Cina-Usa, collasso accordo Huawei-At&T rischia di innescare una escalation delle tensioni commerciali
11 gen 10:56 – (Agenzia Nova) – Il collasso dell’accordo tra il colosso tecnologico cinese Huawei Technologies Co. E l’operatore statunitense delle telecomunicazioni At&T Inc, comunicato questa settimana, in apertura del Consumer Electronic Show di Las Vegas (Ces), e’ l’ennesimo segnale del riacuirsi delle tensioni tra le due potenze sul piano commerciale, e rischia di innescare una vera e propria escalation delle tensioni bilaterali. A scriverlo e’ il quotidiano di Stato cinese “Global Times”, che ricorda come At&T abbia rinunciato all’intesa dopo l’invio di una lettera da parte di 18 parlamentari statunitensi alla Commissione federale per le comunicazioni Usa; nella missiva, i parlamentari esprimevano preoccupazioni in merito “allo spionaggio cinese in generale, e al ruolo di Huawei nelle pratiche di spionaggio in particolare”. Ad oggi, il 90 per cento degli utenti di telefonia mobile statunitensi acquistano il loro smartphone direttamente dal loro operatore; dal momento che la cinese Huawei non e’ in grado di siglare un accordo con nessuno degli operatori Usa di telefonia mobile, l’unico “canale” per la vendita dei suoi smartphone sono le catene di elettronica. Il mancato accordo tra Huawei e At&T, avverte il “Global Times”, e’ ben piu’ di una questione commerciale: “I legislatori Usa non soltanto hanno impedito a Huawei e ad altre aziende tecnologiche cinesi di entrare nel mercato Usa, ma hanno anche ingigantito alcuni casi commerciali facendone una questione di competizione e sicurezza nazionale, una condotta del tutto fuorviante”. Secondo il quotidiano cinese, “l’opposizione politica” alle aziende tecnologiche cinesi non frenera’ lo sviluppo di queste ultime, ma “intensifichera’ la gia’ feroce competizione bilaterale sul mercato globale”, e potrebbe innescare rappresaglie da parte di Pechino. Huawei, ricorda il “Global Times”, opera in 170 paesi e regioni ed ha accordi di cooperazione con 45 dei 50 maggiori operatori di telefonia mobile mondiali.
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Usa, immigrazione: il presidente Trump attacca la giustizia che ha bloccato il suo ordine sui “Dreamers”
11 gen 10:56 – (Agenzia Nova) – Il presidente Donald Trump ha attaccato oggi le Corti federali circa l’ordine emanato di sospensione temporanea della cancellazione voluta dall’amministrazione Trump del programma (Daca) che protegge dai rimpatri centinaia di migliaia di giovani immigrati irregolari, predisposto dall’ex inquilino della Casa Bianca, Obama. Trump su Twitter ha scritto che l’ordine mostra che il “sistema giudiziario e’ guasto e ingiusto”. Per Trump, i suoi “oppositori” si rivolgono “sempre al nono circuito e vincono quasi sempre, prima che la decisione sia ribaltata da tribunali di grado superiore”. Il capo della Casa Bianca aveva annunciato a settembre 2017 di voler chiudere il programma scatenando una serie di cause legali, l’ultima delle quali ha visto la Corte di San Francisco emanare l’ordine temporaneo di sospensione fino a quando, ha scritto il giudice Alsup, le cause nei confronti della decisione del presidente Trump non siano terminate. Questo implica che il programma Daca e’ ancora attivo per gli iscritti entro la data del 5 settembre 2017, giorno in cui Trump ha stabilito la chiusura del Daca. E’ possibile che la Casa Bianca decida di ricorrere in appello, appello che verrebbe discusso dal nono circuito delle Corti sempre a San Francisco. I democratici si dicono d’accordo con Trump che l’intero pacchetto immigrazione deve essere trattato dal Congresso, tanto piu’ visto che da ieri c’e’ un accordo di massima sulla protezione dei cosiddetti “Dreamers”, i figli di immigrati clandestini arrivati da bambini negli Stati Uniti a rischio rimpatrio.
