Asia Orientale, l’Indonesia reagisce alle rivendicazioni territoriali cinesi
11 set 11:04 – (Agenzia Nova) – L’Indonesia, scrive il “New York Times”, sta adottando una condotta sempre piu’ aggressiva in risposta alle rivendicazioni cinesi su una vasta porzione del Mar cinese meridionale, unilateralmente incluse da Pechino nella cosiddetta “linea a nove tratti”. Jakarta, che per anni ha assistito passivamente all’espansionismo territoriale di Pechino nell’area, lo scorso luglio ha deciso di rinominare parte della zona economica esclusiva settentrionale, battezzandola “Mar Natuna settentrionale”, dal nome del vicino arcipelago omonimo dove l’Indonesia sta progressivamente espandendo la propria presenza militare. Lo scorso anno le forze navali di Pechino e Jakarta sono rimaste coinvolte in quel tratto di mare in tre schermaglie con l’esplosione di colpi di avvertimento; in una occasione, una unita’ militare indonesiana ha sequestrato un peschereccio cinese e arrestato il suo equipaggio, ed ora Jakarta pianifica lo schieramento permanente di unita’ navali da combattimento nelle Isole Natuna. Per decenni, l’Indonesia si e’ attenuta ad una politica che rifiutava di prendere formalmente atto di una disputa territoriale con la Cina, contrariamente a quanto avveniva invece per Brunei, Malesia, Filippine e Vietnam. Gli “incidenti” dello scorso anno hanno spinto Jakarta a rivedere la propria posizione ed avviare una militarizzazione dei suoi confini marittimi settentrionali, specie dopo la rivendicazione ufficiale, da parte del ministero degli Esteri di Pechino, di “riserve di pesca tradizionali” all’interno della zona economica esclusiva indonesiana. L’Indonesia si e’ risolta cosi’ a consolidare la propria presenza su un’area marittima ricca di risorse petrolifere e di riserve ittiche; l’amministrazione del presidente indonesiano, Joko Widodo, che ha assunto l’incarico nell’ottobre 2014, ha eletto sin da subito a priorita’ la trasformazione del paese in una potenza navale regionale, ed ha ordinato alle autorita’ competenti la distruzione di centinaia di pescherecci sequestrati all’interno delle acque territoriali. Nel 2015, durante una visita ufficiale in Giappone, Widodo ha affermato che la “linea a nove tratti” su cui Pechino basa le proprie rivendicazioni “non ha alcun fondamento nel diritto internazionale”. Questa politica muscolare, pero’, presenta una posta in gioco elevata: la Cina rappresenta infatti uno dei suoi principali investitori e partner commerciali. La decisa reazione dell’Indonesia, in contrasto con il cauto approccio di altri paesi limitrofi alle rivendicazioni cinesi, aggiunge un altro attore di primo piano alla complessa scacchiera regionale, resa volatile dalle recenti manovre navali statunitensi in risposta alle mosse unilaterali di Pechino.
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Usa, Stephen Bannon dichiara guerra alla leadership repubblicana al Congresso
11 set 11:04 – (Agenzia Nova) – Stephen K. Bannon, l’ex consigliere strategico del presidente Usa Donald Trump e figura di riferimento della “destra alternativa” statunitense, ritenuto l’ispiratore della campagna elettorale del presidente e una sorta di “eminenza grigia” alla Casa Bianca nei mesi immediatamente successivi al voto dello scorso novembre, domenica scorsa ha dichiarato guerra aperta alla leadership del Partito repubblicano al Congresso. Intervistato durante il programma di approfondimento “60 Minutes” della Cbs, Bannon ha accusato i presidenti repubblicani di Senato e Camera – Mitch McConnel e PaulRyan – di puntare a “annullare l’esito delle elezioni del 2016”, contrastando in tutti i modi possibili la concretizzazione dell’agenda con cui Trump ha ottenuto la fiducia degli elettori statunitensi. Bannon, che da quando aveva lasciato la Casa bianca per tornare a dirigere Breitbart News non aveva ancora concesso interviste televisive, ha apertamente accusato il Partito repubblicano e la sua leadership per la promessa mancata della Casa Bianca di revocare e sostituire la riforma della sanita’ Affordable Care Act voluta dall’ex presidente Barack Obama. Bannon ha avvertito che si avvarra’ di Breitbart, piattaforma d’informazione