Responsabile Innovazione presso il Garante Privacy francese (CNIL – Commission nationale de l’informatique et des libertés), ha commentato che siamo passati da un mondo di file chiusi a una pioggia incessante di dati e non è solo una questione di volume ma anche di tipo di dati.
La materia è altamente complessa e coinvolge le grandi web company. A Google per esempio i Garanti Privacy europei hanno chiesto di modificare con urgenza la nuova policy sulla privacy, adottata lo scorso marzo, che non garantirebbe i dati degli utenti e sarebbe contraria alle disposizioni Ue (Leggi Articolo Key4biz).
Bruxelles ha riformato la Direttiva sulla protezione dei dati personali che risaliva al 1995. Le nuove norme dovrebbero essere approvate entro fine anno e potrebbero obbligare le aziende a ottenere il consenso esplicito dell’utente per l’uso di ogni dato personale.
La Ue non è contraria all’uso dei dati personali, ma è giusto che si faccia nell’ambito di un contesto legale e che il consumatore possa controllare i propri dati e sapere come vengono usati. E’ anche vero che una volta avute queste informazioni, tutti saranno meno disposti a concederne l’uso, basta vedere cosa sta succedendo oltreoceano (Privacy e pubblicità mirate: OTT contro la proposta USA di limitare la tracciabilità dei bambini in rete).