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Russia-Iran, ministro Esteri russo Lavrov: Mosca difendera’ accordo nucleare iraniano
11 gen 10:56 – (Agenzia Nova) – La Russia continuera’ a sostenere la fattibilita’ del Piano d’azione globale congiunto per il programma nucleare iraniano. Lo ha affermato oggi il ministro degli Esteri, russo Sergej Lavrov, nell’incontro con il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, avvenuto a Mosca. “E’ molto importante scambiare valutazioni su come viene attuato il piano d’azione congiunto sul programma nucleare iraniano”, ha dichiarato il ministro, secondo quanto riferito dall’agenzia “Ria Novosti”. “Prendiamo atto della chiara dichiarazione del direttore generale dell’Aiea (Yukiya Amano) secondo il quale l’Iran adempie pienamente ai propri obblighi”, ha aggiunto il capo della diplomazia russa. Mosca difendera’ il funzionamento dell’accordo ora in atto sul nucleare iraniano. “Difenderemo la fattibilita’ di questo programma, il suo importante contributo al rafforzamento della stabilita’ regionale ed alla soluzione del problema della non proliferazione delle armi di distruzione di massa”, ha sottolineato Lavrov. Il ministro russo ha sottolineato inoltre l’impegno di Mosca nell’organizzare il Congresso del dialogo nazionale siriano a Sochi. “Siamo in una fase molto importante nella preparazione della nostra iniziativa tripartita russo-iraniano-turca per lo svolgimento del il congresso siriano del dialogo nazionale a Sochi”. Secondo il ministro degli Esteri russo, il congresso di Sochi creera’ effettivamente le condizioni per il successo dei colloqui di Ginevra. “Allo stesso tempo, dobbiamo capire che la parte dell’opposizione radicale che pone costantemente condizioni preliminari, compreso il cambio di regime, sara’ sostenuta da coloro che la controllano”, ha sottolineato il ministro russo. La convocazione del Congresso nazionale di dialogo siriano a Sochi, il 29-30 gennaio, e’ stata annunciata nel corso di una riunione dei garanti dell’Armistizio in Siria (Russia, Iran e Turchia) che si e’ tenuta ad Astana a dicembre. Il forum si concentrera’ sull’elaborazione di una nuova costituzione siriana e sulla base dello svolgimento delle elezioni sotto l’egida delle Nazioni Unite.
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La Gran Bretagna respinge la richiesta dell’Ecuador di concedere lo status diplomatico a Julian Assange
11 gen 10:56 – (Agenzia Nova) – Il ministero degli Esteri della Gran Bretagna ieri mercoledi’ 10 gennaio ha confermato di aver respinto la richiesta dell’Ecuador di concedere lo status diplomatico al fondatore di WikiLeaks Julian Assange, da anni rifugiato nell’ambasciata ecuadoregna a Londra per sfuggire alla giustizia: lo rivela il quotidiano inglese “The Times”, riferendo che negli scorsi giorni il governo dell’Ecuador ha riasciato ad Assange dei documenti d’identita’ ecuadoregni, alimentando cosi’ le supposizioni secondo cui il fondatore di WiliLeaks si stia preparando a lasciare l’ambasciata nella capitale britannica ed a trasferirsi nel paese sudamericano. Secondo il “Times”, che cita il quotidiano ecuadoregno “El Universo”, le autorita’ dell’Ecuador hanno consegnato ad Assange un passaporto il 21 dicembre scorso, registrandolo