di riferimento dei nuovi movimenti conservatori statunitensi, per porre i Repubblicani di fronte alle loro responsabilita’ e il loro boicottaggio della presidenza in carica. Ribadendo al propria lealta’ al presidente, l’ex consigliere ha criticato anche diversi membri dell’amministrazione presidenziale di cui ha fatto parte sino a poche settimane fa, accusandoli di essere corresponsabili delle incessanti fughe di informazioni anonime alla stampa e della discutibile risposta della Casa bianca alle violenze di Charlottesville, che ha esposto il fianco del presidente alle accuse dei media di blandire il suprematismo bianco. Bannon ha citato in particolare il consigliere economico di Trump e direttore del Consiglio economico nazionale, Gary Cohn, che a suo dire dovrebbe dimettersi per aver criticato apertamente Trump nel corso di una intervista al “Financial Times”. Sul fronte della politica estera, Bannon e’ tornato a spronare una risposta piu’ dura alle pratiche commerciali e all’appropriazione tecnologica della Cina. L’esponente della destra alternativa ha messo in guardia infine i Repubblicani e il presidente dall’idea di legalizzare il Deferred Action for Childhood Arrivals (Daca), il provvedimento incostituzionalmente varato da Obama nel 2012 per consentire la permanenza nel paese di circa 700 mila immigrati irregolari giunti negli Usa quando ancora erano minorenni: “Se proseguiranno su questa linea – ha avvertito Bannon in riferimento ai Repubblicani – si giungera’ alle logiche conclusioni, e tra febbraio e marzo si scatenera’ una guerra civile nel Partito repubblicano che non sara’ meno aspra di quella del 2013”.
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Netanyahu atteso a Buenos Aires, esordio di un primo ministro israeliano in America Latina
11 set 11:04 – (Agenzia Nova) – Benyamin Netanyahu atterra oggi a Buenos Aires, capitale dell’Argentina, esordio di un primo ministro israeliano in America Latina, come scrive il quotidiano spagnolo “El Pais” dedicando un approfondimento alla missione. Il giro, che comprende anche tappe in Colombia e Messico, durera’ l’intera settimana e impegnera’ una delegazione con al seguito una trentina di imprenditori. A segnare la visita, analizza la testata appoggiandosi anche alle recenti dichiarazioni del primo ministro, le relazioni economiche bilaterali e i contatti con le comunita’ ebraiche. Netanyahu “cerca di migliorare l’immagine esterna di Israele, appannata dall’occupazione, l’ampliamento delle colonie e la sospensione del dialogo con i palestinesi”. Si tratta inoltre di un viaggio pensato per “riequilibrare il fianco latinoamericano della politica estera israeliana”, dopo le recenti “incursioni diplomatiche negli Stati africani e asiatici”, e per rimediare a una dimenticanza “storica verso i paesi del subcontinente che con il loro voto alle nazioni Unite permisero la nascita dello Stato ebraico”. Ognuna delle tre tappe, scrive ancora “El Pais”, ha poi un suo specifico significato. In Argentina vive la maggior comunita’ ebraica dell’America latina, 181mila persone, e la settima a livello mondiale. Dopo i governi Kirchner “considerati ostili”, le buone relazioni con il presidente Mauricio Macri mettono in discesa una visita che avra’ come momento piu’ emotivo l’omaggio alle vittime dell’Amia (Associazione mutua israelita argentina): l’attentato del 1994 costo’ la vita a 85 persone ma le indagini sul coinvolgimento dell’Iran e i sospetti sulla gestione del caso da parte del governo di Cristina Kirchner sono ancora alte nell’agenda politica argentina. Se a Buenos Aires Netanyahu cerchera’ di rafforzare i legami con la comunita’ ebraica, in Messico il primo ministro misurera’ soprattutto il “dinamismo” delle 150 imprese israeliane nel paese. Ci sara’ anche l’incontro con il presidente Enrique Pena Nieto le cui relazioni si sono incrinate a gennaio, dopo un tweet con cui l’israeliano si mostrava d’accordo con l’idea di una costruzione del muro alla frontiera Messico-Usa. In Colombia il premier ritrova Juan Manuel Santos, oggi presidente e ieri ministro della Difesa. L’amicizia tra i due “viene da lontano” ed e’ maturata all’ombra della lotta anti terrorista.
