Uruguay-Cina, Montevideo punta a maggiore intesa con Pechino senza “forzare” il Mercosud
28 nov 11:01 – (Agenzia Nova) – Il governo uruguaiano e’ al lavoro per stringere i rapporti commerciali e strategici con la Cina, uscendo dallo stallo in cui versano le relazioni tra Pechino e il Mercosud. Al momento, scrive il quotidiano “El Observador”, le trattative tra il paese asiatico e il blocco sudamericano – cui fanno parte anche Argentina, Brasile e Paraguay – sono bloccate dalle resistenze di Brasilia. Per non irritare il paese vicino, Montevideo starebbe quindi lavorando su uno strumento meno incisivo del Trattato di libero commercio di cui avevano parlato i presidenti Tabare’ Vazquez e Xi Jinping nel corso di un incontro tenuto nel 2016 a Pechino. Il governo Vazquez avrebbe pensato a una serie di accordi bilaterali in grado di offrire alla Cina una sponda affidabile per le sue mire di espansione commerciale in America Latina. Ma anche per non far perdere all’Uruguay le potenzialita’ di un mercato su cui si affacciano sempre piu’ competitors. Ad oggi, e’ l’analisi del dipartimento affari internazionali dell’Universita’ cattolica, la Cina e’ il principale socio commerciale dell’Uruguay. Tra gennaio e giugno del 2017, il paese latino ha esportato merci per 897 milioni di dollari, escluse le spedizioni dalle zone franche, un 44 per cento in piu’ rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Semi e frutta secca da cui si estraggono oli rappresentano il 30 per cento del totale delle esportazioni, la carne l’11 per cento e il legno il 5 per cento. Tanto il ministro degli Esteri Rodolfo Nin Novoz, cosi’ come quello dell’Agricoltura e pesca Tabare’ Aguirre hanno insistito nella necessita’ che il paese migliori le proprie condizioni di accesso al mercato cinese visto che allevatori e agricoltori di paesi come Australia e Nuova Zelanda piazzano le loro merci senza dazi. Senza contare che dopo 14 anni di assenza, anche i produttori statunitensi di carne vaccina sono tornati all’assalto del mercato asiatico. Il gigante asiatico ha al momento Tlc con Peru’, Cile e Costa Rica ma, ricorda la testata, nell’ultimo Libro bianco sull’America latina ha messo in chiaro l’intenzione di aumentare i legami con la regione. Ed e’ in questo contesto, osserva ancora “El Observador”, che il 30 novembre si apre a Punta del Este il vertice imprenditoriale Cina-America latina e Caraibi. Un appuntamento cruciale, il piu’ importante evento d’affari tra Pechino e la regione, che attende quest’anno circa 700 imprese. “Ti prendono per il lato del commercio”, spiega una fonte diplomatica uruguaiana a “El Observador”, spiegando che la Cina ha in realta’ molti modi di esercitare la sua influenza. non ultimo quello di una diffusione della lingua e della cultura mandarina, con lo sbarco nel paese dell’Istituto Confucio, agenzia dell’Universita’ della Repubblica.
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Usa, sostegno all’economia e difesa dell’indipendenza della Fed
28 nov 11:01 – (Agenzia Nova) – Jerome Powell, in attesa di presentarsi domani al Senato degli Stati Uniti per l’audizione volta alla possibile ratifica della sua nomina a capo della Federal Reserve, Fed (la banca centrale statunitense), ha reso noto su cosa incentrera’ la sua relazione: sostegno all’economia fino alla piena ripresa e difesa dell’indipendenza della Fed. Lo riferisce il quotidiano “Wall Street Journal”. Powell intende continuare ad alzare i tassi di interesse e ridurre gradualmente il bilancio. Cerchera’ anche di raggiungere il doppio obiettivo della piena occupazione e della stabilita’ dei prezzi nel rispetto dell’indipendenza della Fed, un punto vitale per il raggiungimento di queste mete. Sul fronte delle norme, soddisfa in parte le richieste dei senatori repubblicani accennando alla necessita’ di allentare la morsa di alcune regole sugli istituti finanziari, mantenendo pero’ quelle che sono intervenute all’indomani della finanziaria. Quest’ultimo punto e’ una concessione alle richieste dei senatori democratici. Il presidente Donald Trump ha nominato Powell lo scorso 2 novembre. Il successore di Janet Yellen faceva gia’ parte del board dei governatori della banca, nominato nel 2012 e nel 2014 dall’ex presidente Barack Obama. Dagli esiti dell’audizione non ci si attende alcuna obiezione alla ratifica della sua nomina.