all’anagrafe della provincia di Pichincha dove si trova la capitale Quito. L’altroieri martedi’ 9 gennaio la ministra degli Esteri ecuadoregna, Mari’a Fernanda Espinosa, aveva dichiarato che il suo paese sta cercando di ottenere l’aiuto di un “paese terzo” per risolvere una vicenda che e’ ormai diventata “intenibile”. Una fonte del ministero degli Esteri britannico citata dal “Times” ha ribadito che la posizione della Gran Bretagna e’ chiara: “Julian Assange potra’ lasciare l’ambasciata ecuadoregna solo per affrontare i suoi problemi giudiziari”. La magistratura svedese aveva aperto un’inchiesta su di lui accusandolo di stupro, cosa che Assange ha sempre negato; la Svezia in seguito ha ritirato le accuse, ma nel frattempo la polizia inglese lo ha incriminato per aver infranto i termini della sua presenza nel paese: il fondatore di WikiLeaks teme che, consegnandosi alla giustizia britannica, la Gran Bretagna poi lo estraderebbe negli Stati Uniti dove e’ ricercato per il suo ruolo nella pubblicazione di migliaia di documenti segreti. A complicare ulteriormente la vicenda diplomatico-giudiziaria c’e’ il fatto che al monento non e’ chiaro quale sia l’atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti di Assange dopo l’elezione del presidente Donald Trump: il “Times” ricorda che le accuse contro di lui sono ancora in piedi e che Trump stesso ha detto di “non avere obiezioni” a che sia processato; ma restano dei dubbi, nota il giornale inglese, dato che la pubblicazione dei documenti segreti Usa da parte di WikiLeaks ha contribuito non poco alla campagna elettorale che ha portato Trump alla Casa Bianca danneggiando l’immagine della sua rivale Hillary Clinton.
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Francia, il presidente Macron alla prova sulla nuova legge per l’immigrazione
11 gen 10:56 – (Agenzia Nova) – Il presidente francese Emmanuel Macron si prepara alla prova della nuova legge sull’immigrazione, fortemente criticata dalla sinistra, dalle associazioni e, soprattutto, da una parte del suo partito, la Re’publique en marche. Ne parla la stampa francese, ricordando che il progetto di legge sara’ presentato il 21 febbraio al Consiglio dei ministri. Tra i punti contenuti nel testo, “Le Figaro” ricorda quello sulla riduzione dei tempi di esame dei dossier dei richiedenti asilo per “accogliere piu’ velocemente coloro che ne hanno diritto” ed “espellere piu’ rapidamente” coloro che non possono restare in Francia. Secondo Aurore Berge, portavoce della Re’publique en marche, si tratta di un “test per la maggioranza”. Macron si rechera’ a Calais il 16 gennaio, due giorni prima del summit franco-britannico che avra’ al centro dei colloqui anche questo argomento. “Les Echos” definisce il tema come “eruttivo”, “ultra tecnico” e, soprattutto, “politico”. Ieri sera il premier Edouard Philppe ha ricevuto il ministro dell’Interno, Ge’rard Collomb, insieme ad alcuni parlamentari di En Marche e del partito centrista dell’Udi, quasi tutti membri della Commissione leggi. Il quotidiano economico sottolinea che la prima parte del testo, dedicata alla protezione del diritto d’asilo, ha positivamente sorpreso i deputati, mentre la seconda, sulla detenzione e i tempi di attesa, e’ stata considerata come un “punto duro”.