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Il Brexit, la Catalogna e l’odio di Madrid
11 set 11:04 – (Agenzia Nova) – Nel giorno della “Diada”, la tradizionale festa della Catalogna, e in cui i media spagnoli rilanciano sondaggi che decreterebbero il fallimento delle aspirazioni separatiste di Barcellona, sul quotidiano “El Pais” torna l’appuntamento con il giornalista britannico John Carlin. Muovendo da un parallelo tra il governatore catalano Carles Puigdemont e il ministro degli Esteri del Regno Unito Boris Johnson – se non altro uniti “da un bizzarro tagli di capelli” -, il giornalista parla delle ambizioni nazionalistiche che hanno portato Londra fuori dall’Ue (“dove fa sempre piu’ freddo”) e che potrebbero portare Barcellona fuori dalla Spagna. Il punto di vista di Carlin e’ eccentrico: “L’idea dell’indipendenza catalana, come quella dell’indipendenza inglese, mi sembra primitiva, capricciosa, di fondo meschina e, sospetto, economicamente catastrofica”. Ma nonostante questo, questo referendum che giustizia e governo di Madrid ostacolano con tutti i mezzi, occorre trovare il modo farlo celebrare. Abituale frequentatore di Barcellona e dintorni, l’inglese descrive la “spettacolare” ascesa del sentimento catalano negli ultimi quindici anni. Tutto merito dei “Puigdemont?” Non ha tanto potere e i catalani non si manipolano cosi’ facilmente, osserva. Il punto e’ che i separatisti “non avrebbero ottenuto la meta’ dei loro obiettivi senza l’aiuto del governo spagnolo e dei suoi correligionari nei media. Accusano gli indipendentisti di essere bambini irresponsabili senza accorgersi che loro, credendosi degli adulti, si comportano alla stessa maniera”. Piu’ che i dati concreti, quello che fa montare il sentimento separatista e’ per Carlin la sempre piu’ diffusa convinzione di essere maltrattati. L’elemento determinante, scrive il giornalista citando un cattedratico spagnolo, “e’ emotivo: l’idea che la Spagna ci odia”. Cosi’ i moderati diventano estremisti e opporre a una richiesta di referendum la mancanza di un suo riconoscimento costituzionale, e’ vana: la Carta e’ uno strumento al servizio del popolo e non e’ immutabile. “Ci sono poche cose piu’ tribali del sentimento indipendentista, ma per quanto non ci piaccia, c’e’. Come l’inverno. Non ha senso dire che non dovrebbe esistere”.
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Regno Unito, a rischio un secolo di progressi sulle aspettative di vita
11 set 11:04 – (Agenzia Nova) – Il Regno Unito sta diventando “il malato d’Europa”, a quanto emerge da una relazione commissionata dal governo a Michael Marmot, direttore dell’Institute of Health Equity at University College London. L’esperto, in un articolo pubblicato sul quotidiano britannico “The Times”, avverte che la Gran Bretagna ha gravi problemi di salute: dal 2011 al 2015 l’aspettativa di vita delle donne e’ aumentata meno di qualsiasi altro paese in Europa mentre l’aumento di quella degli uomini e’ stato solo il penultimo. La tendenza e’ “preoccupante”, osserva Marmot, ricordando che nel 2006-2010 il Regno Unito si trovava nella media europea e sottolineando che il rallentamento dei progressi e’ stato piu’ marcato che in altri paesi. I motivi di allarme, prosegue, sono tre: accanto al lento miglioramento dell’aspettativa di vita, si registra una crescita delle “disuguaglianze sanitarie”, che si erano ridotte nel primo decennio Duemila, a partire dal 2012; inoltre, persiste il divario tra nord e sud del paese, in particolare tra i piu’ giovani. Tra il 1920 e il 2010 l’aspettativa di vita dei britannici e’ passata da 55 a 78 anni per gli uomini e da 59 a 82 per le donne: un incremento di un anno ogni quattro. Dal 2001 si e’ aggiunto un anno ogni sei e mezzo per la popolazione femminile e uno ogni dieci per quella maschile. Perche’? L’argomentazione per la quale ci si sta avvicinando al picco non tiene dal momento che le speranze di vita britanniche migliorano meno di quelle di altri paesi. Per il direttore dell’Institute of Health Equity bisogna chiedersi che cosa sia successo dal 2010 ed e’ ovvio chiamare in causa le politiche di austerita’: dal 2009/10 la spesa per l’assistenza sociale degli adulti e’ stata ridotta del sei per cento, proprio mentre gli ultrasessantacinquenni crescevano di un sesto; la spesa del servizio sanitario nazionale e’ aumentata al tasso del 3,8 per cento dal 1978/79, per scendere all’1,1 dopo il 2010. Certamente questi tagli incidono sulla qualita’ della vita; se incidano anche sulla durata, ammette Marmot, deve essere ancora dimostrato; tuttavia, conclude, e’ opportuno che il ministero della Sanita’ affronti con urgenza la questione.
