Apple: una ricchezza basata anche sull’app economy, ma quando a pagare sono i bambini?

di Raffaella Natale |

L’azienda di Cupertino dovrà risarcire con 100 milioni di dollari le famiglie dei minori che hanno scaricato da iTunes le app.

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Bambina con iPhone

Di chi è la colpa, dei genitori che mettono in mano ai bambini smartphone e tablet o di Apple che fa pagare le app a tutti indistintamente?

Secondo la Corte americana è dell’azienda, ragion per cui dovrà risarcire le famiglie dei minori con 100 milioni di dollari (in crediti iTunes).

Si chiude così una disputa legale aperta due anni fa con l’accusa al gruppo guidato da Tim Cook d’aver fatto impropriamente pagare i bambini per le app scaricate su iPhone e iPad, non prevedendo funzioni che permettessero ai genitori di prevenire acquisti di questo tipo.

In base al patteggiamento raggiunto, Apple offrirà un credito iTunes di 5 dollari per ognuno dei 23 milioni di account colpiti. Se il conto supera invece i 30 dollari, i genitori potranno ricevere rimborsi in contanti.

 

Apple è anche nel mirino della Federal Trade Commission, insieme a altre aziende, per l’uso che fa dei dati digitali riguardanti i bambini che usano i suoi dispositivi.

Al momento negli USA è al vaglio una legge che rende le regole più stringenti e vieta di usare informazioni riguardanti i minori di 13 anni per produrre pubblicità mirate.

Parliamo dei famosi Big Data, quell’immensa mole d’informazioni che tutti lasciamo in rete durante le nostre navigazioni e che vengono vendute a peso d’oro.

 

Nel dettaglio questa nuova disposizione, rispetto alle forme di tutela già fissate nel 1998 dal COPPA (Children’s Online Privacy Protection Act) per garantire i minori che navigano in rete, estende la necessità del consenso anche ai dati sfruttati per sviluppare le cosiddette pubblicità comportamentali: sistemi d’identificazione o cookies, che vengono usati dalle società per tracciare i movimenti, anche dei ragazzini, su internet e identificarne gusti, abitudini e poter proporre pubblicità mirate.

 

La preoccupazione delle autorità americane è, infatti, capire come sono usate queste informazioni, considerate altamente pregiate dagli advertiser, e tutelare al meglio la privacy dei minori, sempre più a rischio dall’arrivo dei social network come Facebook o Twitter. L’idea è, quindi, quella di vietare alle aziende di compilare dossier sulle attività online – con informazioni su salute, status socio-economico, razza e sentimenti – di ogni singolo bambino che si trovi sul web.

 

Secondo Apple queste norme frenerebbero l’app economy, ma a che prezzo?

 

Privacy e minori, un tema molto caldo e che desta grosse preoccupazioni nell’era dei social network, dove è quasi diventata un’abitudine condividere le informazioni personali e non curarsi più della riservatezza, come se fossimo tutti parte di una grande famiglia.

Eppure i fatti di cronaca, tanti purtroppo, ci dicono il contrario, e quindi sarebbe opportuno che tutti noi che usiamo i social media e internet in generale cominciassimo a diventare più attenti alle ‘tracce’ che lasciamo in giro per la rete, specie se coinvolgono i nostri figli, ma anche evitare di mettere in mano dei piccini smartphone o tablet. Avranno tempo per farlo, meglio per ora dei fogli bianchi e una bella scatola di matite colorate.

 

Intanto Apple riporta oggi una vittoria nella guerra dei brevetti che la contrappone a Samsung. Quest’ultima  ha perso una causa sui patent per il wireless a Tokyo.  Lo ha rivelato un portavoce del gruppo coreano senza fornire dettagli sul numero di brevetti coinvolti nel caso.  Steve Park, portavoce di Apple in Corea, ha ribadito il punto di vista di Apple nelle cause sui brevetti e ha sottolineato l’intenzione di difendere la proprietà intellettuale della società.

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