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Germania, colloqui esplorativi: resta tutto da decidere
11 gen 10:56 – (Agenzia Nova) – Il cristiano democratico Armin Laschet (Cdu), primo ministro del Nord Reno-Vestfalia, e il socialdemocratico Hubertturs Heil (Spd), sembrano non essere d’accordo in merito all’esito dei primi colloqui esplorativi in corso per la formazione di un nuovo governo tedesco di coalizione. Gia’ lunedi’ i gruppi erano giunti alla conclusione che non sara’ possibile raggiungere gli obiettivi climatici per la Germania entro il 2020, ma la parola d’ordine era di non far trapelare nulla ai giornalisti, cosa che invece e’ puntualmente avvenuta. Particolarmente difficile sembra essere la questione dei profughi e in particolare quella dei ricongiungimenti familiari, come sottolineato dal ministro dell’Interno della Bassa Sassonia Boris Pistorius (Spd). Un altro problema e’ la riforma del sistema sanitario. L’Spd chiede l’introduzione dell’assicurazione per i cittadini, che di fatto abolirebbe l’assicurazione sanitaria privata. L’Unione e’ contraria a tale cambiamento di sistema. Altro nodo ancora irrisolto e’ la politica fiscale. Su questo punto, soprattutto la Csu respinge la richiesta dell’Spd per un graduale aumento dell’aliquota massima. Anche con tasse piu’ alte, il costo di tutti i progetti previsti dai programmi dei partiti supera di gran lunga il budget di 45 miliardi di euro, attestandosi a circa 100 miliardi. Il 21 gennaio, una convenzione speciale dell’Spd votera’ sull’apertura di ulteriori negoziati in base a un documento programmatico. Il documento non dovrebbe essere piu’ lungo di quello uscito dai sondaggi “Giamaica” falliti, che contava 60 pagine. I gruppi di lavoro hanno l’obbligo di inviare da una a due pagine al massimo. La domanda su quanti rifugiati sono autorizzati ad arrivare in Germania e come vengono elaborate le loro procedure di asilo e’ una delle questioni piu’ controverse tra i possibili partner della coalizione. L’Spd insiste sul fatto che il diritto di asilo debba rimanere intatto. L’Unione vuole attuare nuove procedure di asilo nei cosiddetti centri decisionali e di rimpatrio. Armin Schuster, esperto di interni della Cdu, chiede che questi centri siano collocati vicini al confine per respingere direttamente i non aventi diritto nei paesi confinanti. Per ora, nulla e’ deciso, ad eccezione forse del tema degli investimenti: Cdu e Spd vogliono investire fino a tre miliardi di euro l’anno nell’espansione della banda larga. Entro il 2025 verra’ estesa a livello nazionale la fibra ottica e la rete mobile 5G. Le frequenze saranno presto messe all’asta. I negoziatori propongono incentivi fiscali per le aziende che investono nella digitalizzazione. Sebbene l’Spd abbia combattuto con forza dopo la campagna elettorale contro l’obiettivo della Nato di aumentare le spese militari dal 2024 al 2 per cento del Pil, cio’ non equivale a un rifiuto totale ad aumentare la spesa per la Difesa. “E’ necessario dotare le Forze armate in modo che possano far fronte ai loro compiti”, ha detto l’esperto di difesa dell’Spd Wolfgang Hellmich al quotidiano “Handelsblatt”. L’obiettivo piu’ realistico sembra essere quello dell’1,5 per cento del Pil entro il 2021. Secondo il commissario socialdemocratico Hans-Peter Bartels, “il budget annuale passerebbe quindi dai 37 miliardi di euro del 2017 a quasi 50 miliardi di euro”. Ma il denaro va utilizzato. Nel 2016 il ministro della Difesa Ursula von der Leyen (Cdu) ha avuto difficolta’ a spendere completamente il suo bilancio nonostante tutte le carenze della delle Forze armate, tanto che e’ avanzato un miliardo.