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Regno Unito, i deputati si preparano a votare sul “Repeal Bill” con la preoccupazione per i “poteri di Enrico VIII”
11 set 11:04 – (Agenzia Nova) – La Camera dei Comuni del Regno Unito, riferisce il “Financial Times”, votera’ in tarda serata sui poteri legislativi del governo in materia di Brexit, cuore del cosiddetto “Repeal Bill”, il disegno di legge volto ad abrogare la norma che ha introdotto il diritto comunitario nell’ordinamento nazionale, l’European Communities Act del 1972. La premier, Theresa May, e’ ottimista nonostante le perplessita’ espresse all’interno del suo Partito conservatore sui cosiddetti “poteri di Enrico VIII”, che consentono all’esecutivo di riscrivere alcune leggi senza consultare il parlamento. Jeremy Corbyn, leader del Labour, principale forza di opposizione, ha annunciato il voto contrario, per l’eccesso di potere governativo previsto dal testo. Il sottosegretario alla Giustizia, Dominc Raab, l’ha accusato di ricorrere a un “trucco” per ostacolare la legislazione sulla Brexit pur dichiarando di rispettare il risultato del referendum dell’anno scorso. Il segretario per l’Uscita dall’Unione Europea, David Davis, ha aggiunto che ogni tentativo di bloccare la legge e’ “un ostacolo al processo democratico”. Alcuni laboristi euroscettici sfideranno la disciplina di partito per votare con i Tory. E’ probabile, quindi, l’approvazione, benche’ la maggioranza parlamentare sia di soli tredici seggi inclusi quelli del Partito unionista democratico (Dup) dell’Irlanda del Nord, che appoggia l’esecutivo dall’esterno. I “poteri di Enrico VIII” sono oggetto di discussione da tempo; la commissione Affari costituzionali della Camera dei Lord ha piu’ volte rilevato che il ricorso a tali poteri rappresenta “una deroga al principio costituzionale”. Per ironia della sorte, questa facolta’ e’ stata utilizzata largamente per recepire le direttive europee, accettata dagli europeisti e criticata dagli antieuropeisti, che ora vogliono utilizzarla per il processo inverso, come una lesione alla sovranita’ nazionale. Prosegue, intanto, il dibattito sul negoziato con l’Ue, che ha al centro i temi dell’economia e dell’immigrazione. Frances O’Grady segretaria generale del Trades Union Congress (Tuc), la confederazione sindacale, terra’ oggi un discorso al congresso annuale, a Brighton, in cui mettera’ in guardia da una “Brexit kamikaze” ed esortera’ tutti i partiti politici a non escludere alcuna opzione e a mettere l’occupazione, i diritti e la vita delle persone al primo posto. A suo parere la Gran Bretagna dovrebbe restare nel mercato unico europeo a lungo termine in assenza di alternative migliori.
