Italia
L’Italia si distanzia notevolmente dai Paesi europei più avanzati in termini di ricerca e registrazione di brevetti, ma si posiziona meglio in termini di propensione all’innovazione delle imprese.
E’ quanto emerge dal primo rapporto sul “Benessere Equo e Sostenibile (Bes)“, presentato dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) e dall’Istituto nazionale di statistica (Istat), secondo il quale nel nostro Paese il rapporto tra spesa per ricerca e sviluppo (R&S) e Pil è stabile all’1,3% a fronte di una media europea del 2% e di un obiettivo del 3%.
Più della metà della spesa, spiega il rapporto, è sostenuta dalle imprese, ma l’obiettivo europeo che prevede un significativo impegno dei privati nella ricerca è ancora distante. Anche il numero di brevetti è basso (73,3 per milione di abitanti contro una media europea di 108,6), i settori ad alta tecnologia coinvolgono il 3,3% degli occupati (il 3,8% in Europa) e i cosiddetti “lavoratori della conoscenza” (cioè laureati o occupati in settori tecnico-scientifici) rappresentano solo il 13,3% degli occupati (contro il 18,8% della media europea).
D’altra parte, però, nel triennio 2008-2010 il 54% delle imprese italiane ha introdotto innovazioni di prodotto, di processo, organizzative o di marketing, a fronte del 49% rilevato nella media europea.
Per quanto riguarda la diffusione della conoscenza tecnologica, si osserva che l’utilizzo di Internet è aumentato negli ultimi anni fino a coinvolgere il 54% della popolazione, ma rimane ancora 16 punti sotto la media europea. Inoltre, il divario tecnologico che vede sfavorito il Mezzogiorno, gli anziani, le donne e le persone con bassi titoli di studio è ancora forte e non mostra segnali significativi di miglioramento.
Il rapporto CNEL-Istat individua gli elementi fondanti del benessere in Italia e nei suoi molteplici territori selezionando una serie di indicatori per rappresentarlo e che aspirano a divenire una sorta di “Costituzione statistica”, cioè un riferimento costante e condiviso dalla società italiana in grado di segnare la direzione del progresso che la medesima società vorrebbe realizzare.
Questo perchè, ferma restando l’importanza del Prodotto interno lordo (Pil) come misura dei risultati economici di una collettività, alla luce delle diverse crisi degli ultimi anni (alimentare, energetica e ambientale, finanziaria, economica, sociale) è urgente lo sviluppo di nuovi parametri di carattere statistico in grado di guidare sia i decisori politici nel disegno degli interventi, sia i comportamenti individuali delle imprese e delle persone. (a.t.)