La ricorrenza del sessantennale della firma dei trattati della Cee, è stata celebrata in pompa magna. Per un’intera settimana al Parlamento, alla Presidenza della Repubblica, in innumerevoli convegni, sugli organi di informazione si è dedicata grande ed insolita attenzione alla ricorrenza.
Il sabato e la domenica poi, hanno visto l’arrivo di tutti i vertici dell’Unione Europea, sia della Commissione che del Parlamento che dei Consigli, attualmente in carica o Ex, assieme ad alti funzionari e personaggi gravitanti nell’enorme area strutturale dell’U.E.
Erano naturalmente presenti anche tutti i capi di Governo dei ventisette Partners, con vari accompagnatori. L’atmosfera era particolarmente festosa. Scrive il Corriere della Sera:”… E’ una giornata che più allegra non potrebbe essere…”.
Effettivamente gli arrivi, gli incontri e gli atteggiamenti erano caratterizzati da abbracci, baci, sorrisi, pacche sulle spalle, atteggiamenti trionfalistici dei vari responsabili.
E’ parso si celebrasse la felice ricorrenza di un avvenimento che aveva originato un grande successo e, i protagonisti, vecchi e nuovi, ne festeggiavano il felice sviluppo nel tempo.
In realtà, ascoltando, successivamente, i diversi discorsi di ciascuno, espressi, a volte, con ingiustificata presupponenza, e le opinioni espresse alla vigilia, la ricorrenza metteva in luce un cattivo funzionamento della Unione, attribuendo ai suoi organismi errori e grossolane incapacità, unitamente alla assoluta necessità di “cambiare registro”. Pazienza se avessero detto questo coloro che nulla, sino a quel momento, avevano avuto a che fare con l’Unione.
Invece erano proprio i “reggitori” attuali e precedenti della stessa che pontificavano non solo criticando quanto sinora fatto, come se non li riguardasse, ma anche formulando proposte relative a correzioni assolutamente necessarie le quali, a loro dire, da tempo, avrebbero dovuto essere adottate.
E’ chiaro che tutto questo teatrino, ingiustificato dai fatti, messo in piedi dal nostro Governo, è stato organizzato in un momento di ritenuta profonda crisi dell’Unione, per rilanciare la stessa, ma è altrettanto chiaro che non solo non è il momento di festeggiare, ma è, invece, il caso di condurre, da parte dei responsabili della gestione dell’U.E., un profondo esame di coscienza e l’assunzione delle responsabilità di quanto malfatto, anziché rivelare disinvolti, festanti e ipocriti atteggiamenti.
Per far “ripartire” l’Unione, sono state indicate cinque proposte e, per la concretizzazione delle stesse, Junker ha già dato mandato al proprio staff di produrre entro giugno cinque documenti ufficiali della Commissione, da portare sul tavolo del Consiglio Europeo.
Le proposte riguardano: La difesa comune, diritti sociali e welfare europeo, il nuovo bilancio del 2020, il completamento dell’unione monetaria e, infine la globalizzazione, cioè come si pone l’UE, come centro unito di commercio di fronte alle istanze protezioniste esterne.
Due considerazioni:
La prima: mi sembrano proposte e indirizzi che avrebbero potuto essere perseguiti già da prima, grazie ad un impegno più serio da parte di coloro che in maniera arrogante e senza scrupoli si sono presentati a Roma.
Che cosa ha impedito di raggiungere da tempo tali traguardi, se non l’incapacità professionale o la ipocrisia o la vera e propria mancanza di volontà? E allora dovrebbero vergognarsi. Purtroppo il grave è rappresentato dal fatto che, da tali protagonisti, vi è poco da sperare.
La seconda è riferita alla sostanza delle proposte. Francamente mi pare poca cosa. L’unificazione della difesa la si auspica dalla costituzione della Cee, senza alcuna speranza di realizzarla sia perché costituisce l’elemento più difficile da omogeneizzare, sia perché le Forze Amate sono oggetto di massima, gelosa disponibilità di ciascuno Stato e nessuno intende cederne la sovranità, sia perché non esiste oggi una reale minaccia che ne induca il compattamento, sia, infine, perchè la difesa comune è assicurata dalla NATO.
Resterà un sogno velleitario, raggiungibile solo a seguito di un’unità politica. Da qui, quindi, nessuno stimolo di ripresa. La realizzazione di welfare comune europeo, può, se raggiunto, costituire un traguardo interessante. Anche lui, al momento mi pare utopistico data la complessità della materia, basta pensare alla farraginosità della situazione italiana in proposito.
Anche qui, non vedo alcuno stimolo per la ripresa. Cosi come non capisco quale situazione favorevole possa derivare dal bilancio 2020. Staremo a vedere. Il completamento dell’unione monetaria è un obiettivo raggiungibile e, in un certo modo, positivo, cosi come una impostazione dell’Unione come centro unito di commercio. Come si può vedere: prospettive assai modeste, e, purtroppo, proposte irrealizzabili o insignificanti in termini di stimolatrici della ripresa.
Occorre ben altro per consentire all’Unione di recitare una parte da protagonista nell’agone mondiale e, nel contempo stimolare la propria economia. Mi limito a formulare alcune proposte. Anziché cercare di unificare la difesa convenzionale, utilizzare una percentuale oggi non superiore al 10% di quel budget per realizzare sia una “difesa cibernetica unitaria europea” secondo quanto stabilita dalla Direttiva NIS delle U.E., in tal modo ci si opporrebbe efficacemente alla minaccia, oggi, più pericolosa e si garantirebbe un posto di lavoro a centinaia di migliaia di tecnici ed esperti, oltre che offrire un forte impulso alla ricerca ed alla industria del settore.
Adottare una “strategia della prevenzione” contro la minaccia terroristica, integrando le capacità singole di intelligence in chiave europea, potenziandone adeguatamente (200%) le risorse e moltiplicando le forze adatte all’azione di contrasto.
Assicurare sostegno al commercio estero europeo, mediante la creazione di” centri di appoggio europei” in ogni paese del mondo. Portare a termine una revisione e taglio delle spese delle U.E. riferite alle sovrabbondanti strutture ed all’eccesso di personale.
Incrementare le risorse per la realizzazione di un poderoso piano infrastrutturale europeo. Assicurare un forte incremento delle risorse per la ricerca.
Anche soltanto con l’adozione di queste sei proposte, (ve ne possono essere altre), si darebbe vita ad iniziative davvero stimolanti una ripresa europea, degna di tale nome, non solo, ma si eleverebbe notevolmente lo spessore politico ed economico dell’Unione, creando nuovi e qualificati posti di lavoro, reindirizzando la spesa in termini di potenziamento infrastrutturale, acquisizione di eccellenze tecnologiche, capacità reali di contrasto nei confronti delle vere e più pericolose minacce, maggior capacità competitiva e più potente presenza sui mercati. Per ora, con quelle proposte uscite dalla cerimonia romana e con quegli imperturbabili personaggi, le speranze sono poche.
Quello che deve cambiare è l’atteggiamento dei vari responsabili. Debbono rendersi conto che se non integrati nell’unione, i singoli stati sono ben poca cosa sul piano internazionale e rischiano di essere schiacciati dai grandi blocchi. Confortiamoci per ora con la vittoria della Ferrari.