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Francia, potranno essere licenziati i dipendenti statali filo-jihad
11 set 11:04 – (Agenzia Nova) – I ministro dell’Interno francese, Ge’rard Collombe, intende indurire la nuova legge anti-terrorismo che approdera’ la prossima settimana all’Assemblea Nazionale, dopo che il Senato l’aveva parzialmente annacquata: lo ha anticipato lo stesso ministro in un’intervista al quotidiano “Le Parisien”. Pur ammettendo che le modifiche apportate dal Senato al testo della legge non ne hanno intaccato lo spirito complessivo, nell’intervista Collombe ribadisce la sua intenzione di ripristinare alcune disposizioni. In particolare il ministro vorrebbe reintrodurre controlli quotidiani da parte delle forze di sicurezza nei confronti di persone sottoposte a misure di sorveglianza: “Non possiamo perdere di vista individui pericolosi”, ha spiegato; queste persone inoltre dovrebbero essere obbligate a fornire alle forze dell’ordine tutti i numeri di telefono di cui dispongono e gli indirizzi internet di cui usufruiscono. Ma soprattutto nell’intervista al “Parisien” il ministro Collombe ha affrontato lo spinoso problema dei dipendenti statali che nutrono simpatie per i movimenti islamici di matrice jihadista: “Oggi come oggi possiamo impedire l’accesso ad una centrale nucleare ad un dipendente privato sospettato di essersi radicalizzato”, ha spiegato il ministro, “ma possiamo fare ben poco quando il sospetto e’ un dipendente statale, persino quando si tratti di un agente di polizia”. Per questo motivo Collombe vorrebbe introdurre nella legge anti-terrorismo non soltanto criteri piu’ rigidi per il reclutamento di poliziotti, gendarmi, militari, guardie carcerarie e guardie di frontiera, ma anche la possibilita’ di licenziarli se dovesse rivelarsi fondato il sospetto che questi funzionari statali nutrano simpatie per l’ideologia jihadista”: secondo il ministro, le autorita’ francesi sono a conoscenza di alcune decine di agenti delle forze dell’ordine che hanno maturato posizioni radicali. Collombe infine ha anticipato che le forze di sicurezza potranno accedere senza previa autorizzazione della magistratura alle telecamere di sorveglianza poste su strade ed autostrade per la lettura delle targhe ed ai relativi data-base in possesso dei Comuni e delle autorita’ portuali ed aeroportuali.
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Cantieri Stx, Francia e Italia alla ricerca di un compromesso
11 set 11:04 – (Agenzia Nova) – Il ministro francese dell’Economia, Bruno Le Maire, oggi lunedi’ 11 settembre incontrera’ a Roma il suo omologo italiano Pier Carlo Padoan per tentare di trovare un compromesso sui cantieri navali Stx France di Saint Nazaire centrato principalmente su una proposta di alleanza nell’industria navale militare: lo scrive il quotidiano “Le Figaro” ricordando come il dossier abbia provocato vive tensioni tra le due capitali. I toni adesso sembrano essere calati, afferma il “Figaro”, anche se Padoan recentemente ha sottolineato che l’Italia reclama sempre il 51 per cento del capitale di Stx France per il gruppo Fincantieri; il giornale francese pero’ punta molto sull’ottimismo mostrato da Le Maire nel corso del suo ultimo viaggio in Italia, il 2 settembre scorso, per partecipare al Forum Ambrosetti. Un ottimismo basato sulla proposta di costituire una sorta di “Airbus dei mari”, cioe’ un polo europeo a trazione italo-francese nel settore dell’industria navale sia civile che militare: in un lungo articolo pubblicato sabato scorso, il quotidiano “Le Monde” ha registrato su questa proposta un certo entusiasmo negli ambienti industriali italiani; anche se, ammette il corrispondente da Roma Je’rome Gautheret, l’offerta francese ha bisogno di essere meglio precisata; e, date le sue considerevoli ricadute politiche, non potra’ certo essere messa a punto in poche settimane. Forse pero’, scommette il “Monde”, per ora potrebbe essere sufficiente una semplice dichiarazione d’intenti al prossimo vertice Francia-Italia che si terra’ a Lione il 27 settembre prossimo: i due paesi infatti hanno gia’ troppi spinosi dossier aperti (ci sono anche le divergenti politiche sulla Libia e lo stop imposto dal governo di Parigi alla Tav Torino-Lione) per continuare a scontrarsi in un momento in cui sono chiamati a partecipare da protagonisti al rilancio dell’Unione Europea; e del resto, fa notare Gautheret, la nazionalizzazione dei cantieri di Saint Nazaire da parte del governo francese e’ necessariamente temporanea e l’unica alleanza possibile per Stx e’ quella con gli italiani di Fincantieri. Una constatazione, questa, che rende invece pessimista sull’esito del braccio di ferro il quotidiano “Libe’ration”: essendo in posizione di forza, scrive il corrispondente da Roma Eric Jozsef, il governo italiano non ha alcuna intenzione di cedere ed attende “a pie’ fermo” l’arrivo del ministro francese Le Maire; “vogliamo credere che non arrivi a mani vuote”, si limitano laconicamente a dire nel governo diretto da Paolo Gentiloni.