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Usa, i senatori repubblicani che potrebbero non votare la riforma fiscale e le loro ragioni
28 nov 11:01 – (Agenzia Nova) – Il varo del provvedimento fiscale al Senato statunitense potrebbe concludersi questa settimana, ma il quotidiano “New York Times” ricorda che il Partito repubblicano (Gop) deve convincere alcuni dei suoi senatori che si mostrano riluttanti su diversi punti. La riforma fiscale voluta dal presidente Donald Trump incrementerebbe il debito nazionale di 1,4 trilioni di dollari in dieci anni. Quattro senatori repubblicani sono contrari: Bob Corker, Jeff Flake, James Lankford, Jerry Moran. La senatrice Susan Collins non apprezza, invece, l’annullamento dell’obbligo di stipulare una polizza sanitaria, che introduce a sproposito le difficolta’ delle politiche sanitarie nel dibattuto sul fisco. Contro le misure che stabiliscono una disparita’ di trattamento tra le piccole e medie imprese e le grandi aziende si sono schierati Ron Johnson e Steve Daines. Il Gop non puo’ permettersi piu’ di due voti contrari tra le sue fila, ammesso che i democratici votino in maniera compatta contro il pacchetto fiscale. Infine, non solo tasse, perche’ la riforma del fisco verra’ accorpata ad un altro provvedimento volto ad aprire alle trivellazioni di petrolio e gas naturale la riserva naturale Arctic National Wildlife Refuge in Alaska. L’accorpamento sarebbe stato studiato per conquistare il voto positivo della senatrice dell’Alaska Lisa Murkowski, sostenitrice delle trivellazioni.
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La Deutsche Bank limita la crescita dell’economia spagnola al 2,5 per cento
28 nov 11:01 – (Agenzia Nova) – La banca tedesca Deutsche Bank si aspetta una crescita dell’economia spagnola vicina al 2,5 per cento per il prossimo anno, leggermente superiore al 2 per cento atteso per l’intera zona euro ma due decimi al di sotto delle aspettative precedenti alla crisi politica in corso con la Catalogna. Lo ha riferito ieri il quotidiano spagnolo “La Vanguardia” che evidenzia come la crescita indicata dall’istituto di credito tedesco sia comunque superiore alla stima di crescita del 2,3 per cento inviata dal governo spagnolo a Bruxelles nei progetti di bilancio. La Deutsche Bank insiste sul fatto che l’attenzione politica europea continua a concentrarsi sulla formazione del governo in Germania, sui negoziati relativi alla Brexit e sulle prossime elezioni in Italia, cosa che minimizzerebbe le tensioni in Spagna e le possibili ricadute sull’economia.
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Gran Bretagna, per i mercati il Partito laburista di Jeremy Corbyn “e’ piu’ pericoloso della Brexit”
28 nov 11:01 – (Agenzia Nova) – La deriva estremistica del Partito laburista sotto la guida di Jeremy Corbyn e’ una minaccia per l’economia della Gran Bretagna peggiore della Brexit: il quotidiano conservatore “The Telegraph” da’ grande spazio a questo allarme lanciato dalla banca Morgan Stanley ai suoi clienti, dedicandogli il titolo di apertura della sua prima pagina. La nota informativa della banca d’affari statunitense sostiene come il Regno Unito si rendera’ presto conto che non riuscira’ ad ottenere dall’Unione Europea lo sperato accordo sul divorzio: questo provochera’ ulteriori divisioni nel Partito conservatore al governo e fara’ aumentare il rischio politico del paese. A quel punto, ci sarebbe il 65 per cento di possibilita’ che la Gran Bretagna nel 2018 debba tornare alle urne: “Potremmo assistere al maggior rovesciamento politico dagli anni ’70”, prevede Graham Secker, il capo analista di Morgan Stanley per i mercati azionari europei. E cio’ perche’ a vincere potrebbe essere il Partito laburista, che ha ormai da tempo abbandonato l’atteggiamento “centrista” favorevole al business di Tony Blair e sotto la guida di Jeremy Corbyn ha intrapreso una pericolosa deriva verso la sinistra piu’ estrema: “Questo spaventa i mercati molto piu’ della Brexit”, afferma Graham Secker. Secondo la nota di Morgan Stanley, per la Gran Bretagna una “Brexit dura” e l’arrivo dei Laburisti al governo sarebbe una “doppia stangata” in grado di metterne in ginocchio l’economia e retrocedere drasticamente il ruolo finanziario mondiale finora ricoperto dalla City di Londra. A soffrirne sarebbero soprattutto le aziende, considerando che il programma economico del Partito laburista prevede la ri-nazionalizzazione di molti servizi pubblici, un drastico incremento delle tasse sui profitti delle imprese ed un sostanziale spostamento della spesa statale, il cui peso verrebbe spostato a favore dei sussidi statali e degli aumenti salariali per i dipendenti pubblici a detrimento dagli investimenti.
