Lo spettro della privatizzazione totale di Orange agita i sindacati francesi, che hanno scritto una lettera al primo ministro Edouard Philippe per chiedere chiarimenti sulle voci di un possibile disimpegno dello Stato, che detiene una quota del 23% nell’ex incumbent transalpino. Lo scrive oggi Le Monde, precisando che la missiva è stata inviata il 7 settembre dall’unione sindacale CFE-CGC e da Adeas, un’associazione che rappresenta i dipendenti azionisti di Orange.
La lettera-appello sottolinea il ruolo strategico di Orange per l’economia e lo stato francese, con riferimenti diretti agli investimenti nelle nuove reti Tlc, senza dimenticare l’importanza dei cavi sottomarini in capo all’azienda, il tema della cybersecurity e dei rapporti con l’Africa.
Se lo Stato decidesse di uscire da Orange, l’operatore sarebbe certamente indebolito agli occhi del mercato e il timore più grave dei sindacati è il rischio che finisca preda di mani straniere, mettendo a rischio il ruolo di campione nazionale dell’operatore nazionale.
Le due organizzazioni di fatto vogliono ricordare al ministro dell’Economia Bruno Le Maire, per il tramite del premier Philippe, che “Orange è un attore chiave della sovranità digitale della Francia, di conseguenza si tratta di un’azienda totalmente strategica per gli interessi francesi”, si legge nella missiva.
Orange è il primo investitore nelle reti di telecomunicazioni transalpini ed è presente nel campo della cybersecurity con Orange Cyberdéfense, si occupa di cavi sottomarini con Orange Marine, senza dimenticare i massicci investimenti in Africa (Costa d’Avorio, Mali, Senegal fra gli altri).
Il sindacato chiede lumi sul futuro dell’ex incumbent nel caso di un’Opa da parte di un’azienda straniera. “Il potere pubblico sarà in grado di garantire che i beni strategici dell’operatore nelle reti di telecomunicazioni francesi resteranno al servizio della nostra sovranità digitale”.
Un altro tasto dolente riguarda l’occupazione. Che ne sarà dei 40mila dipendenti e funzionari si domandano i sindacati, che chiedono un messaggio forte da parte dell’Eliseo, una conferma del ruolo strategico del pubblico nel capitale di Orange. I tre membri espressione del pubblico in Cda sono garantiti soltanto se lo Stato continuerà a detenere una quota minima del 20%.
Ironia della sorte, la preoccupazione dei sindacati francesi sulle sorti di Orange rispecchia quella del Governo italiano su quelle di Tim e in particolare degli asset strategici che controlla, in particolare Sparkle, che al momento sono sotto l’influenza della francese Vivendi.