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Germania, controversia sui benefit ai richiedenti asilo
11 set 11:04 – (Agenzia Nova) – Il ministro dell’Interno tedesco, il cristiano democratico (Cdu) Thomas de Maizi’ere, vuole omogeneizzare i contributi economici e sociali di cui godono i richiedenti asilo in Europa. In Germania i vantaggi per i rifugiati sono “piuttosto alti” per gli standard europei, ha dichiarato alla “Rheinische Post”, sottolineando che cio’ contribuire in maniera determinante ad attrarre flussi migratori verso il paese. Pur riconoscendo i differenti costi della vita tra la Germania e paesi come la Romania, il ministro ha sollecitato una armonizzazione dei costi, “concordando appropriati supplementi di potere d’acquisto per i singoli paesi”. De Maizi’ere chiede anche parita’ di tutele giuridiche: “Abbiamo respinto i richiedenti asilo che ritardano il loro rimpatrio attraverso procedimenti legali molto piu’ che altrove”, ha detto il ministro, sottolineando che le stesse norme potrebbero essere applicate anche altrove. Le parole del ministro hanno suscitato critiche da parte dell’esponente dei Verdi Katrin Goering-Eckardt: “I servizi forniti ai rifugiati devono corrispondere al diverso costo della vita in Europa, secondo quanto stabilito dalla Corte costituzionale e non possono essere spinti al di sotto della soglia di poverta’”. Critiche anche dal candidato leader del partito dei Verdi Cem Oezdemir, che ha affermato: “Un ministro degli Interni deve rispettare la Legge fondamentale”. Jan Korte, della Linke, ha dichiarato alla “Deutsche Presse-Agentur”: “Ironia della sorte, il ministro stabilisce tagli con la scure alla Legge fondamentale e ne vuole fare un guazzabuglio irriconoscibile con il pretesto di una presunta armonizzazione europea”. Anche il candidato socialdemocratico alla Cancelleria, Martin Schulz, durante un evento a Wiesbaden, ha fatto riferimento alle parole del ministro: “Sono sempre stato a favore di questa idea. Se il signor de Maizie’re ora si e’ svegliato dopo quattro anni, e’ meglio che continuare come prima”.
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Germania, il cancelliere Merkel concede un’intervista
11 set 11:04 – (Agenzia Nova) – Il cancelliere cristiano democratico tedesco Angela Merkel (Cdu) in un’intervista alla “Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung” (Fas) ha esortato i cittadini a predisporsi a decisioni difficili sul piano internazionale. Merkel ha fatto riferimento ad esempio alle decisioni da adottare in risposta all’annessione russa della Crimea. Il cancelliere ha anche affrontato il tema dell’afflusso di migranti e rifugiati nel paese e delle sfide che tale fenomeno a posto ha livello politico, economico e sociale; il cancelliere ha esortato a non generalizzare nei giudizi: “Ho sempre cercato di far si’ che non si parli genericamente di greci, italiani o francesi, ma sempre di individui. Cosi’ come anche tra i tedeschi ci sono persone laboriose e pigre, avare e generose”. “Dobbiamo guardarci dagli stereotipi contro gli altri Paesi”, ha detto Merkel, che ha espresso il timore di una diffusione di sentimenti di violenza o risentimento. La Merkel ha inoltre detto che l’Europa ha bisogno di perseguire una politica estera coerente, visto che le posizioni in merito alla Cina e alla Russia sono molto differenti fra di loro. Ha inoltre respinto le accuse di voler dominare con le sue politiche l’Unione europea. Il cancelliere ha poi auspicato una soluzione ad una politica comune sulla distribuzione dei rifugiati in Europa, ribadendo nel contempo la necessita’ di combattere i trafficanti di esseri umani. Riguardo ai rapporti turco-tedeschi, Merkel e’ tornata a rivolgere dure critiche nei confronti del presidente turco Recep Tayyip Erdogan: “Cio’ che sta succedendo con i cittadini tedeschi trattenuti nelle prigioni turche e’ assolutamente grave ed inaccettabile”, ha ribadito Merkel, sottolineando che allo stato attuale non e’ possibile negoziare con Ankara l’estensione dell’Unione doganale e che occorre decidere se sospendere o addirittura terminare i negoziati di adesione della Turchia nell’Unione. “Molte opzioni sono sul tavolo”, ha sottolineato il cancelliere. Per quanto riguarda la Corea del Nord il cancelliere Merkel ha auspicato “un ruolo attivo” dell’Europa e della Germania alla soluzione della crisi. “Se sara’ richiesta la nostra partecipazione alla discussione, diremo immediatamente di si'”.
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