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Germania, mondo economico mette in guardia da aumenti della tassazione sul reddito
11 gen 10:56 – (Agenzia Nova) – Il possibile aumento dell’aliquota fiscale massima da parte di una nuova grande coalizione preoccupa i rappresentanti delle imprese e dell’economia tedesca. Tale aumento colpirebbe le societa’ di persone, i proprietari individuali e i lavoratori autonomi, ha sottolineato Lars Feld, membro del Consiglio tedesco degli esperti economici per la valutazione dello sviluppo macroeconomico. “Tale aumento danneggerebbe la Germania sul fronte della competitivita’ economica”, ha dichiarato alla “Frankfurter Allgemeine Zeitung”. L’Ifo, l’Istituto per la ricerca economica ha invitato l’Unione e l’Spd ad agire con cautela. “Una maggiore aliquota massima sarebbe un segnale per regolare gli investimenti redditizi non in Germania, ma all’estero e trasferire profitti degli investimenti esistenti, attraverso la tassazione, all’estero”, ha affermato il presidente Clemens Fuest. “La Germania dovrebbe fare ogni sforzo per migliorare la competitivita’ del suo sistema fiscale, piuttosto che peggiorarlo”, ha avvertito. Cdu (cristiano democratici), Csu (cristiano sociali) e Spd (socialdemocratici) stanno prendendo in considerazione l’ipotesi di innalzare la soglia dell’aliquota massima a 60.000 euro. L’Spd chiede pero’ che tale misura sia compensato da un aumento dell’aliquota. Gia’ nel suo programma elettorale l’Spd aveva proposto di aumentare l’aliquota massima al 45 per cento. Inoltre i Socialdemocratici proponevano di imporre un’aliquota marginale del 48 per cento per i redditi oltre 250.000 euro. Il 10 per cento dei contribuenti tedeschi con i redditi piu’ elevati rappresenta gia’ oltre il 55 per cento del gettito dell’imposta sul reddito. Il contributo di questo gruppo aumenterebbe ulteriormente, se la linea dei Socialdemocratici dovesse prevalere nei colloqui esplorativi per la formazione di un nuovo governo di coalizione. Il presidente dell’Associazione delle imprese familiari, Reinhold von Eben-Worle’e, ha cosi’ commentato: “Paesi come la Francia e l’Inghilterra, che sono economicamente piu’ deboli, hanno programmato di ridurre il carico fiscale. Gli Stati Uniti e la Cina, i principali concorrenti per gli investimenti e gli affari, intendono a loro volta abbassare le tasse. Solo l’Spd promuove aumenti del carico fiscale a scapito delle imprese e dei loro dipendenti”.
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Le opportunita’ offerte dal gas nell’Egeo Orientale
11 gen 10:56 – (Agenzia Nova) – Il quotidiano economico britannico “The Financial Times” torna a occuparsi degli enormi giacimenti di gas naturale scoperti sotto i fondali del Mar Egeo orientale, con una lunga analisi in cui evidenzia sia le opportunita’ economiche che il loro sfruttamento offre ai paesi rivieraschi sia il rischio che quelle opportunita’ vadano sprecate a causa dei contrasti geopolitici. Secondo il quotidiano, i paesi nelle cui acque territoriali si trovano i giacimenti (Israele, Egitto, Libano, Turchia, Grecia, Cipro e persino la Striscia di Gaza palestinese) potrebbero ricevere dallo sfruttamento di queste nuove risorse una spinta verso la ricerca di una cooperazione economico-politica; o, al contrario, la competizione tra loro potrebbe acuire le distanze politiche e sfociare in ulteriori scontri. Il punto focale delle questioni strategiche legate ai giacimenti nell’Egeo, sostiene il “Financial Times”, sono i gasdotti che in futuro saranno necessari per convogliare il gas estratto verso i mercati consumatori, soprattutto l’Europa assetata di nuove risorse per sottrarsi alla dipendenza dalle importazioni dalla Russia. Il problema e’ gia’ ben presente alla compagnia petrolifera italiana Eni, che per prima ha iniziato la produzione dall’immenso giacimento di Zohr nelle acque dell’Egitto. La produzione sara’ superiore alle necessita’ energetiche di quel paese e gia’ ora per il governo egiziano si pone la questione di come esportare il surplus produttivo e verso quali paesi. Il problema sara’ ancora piu’ urgente per paesi come il Libano e Cipro, che hanno un limitato mercato interno. Al momento, secondo il “Financial Times”, la soluzione piu’ promettente e’ quella individuata dall’Egitto, che in collaborazione con l’Eni e con la britannica Bp, progetta di liquefare il gas estratto in impianti da costruire sulla terraferma per poi esportarlo attraverso una flotta di navi metanifere. Finora e’ questa la soluzione piu’ pragmatica, afferma il quotidiano della City di Londra; in futuro, suggerisce il “Financial Times”, l’Egitto potrebbe persino diventare un hub verso cui potrebbero convergere gasdotti di ridotta lunghezza provenienti dai giacimenti degli altri paesi rivieraschi dell’Egeo, evitando cosi’ di acuire le tensioni regionali.
