Big Data e la corsa all’oro degli OTT: privacy sacrificata all’altare del denaro?

di Raffaella Natale |

Quando Big Brother fa rima con Big Business.

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I nostri dati personali sono la materia prima sulla quale i giganti della rete come Google, Amazon, Apple o Facebook, hanno costruito le loro ricchezze.

“Facebook non è stata creata per essere un’azienda, ma per una missione sociale: rendere il mondo più aperto e connesso”. Era quello che diceva fino a poco tempo Mark Zuckerberg, Ceo del social network più popolare del mondo. Possiamo sicuramente affermare che il giovane, 28 anni, ha ben raggiunto il suo obiettivo. Oggi Facebook vanta 1 miliardo di utenti. Persone che condividono volentieri le loro vite con gli amici, indicando le loro preferenze con ‘Mi piace’, i cambiamenti della loro vita sentimentale, i locali frequentati e i vari spostamenti.

Nove anni dopo la sua nascita, possiamo dire con sicurezza che Facebook è senza dubbio un’azienda e il suo fondatore è diventato un miliardario, altro che missione sociale.

Il modello di business è semplicissimo: lavorare le nostre informazioni personali e venderle come oro agli inserzionisti.

 

Vorreste sapere quante sono le informazioni che Facebook ha raccolto su di voi? Lo ha fatto uno studente austriaco, Max Schrems. Risultato: 1.222 file.

Di solito, ha spiegato a Les Echos l’ex Garante privacy francese, Alex Türk, le coordinate di una persona sono mediamente contenute in massimo 400 file. 

 

Computer, smartphone, tablet…sono erogatori di dati personali. Secondo uno Studio di Boston Consulting Group, la vita privata di un europeo oggi ‘varrebbe’ più di 600 euro (servizi gratuiti, impatto sull’economia) e tre volte di più nel 2020.

Al ritmo di 5 miliardi di dollari di entrate per 1 miliardo di utenti, Facebook ricava in media 5 dollari a profilo.

 

Questa gran mole di dati sono una materia prima da estrarre, raffinare, convertire, migliorare… Negli ultimi due anni, secondo IBM, sono stati raccolti circa il 90% dei dati archiviati nei nostri hard disk.

 

Questa rivoluzione sociale ed economica ha messo in agitazione le istituzioni, specie la Ue, determinati a tassare questo flusso imponente d’informazioni poco controllato (Leggi Articolo Key4biz).

Non a caso Google rischia pesanti sanzioni da parte dei Garanti Privacy Ue (Leggi Articolo Key4biz) e il governo francese nella prossima Finanziaria introdurrà nuove norme per tassare le ricchezze generate dai dati privati degli utenti (Leggi Articolo Key4biz).

 

Per le web company, i data center sono dei veri e propri asset strategici, gelosamente custoditi e inaccessibili anche alle autorità pubbliche.

Facebook ha speso oltre 1 miliardo di dollari in infrastrutture nel 2011 in gran parte per finanziare questi enormi serbatoi di raccolta dati. Stessa cosa per Google.

 

Le nostre vite, i nostri desideri, ciò che facciamo e pensiamo sono ormai sotto la lente dei giganti della rete che se ne servono per sferrare il loro attacco al mondo digitale.

Il peso dei Big Four o GAFA – Google, Apple, Facebook e Amazon – è dato dalla loro potenza economica: più di 800 miliardi di dollari accumulati in Borsa e 300 miliardi di fatturato annuo. 

 

I ‘Fantastici Quattro’ partono da modelli economici differenti, ma sono in feroce concorrenza fra di loro per la stessa cosa: i dati personali degli internauti.

Google e Facebook sono pure player ed entrambi mirano a valorizzare le informazioni lasciate dagli utenti, proponendo pubblicità mirate.

Apple ed Amazon sono ‘commercianti’: la società di Cupertino ha una strategia di vendita ‘blindata’ tra negozi fisici e virtuali mentre Amazon lotta per imporsi come piattaforma di eCommerce di riferimento.

I modelli sono radicalmente differenti: Apple e Amazon sono strutturati intorno alla vendita di prodotti e servizi, invece Google e Facebook sulla pubblicità.

 

Google offre servizi sempre più personalizzati, ma la sua arma più potente resta la web search: il 70% delle ricerche effettuate sono senza interesse commerciale diretto ma creano e consolidano il rapporto con i brand. Può quindi vendere a caro prezzo il 30% delle ricerche più commerciali. Il vantaggio è sicuramente quello di monetizzare l’audience e migliorare i servizi.

Con le sue molteplici piattaforme, infrastrutture e algoritmi potenti e la sua regia pubblicitaria (DoubleClick), Google assicura grandi prestazioni ai suoi clienti.

Solo i link sponsorizzati (Adwords) hanno generato 31 miliardi di dollari di revenue nel 2012, vale a dire i due terzi del fatturato.

 

L’approccio di Facebook è più qualitativo. Zuckerberg vuole permettere a ogni utente di trasformare il proprio profilo in un hub di comunicazione tra amici. Il servizio di messaggistica così come sarà prossimamente l’offerta gratuita di telefonia su Wi-Fi e il motore di ricerca interno Graph Search, vanno in questa direzione.

Il social network è, però, più attento alla vita privata dei suoi utenti e ha assicurato che il 10% delle risorse dei suoi data center sarà usato per la loro protezione.

 

Ma Facebook, come i suoi concorrenti, mette continuamente alla prova i propri limiti. Che dire dei sistemi di riconoscimento facciale sempre più potenti? Google con Picasa, Apple con iPhoto e Facebook con Instagram sono pronti a ricavarci lauti guadagni.

Il recente tentativo di Facebook di modificare le condizioni generali d’uso di Instagram per recuperare la proprietà commerciale delle foto postate è presto fallito dopo la rivolta della rete che ha evidenziato la sensibilità del pubblico su simili questioni.

E sempre Facebook ha dovuto bloccare nel 2009 il servizio di pubblicità Beacon dopo pochi mesi dal suo lancio che prevedeva la pubblicazione sulle bacheche degli utenti degli acquisti effettuati su altri siti. Uno strumento super efficace ma ritenuto troppo intrusivo che negli USA ha anche portato a una class action conclusa con un risarcimento di 20 milioni di dollari.

 

Quest’anno Apple e Google sono usciti dalla top 20 di Ponemon Institut, la classifica delle aziende che proteggono meglio i dati personali. Amazon è terza e Facebook assente.

E secondo Pew Internet, un americano su due ha già disinstallato un’app dal proprio smartphone per ragioni di privacy.

 

Anche tra i Big Four la guerra è spietata e senza esclusione di colpi e ognuno di loro cerca di invadere il campo dell’altro. Amazon, come Google, offre il cloud. Facebook ha lanciato le carte prepagate come Apple negli USA. Amazon ha proposto la sua moneta virtuale (Leggi Articolo Key4biz) e lanciato anche il suo tablet.

Sull’altro versante, Google con il suo Android è in concorrenza con Apple nei sistemi operativi mobili e sta per aprire i suoi Google Store (Leggi Articolo Key4biz).

 

Dopo l’e-business (Apple, Amazon) e il me-business (Google, Facebook), la nuova tendenza è quella di far convergere pubblicità e commercio verso ciò che l’ex-chief scientist di Amazon, Andreas Weigend, professore a Stanford, ha definito we-business: una nuova relazione molto stretta tra consumatori e aziende. Tutto questo grazie ai nostri dati digitali!

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