Non è stato speso neanche un minuto di tempo per parlare della PA digitale. È accaduto durante l’intervista di Claudio Cerasa, direttore del Foglio, a Marianna Madia, ministro della Pubblica amministrazione in occasione di un evento di ForumPA in corso a Roma. “In che modo la riforma che porta il suo nome ha tracciato la discontinuità con il passato?”, “Cosa c’è di sinistra nella legge”, “Quali sono le tre gravi inefficienze nel settore” fino a “Chi sarà il nuovo presidente del PD a Roma” e “Cosa ne pensa dell’intercettazione telefonica tra Matteo e Tiziano Renzi?”. In questo modo è andato avanti il faccia a faccia per più di un’ora. All’ultima domanda diversi partecipanti, esperti di Pubblica amministrazione, non hanno dato modo a Madia di rispondere perché hanno urlato: “Basta, parliamo di PA!”. Cerasa è rimasto spiazzato e il ministro, cogliendo il sentiment del pubblico, ha detto: “Rispetto questo dissenso, per cui non rispondo alla domanda sulle intercettazioni telefoniche”, tema sul quale il moderatore ha addirittura lanciato un sondaggio a voce ai presenti: “Siete favorevoli o contrari alla pubblicazione di questi tipi d’intercettazione sui media?”.
Invece molto interessante è il sondaggio realizzato dagli organizzatori dell’evento a un nutrito panel, di cui l’80% dipendenti della Pubblica amministrazione. Il 62% ha dichiarato che la burocrazia è cresciuta negli ultimi 5 anni. Le cause? Troppe leggi e semplificazione quasi nulla dei processi. In una parola, poco o per niente digitalizzazione dei servizi pubblici. Quando le è stato chiesto di parlare delle cose che non vanno nel settore il ministro Madia si è spinta addirittura, visto l’andazzo della giornata, ad affermare che occorre “aumentare la digitalizzazione dei servizi”. Poi silenzio. Nessun riferimento all’anagrafe digitale, all’identità elettronica (SPID) che si attesta solo a 1 milione e 400mila, metà delle quali erogate perché obbligatorie per accedere al bonus Cultura per i neo-maggiorenni e alla Carta docenti. Nessuna domanda sul PagoPA ritoccato dal team di Diego Piacentini, commissario straordinario per l’attuazione dell’Agenda digitale ci ha messo la faccia. Né tantomeno un accenno alla carta d’identità elettronica, il cui progetto risale alla legge Bassanini del 1997. L’anagrafe unica”, ha detto Paolo Aielli, Ad del Poligrafico dello Stato, in una recente audizione parlamentare, “è fondamentale anche per lo sviluppo della carta d’identità elettronica”.
L’obiettivo dell’Anpr non è stato raggiunto, era previsto entro il 2016. La nuova scadenza è tra 18 mesi. Quando ai soli 4 comuni (Lavagna, Bagnocavallo, Sant’Agata sul Santerno e Cesena) in cui l’anagrafe nazionale popolazione residente è attiva si aggiungeranno tutti gli altri allora i cittadini potranno accedere a tutte le proprie informazioni anagrafiche tramite l’identità elettronica SPID. Così gradualmente viene meno il male principale della PA, riconosciuta dagli stessi dipendenti: la burocrazia. E l’unica soluzione, ministro Madia, è il digitale. Per avere una PA del futuro a cui non si dovrà fornire ad ogni operazione i dati personali, che offre tutti i servizi pubblici online e da mobile, che consente pagamenti digitali, semplici, tracciabili e sicuri allora occorre gettare le fondamenta digitali oggi.
Esserne in sostanza l’ingegnere e il capocantiere. Essere consapevoli dell’importanza strategica e del valore della digitalizzazione, da parlarne in ogni occasione pubblica.
E oggi è stata un’occasione mancata, nonostante le aspettative. Perché? Solo con la PA pienamente digitale si digitalizza l’Italia che potrà così davvero imboccare la strada della ripresa ed essere attrattiva per gli investitori stranieri. Sembra ormai un luogo comune, ma pare sempre più complessa superare la linea dell’incertezza.