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Ue, presidente francese Macron a Roma per il summit Med 7
11 gen 10:56 – (Agenzia Nova) – Il presidente francese Emmanuel Macron si e’ recato a Roma nella serata di ieri per il summit europeo Med7 che riunisce sette paesi del Mediterraneo (Italia, Spagna, Grecia, Portogallo, Malta, Cipro e Francia). “Le Figaro” spiega che questa riunione e’ stata incentrata soprattutto sulla gestione dei flussi migratori e sull’integrazione europea. “Francia e Italia condividono lo stesso approccio” scrive il quotidiano. Attualmente sono in fase di discussione nuove strategie volte “ad alleviare il fardello dei paesi europei di prima accoglienza” come l’Italia, che negli ultimi quattro anni ha visto sbarcare sulle sue coste 460mila migranti. “Le Figaro” ricorda poi che i flussi migratori lo scorso anno son diminuiti soprattutto grazie agli “accordi” stretti tra il ministero dell’Interno italiano e le autorita’ libiche. Maggiori sforzi saranno impiegati nella zona del Sahel per combattere il terrorismo e il traffico di esseri umani. L’Itala partecipera’ attivamene inviando 470 paracadutisti in Niger, con il compito di addestrare le forze locali nel quadro del G5 Sahel, la forza militare congiunta tra cinque paesi dell’Africa occidentale (Mali, Mauritania, Niger, Burkina Faso e Ciad). “Una reale convergenza di vedute” anche sui temi economici che sono stati affrontati nel corso del vertice. Oggi Macron incontrera’ il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, e il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni.
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Vertice Europa meridionale, appello a rafforzare la sicurezza del mediterraneo
11 gen 10:56 – (Agenzia Nova) – Si e’ tenuto ieri a Roma il vertice che riunisce i leader dei paesi dell’Europa Meridionale, volto principalmente a cercare una soluzione comune e un maggior sostegno da parte di tutti i paesi membri dell’Unione europea (Ue) per garantire la sicurezza e il contenimento dei flussi migratori sul Mediterraneo. Lo riferiscono i principali quotidiani spagnoli, che forniscono un resoconto del primo impegno di politica estera del premier Mariano Rajoy per il 2018. “L’Ue dovrebbe aiutare di piu’ nelle attivita’ di controllo dei confini, non e’ piu’ possibile lasciare soli gli Stati nazionali. E’ necessario uno sforzo comune per destinare maggiori risorse alla politica estera. L’obiettivo deve essere quello di combattere la poverta’ nel Continente africano e la lotta contro le mafie”, ha dichiarato Rajoy, che ha anche sottolineato come la gestione dei flussi migratori sia la piu’ grande sfida che l’Ue si trovera’ ad affrontare nel prossimo futuro. Creare progetti di cooperazione nei paesi di origine dei migranti e’ un modello che e’ gia’ stato adottato dalla Spagna fin dal 2006 in paesi come Marocco, Senegal e Mauritania. Il presidente del Consiglio italiano, Paolo Gentiloni, ha ricordato i progressi conseguiti dal suo governo nella gestione dei flussi lo scorso anno, ma ha chiesto a sua volta un maggiore impegno da parte dell’Ue. “Sappiamo che questi risultati devono essere consolidati in modo permanente, anche grazie alle regole interne dell’Ue”, ha detto Gentiloni. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha voluto porre l’accento sulla necessita’ di aumentare il coordinamento, la solidarieta’ e la vigilanza per “proteggere i confini comuni e consentire una migliore gestione e prevenzione dei flussi migratori”. Al termine dell’incontro i leader dei sette paesi mediterranei (Portogallo, Spagna, Francia, Italia, Grecia, Malta e Cipro) hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui chiedono agli altri partner europei di rafforzare il dialogo e la cooperazione in vista della creazione di un sistema europeo comune di asilo “basato su principi di responsabilita’ e solidarieta’”.
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