Nel 2016 nel nostro Paese, Facebook, Amazon, Apple, Airbnb, Tripadvisor e Twitter hanno complessivamente pagato imposte sul reddito della sola Piaggio. Una frase, anche semplice da comunicare mentre si è a tavola, che dovrebbe far indignare gran parte dell’opinione pubblica. E invece per anni in Italia la web tax è stata un tabù. Quando nel 2013 Francesco Boccia (PD) ha proposto di tassare gli Over the Top (OTT), Matteo Renzi, da poco segretario del PD, l’ha bloccata, anche con orgoglio…
Nel frattempo Uk e India si sono mosse e nell’Unione europea solo quest’anno “è cambiato il vento”, ma al momento solo a parole. Ma non si può più perdere tempo, perché come mostra l’infografica realizzata da Key4biz, in collaborazione con Stampaprint, i favori agli OTT e la loro elusione delle tasse sono uno schiaffo ai contribuenti e un importante ammanco sia nelle casse dello Stato italiano sia di quelle dei Paesi membri dell’Unione europea.
Francesco Boccia (PD): subito la web tax
“Varare subito la web tax e occorre muoversi sia con la cooperazione rafforzata” per applicarla almeno in 9 Paesi dell’Ue “sia con il rafforzamento della legislazione italiana esistente”, ha dichiarato ieri Francesco Boccia (PD), presidente della Commissione Bilancio alla Camera dei Deputati e fautore della web tax dal 2013. (leggi la sua intervista a key4biz).
“Sto leggendo in queste settimane molte ipotesi di webtax, tutte rispettabili, in sede di legge di bilancio il confronto tra Governo e Parlamento sarà certamente costruttivo e si muoverà lungo la linea portata a Tallin dal Premier Gentiloni che non ha escluso nulla: dalla cooperazione rafforzata al rafforzamento della legislazione esistente”, queste le parole di Boccia, che poi ha aggiunto: “Ma andrei cauto nel parlare di imposte forfettarie, primo perché il problema di alcune Over the Top è l’elusione totale. Queste aziende non fatturano e una tassa su un fatturato pari a zero fa sempre zero”.
Ecco, allora, la proposta del presidente della Commissione Bilancio alla Camera dei Deputati: “Il nodo, dunque, è sempre lo stesso: superare il loro concetto, per noi oggi inaccettabile, di ‘non stabile organizzazione’ in modo da far pagare alle Ott almeno le imposte indirette nei Paesi in cui fanno business. In secondo luogo, dobbiamo capire che siamo dentro una rivoluzione radicale del sistema economico che tocca anche l’intelaiatura fiscale e non possiamo costruire imposte differenziate tra chi opera online e chi fa business offline, soprattutto se il business è lo stesso”.
Francesco Boccia ha poi concluso: “Riflettiamoci, confrontiamoci e sono sicuro che governo e Parlamento troveranno una soluzione nell’interesse degli italiani e che, così come è avvenuto in questi anni dal 2013 in poi, trascinerà anche gli altri Paesi europei su decisioni condivise”.
Web tax, il procuratore Francesco Greco ‘Applicarla subito, è a rischio anche il welfare’
Francesco Greco è il procuratore che ha inchiodato più di tutti gli Over the Top (OTT) che in Italia evadono e/o eludono il Fisco. In virtù della sua battaglia è un fautore della web tax. “Per realizzare i loro utili nel nostro Paese”, ha dichiarato nel corso del convegno ‘Il racconto della giustizia che cambia’ organizzato dal Sole 24 Ore a Milano, “questi gruppi, che amano definirsi come il nuovo mondo, utilizzano il sistema infrastrutturale costruito con le tasse degli italiani, ma non lasciano un centesimo al nostro Stato”. Il procuratore capo della Repubblica di Milano ha quindi ribadito la necessità della web tax per i giganti del web, perché “non è una questione di etica, ma di sopravvivenza”. Francesco Greco è giunto a questa conclusione partendo da questo ragionamento: “Dato che il terziario avanzato soffrirà sempre di più e cresce il rischio di una disoccupazione strutturale lo Stato dovrà contrastarla con un aumento della spesa per il welfare”. Per cui le casse statali hanno urgente bisogno di liquidità.
Chi è Francesco Greco, il procuratore pro Web tax
Da quando nel 2016 Francesco Greco è diventato il procuratore della Repubblica di Milano ha dichiarato guerra ai giganti del web che evadono e/o eludono il fisco. Così nel suo mirino sono finiti tutti i big, i cosiddetti GAFA (Google, Apple, Facebook e Amazon). Il 5 aprile scorso, in audizione in Senato ha dichiarato: “Abbiamo concluso un procedimento nei confronti di Apple e l’azienda Usa ha pagato 310 milioni di euro e al momento ci sono procedimenti aperti nei confronti di Google, Facebook e Amazon”. E 23 giorni dopo la Guardia di Finanza ha accertato una presunta evasione fiscale per circa 130 milioni di euro da parte del colosso dell’eCommerce su un giro di affari di 2,5 miliardi di euro dal 2009 al 2014. L’accertamento e la relativa accusa rientrano in un’indagine in corso da più di un anno, coordinata dal pm Adriano Scudieri e dal procuratore capo Francesco Greco.