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Francia, la riforma del lavoro passa un’ultima volta per l’Assemblea nazionale
28 nov 11:01 – (Agenzia Nova) – La riforma del lavoro approda oggi all’Assemblea Nazionale per “ottenere uno statuto legislativo” prima di tornare al Senato. Ne parla “Libe’ration”, spiegando che il disegno di legge ha sempre l’obiettivo di “rendere ancora piu’ elastico il diritto del lavoro” per “togliere i freni alle assunzioni”. Le misure piu’ importanti non sono state modificate, anche se alcuni punti del testo hanno subito correzioni. Tra i decreti che hanno avuto modifiche c’e’ quello riguardante la limitazione dei licenziamenti economici da parte delle imprese straniere con filiali in Francia. A questo si aggiunge poi l’alleggerimento della procedura di designazione dei delegati sindacali.
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Francia, operazione seduzione di Parigi per il post-Brexit
28 nov 11:01 – (Agenzia Nova) – “La Tribune” parla dell'”operazione seduzione” di Parigi che, dopo la Brexit, cerca di diventare la principale piazza affari europea attraverso il Grand Paris, il progetto volto a trasformare la capitale francese. Il piano, nato sotto il governo di Sarkozy nel 2008, prevede un miglioramento dei trasporti, insieme allo sviluppo dell’agglomerato urbano e dell’hinterland parigino. Dopo aver ottenuto il trasferimento dell’Autorita’ bancaria europea, il quotidiano scrive e’ ancora possibile “vincere la battaglia del dopo Brexit”. Per riuscire in questa sfida, la Francia sta puntando tutto sull’aumento dell’attrattivita’ della capitale per captare il maggior numero possibile di investimenti stranieri.
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Germania, negoziati perl a coalizione di governo: Merkel vuole dialogare “seriamente, con impegno e in modo onesto”
28 nov 11:01 – (Agenzia Nova) – Il cancelliere tedesco, la cristiano-democratica Angela Merkel (Cdu), ha ribadito il suo desiderio di formare un governo stabile dopo il fallimento dei colloqui con i Liberali e i Verdi. “La formazione di un governo stabile e’ un valore in se’ per il paese”, ha dichiarato Merkel lunedi’ a Berlino, dopo le deliberazioni del comitato esecutivo federale del suo partito. L’Unione di centrodestra intende confermarsi una “ancora” di stabilita’ per il paese, e per questa ragione, ha detto Merkel, e’ pronta ad intraprendere negoziati con il Partito socialdemocratico (Spd), che alla fine ha accettato il dialogo. La formazione di un governo, ha sottolineato il cancelliere uscente, non e’ necessario soltanto a far fronte alle esigenze dei cittadini, ma e’ anche atteso dai governi europei, che dalla Germania si aspettano una presa di posizione di fronte alle sfide globali. I colloqui con i Socialdemocratici dovrebbero essere condotti “seriamente, con impegno e in modo onesto”, ha affermato il cancelliere. La base per i negoziati dovrebbe essere il programma elettorale dell’Unione, pur essendo consapevole il presidente della Cdu che la formazione di un governo non sara’ possibile senza compromessi. Merkel, il leader dei cristiano sociali (Csu) Horst Seehofer e il presidente della Spd Martin Schulz si incontreranno giovedi’ sera con il presidente federale Frank-Walter Steinmeier per discutere le possibilita’ di formare un governo. I vertici della Cdu hanno annunciato di non voler mettere sotto pressione i Socialdemocratici, pertanto i colloqui potrebbero iniziare al piu’ presto il prossimo anno.
