Il marketing si reinventa, puntando su smartphone e tablet: nel 2013 ricavi per 8,3 mld di dollari

di Raffaella Natale |

Le nuove pubblicità personalizzate richiedono ingenti investimenti, ma soprattutto devono essere accettate dal consumatore che non deve viverle come una violazione della propria privacy.

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Mobile advertising

La pubblicità mobile è in pieno boom e il ruolo sempre più importante che smartphone e tablet hanno nelle nostre vite spinge i brand e gli inserzionisti a rivedere la loro intera strategia di marketing intorno ai dispositivi mobili.

E’ ormai lontano il tempo in cui la pubblicità per i telefonini consisteva nel semplice invio di sms. Oggi grazie a video interattivi e offerte personalizzate, l’advertising mobile ha seguito l’evoluzione delle tecnologie ed è stata rivista in funzione dell’uso dei terminali, tablet o smartphone.

 

Secondo Deloitte, nel 2013 i tablet genereranno circa 4,9 miliardi di dollari di entrate pubblicitarie e gli smartphone circa 3,4 miliardi.

Il prossimo anno, l’advertising su tablet conoscerà un maggiore sviluppo con una crescita del 50-55% e per i telefonini intelligenti del 30-35%.

 

Ma il mobile è molto di più d’un nuovo canale pubblicitario. Per Thomas Husson, analista di Forrester, stiamo assistendo a “un importante cambiamento nel comportamento dei consumatori con i propri dispositivi che invade altri campi come per esempio quello dello shopping, delle banche e dei viaggi”.

I brand devono dunque adattare e ottimizzare i loro siti internet per il mobile e cominciare a imparare a interagire con gli utenti in tempo reale.

 

Philippe Leclerc, uno dei fondatori dell’agenzia di marketing mobile Ad4screen, che opera in almeno 50 Stati, ha analizzato il caso della Francia dove la metà dei siti non sono adatti ai cellulari, diversamente da quando avviene nei Paesi anglosassoni.

La vera rivoluzione sta comunque nel fatto che i terminali mobili consentono oggi d’identificare e localizzare i clienti per proporgli promozioni e offerte personalizzate, combinando e unendo le banche dati esistenti con le informazioni ricevute grazie agli smartphone.

 

Se digitate ‘negozi d’abbigliamento’ sul vostro smartphone mentre siete per strada, non avrete gli stessi risultati di ricerca di quando lo fate la sera, dal vostro tablet, comodamente sprofondati sul salotto di casa. Nel primo caso vi saranno indicati quelli a voi più vicini, nel secondo negozi online.

 

I cellulari integrano sempre più anche sensori che consentono di ricevere, al di là della posizione dell’utente, altri tipi d’informazioni come la velocità alla quale si muove o l’altitudine e offrire nuovi servizi.

“Se vi trovate nel parcheggio di un centro commerciale, vi verranno inviate informazioni sui posteggi disponibili. Se vi spostate all’interno, non riceverete lo stesso tipo di servizi”, ha commentato Husson.  

 

L’idea di contestualizzare i servizi in funzione del percorso del cliente è un cambiamento fondamentale che suppone da una parte l’integrazione di due dimensioni che non esistevano nel marketing, dove e quando, e dall’altra di riorganizzare l’intera infrastruttura che c’è dietro per poter contestualizzare questi servizi.

Tuttavia, secondo Husson, questi nuovi modi di interagire con i consumatori “necessitano un cambio di cultura delle aziende e delle competenze specifiche“, e quindi d’investimenti sostanziali.

E, soprattutto, bisogna che questi nuovi servizi ‘ad personam’ siano percepiti dai consumatori come veramente utili, al fine che si sentano pronti a condividere le proprie informazioni senza viverle come un’intrusione o una violazione della propria vita privata.

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