VINCITORI
Quando un’inchiesta giornalistica “dà fastidio al potente di turno, politico, economico o religioso che sia”, si legge in un comunicato di Articolo 21, scatta automaticamente la “querela temeraria” di un’ingente somma di denaro a cui il giornalista generalmente non può far fronte, abbandonando il suo lavoro.
Così si esprime l’associazione guidata da Stefano Corradino, a sostegno della trasmissione Report di Rai 3 e soprattutto della conduttrice Milena Gabanelli. La Gabanelli ha ricevuto, infatti, la notifica di una querela davvero pesante, per 25 milioni di euro, promossa dall’ENI per un’inchiesta del dicembre scorso portata avanti proprio da Report dal titolo “Ritardi con Eni“, con l’obiettivo di fare chiarezza sull’attività del gruppo produttore di energia.
Nei giorni scorsi Articolo 21 ha lanciato una petizione in rete, da rivolgere al Parlamento, affinchè legiferi presto sull’argomento delle ‘querele temerarie’, “strumenti di intimidazione utilizzati per scoraggiare le inchieste e disincentivare lo spirito critico che dovrebbe ispirare l’attività del cronista“, ha spiegato Corradino. Ad oggi sono oltre 60 mila le firme raccolte online a sostegno della giornalista di Rai 3.
“Appare necessario porre mano alla riforma del codice – ha ribadito il direttore dell’associazione degli operatori del mondo della comunicazione, della cultura e dello spettacolo – garantendo il più ampio diritto di rettifica e di replica a chiunque, ma anche prevedendo forme di tutela del diritto di cronaca e adeguate penalità a carico dei querelanti per aver disturbato ‘il dovere di informare e il diritto ad essere informati’, valori protetti dall’articolo 21 della Costituzione“.
Su questa materia il Parlamento ha avviato un lavoro bipartisan nella passata legislatura. Quasi sempre il querelato è riconosciuto non colpevole e quindi ‘assolto’, ma il querelante “ha comunque ottenuto il risultato che si era prefisso: bloccare l’inchiesta”. L’avvocato Domenico D’Amati, membro del comitato giuridico di Articolo21, ha inoltre reso noto che “La Suprema Corte di Cassazione ha iniziato a recepire le indicazioni della Corte europea dei diritti dell’Uomo, laddove questa afferma che il diritto all’integrità della reputazione, e il diritto alla riservatezza cedono di fronte alla libertà di informazione“.
La petizione lanciata in rete chiede infine che il nuovo parlamento voglia immediatamente provvedere ad una revisione della materia che preveda “una sostanziosa penalità nei confronti di chi utilizza strumentalmente questo tipo di richieste, condannando il querelante, in caso di sconfitta in sede giudiziaria, al pagamento del medesimo importo“.