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Ministro Difesa Pinotti, “Senza l’Italia non esiste una difesa comune”
28 nov 11:01 – (Agenzia Nova) – Il ministro alla Difesa italiano, Roberta Pinotti, in un’intervista al quotidiano tedesco “Handelsblatt” non si e’ detta preoccupata riguardo ai possibili effetti che la complicata transizione politica in Germania potrebbe comportare per il processo di integrazione europea della Difesa. “La decisione sulla Difesa comune deriva dalla necessita’ di consentire ai Paesi della Ue di affrontare meglio le sfide quotidiane della sicurezza. Su questo argomento vedo la Germania molto determinata”, ha spiegato Pinotti in merito alla cooperazione strutturata permanente in materia di Difesa (Pesco). Se questa volonta’ politica verra’ confermata da tutti gli attori europei, ha spiegato il ministro, l’integrazione potra’ compiere passi ulteriori. “E’ un modo di creare una identita’ europea. I cittadini di tutti i paesi hanno un forte bisogno di sicurezza”, ha detto il ministro. La Nato, ha tenuto a ribadire il ministro, non e’ un concorrente ne’ una alternativa, per tre ragioni: la Brexit, l’elezione del presidente Usa Donald Trump, con la sua “America first”, e il terrorismo internazionale che non si combatte difendendo solo i propri confini di Stato. In tale quadro i piani industriali dell’Italia sono 3: la costruzione di un drone europeo, assieme a Germania, Francia e Spagna; la realizzazione di una scuola di volo, e un centro di formazione per alti ufficiali a livello europeo. Compito della politica e’ quello di stanziare i finanziamenti necessari all’integrazione delle forze. Anche l’industria deve fare la sua parte, e Pinotti ha citato in questo senso l’accordo raggiunto per la costruzione di 15 fregate per la Marina canadese da parte dell’italiana Fincantieri e del francese Naval Group. Gli interessi nazionali possono essere mantenuti, mentre cio’ che va superato sono gli egoismi, ha avvertito il ministro, che a proposito dell’asse franco-tedesco ha sottolineato: “Senza l’Italia non ci sara’ Difesa comune in Europa. Siamo una forza trainante e diamo il maggior contributo nelle missioni europee, come in Somalia o nel quadro della missione navale Sophia. In totale l’Italia ha 7 mila militari all’estero”. Pinotti ha sottolineato che il suo paese, nell’ottica della lotta al terrorismo, rappresenta il secondo contingente per grandezza dopo gli Usa in Afghanistan, oltre alla sua presenza in Iraq e Somalia, dove i Carabinieri addestrano la polizia locale. Inoltre 7 mila militari presiedono alla sicurezza di luoghi sensibili e monumenti in tutta Italia. In merito all’aiuto internazionale per la crisi dei rifugiati, ha spiegato il ministro, l’Italia oltre alla comprensione attende i fatti, inclusa la revisione degli accordi di Dublino. In merito all’aumento della spesa militare l’Italia ha iniziato ad aumentare il suo bilancio, attualmente all’1,2 per cento del Pil, e continuera’ a farlo.
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L’Italia va da sola sulla tassazione dei giganti del web
28 nov 11:01 – (Agenzia Nova) – L’Italia prende la guida del resto d’Europa e introduce una tassa sui giganti del web come Amazon, Apple e Google: lo riferisce il quotidiano inglese “The Times” commentando l’emendamento introdotto nella Legge di stabilita’ che questa settimana dovrebbe essere approvata dal Senato di Roma. Quella italiana e’ una iniziativa fiscale unilaterale, scrive sul “Times” il giornalista Philip Willan: e’ la prima a essere adottata nell’Unione Europea per costringere le grandi compagnie internet a versare un’imposta nel paese dove fanno affari. L’acquisto di “prodotti digitali intangibili”, come ad esempio gli annunci pubblicitari raccolti da Google o Facebook, saranno soggetti al pagamento di una tassa del 6 per cento: gli acquirenti italiani di quei prodotti ne detrarranno direttamente l’importo dell’imposta e lo verseranno al Tesoro. La tassa si applica solo alle societa’ estere con una significativa presenza nel settore digitale italiano, che cioe’ registrano piu’ di 1.500 transazioni a semestre ed introiti per almeno 1.5 milioni di euro: secondo il senatore Massimo Mucchetti del Partito democratico di centrosinistra, che ha proposto l’emendamento, la tassa potrebbe arrivare a generare a regime un gettito fino a un miliardo di euro all’anno. Solo il mercato pubblicitario su internet in Italia vale circa 2.5 miliardi annui: la parte del leone la fanno Google, con 1.8 miliardi, e Facebook con 200 milioni; i restanti 500 milioni vengono spartiti tra tutti gli altri media locali. L’Italia e’ uno dei nove paesi europei che hanno premuto perche’ l’Unione Europea adotti un approccio fiscale coordinato nei confronti dei giganti statunitensi del web, che vendono i loro prodotti a livello globale e sfruttano le smagliature del sistema per pagare le tasse in piccoli paesi dove il regime fiscale gli e’ piu’ favorevole, come l’Irlanda, il Lussemburgo o Malta. Della questione discute da tempo l’Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo (Ocde), ma finora inutilmente: se l’Ocde non trovera’ presto una soluzione, ha avvertito la commissaria Ue alla concorrenza Margrethe Vestager, l’Europa procedera’ da sola la prossima primavera. L’Italia pero’ ha deciso di non aspettare, anche perche’ tassare le multinazionali Usa del web e’ molto popolare in Parlamento: “Non pagano tasse, non creano posti di lavoro e portano i soldi all’estero” spiega al “Times” Paolo Cellini, economista dell’Universita’ Luiss di Roma.
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