La notizia è passata quasi inosservata eppure è di quelle che raccontano un’epoca.
Ripercorrere la storia del Privacy and Civil Liberties Oversight Board, il garante della privacy negli Stati Uniti creato nel 2004, è un po’ come leggere una lettera ad un bambino mai nato.
Un articolo apparso su The Intercept ha messo a nudo lo stato di totale abbandono in cui versa l’autorità di garanzia: tra dimissioni, cariche mai sostituite e ostracismo bipartisan, l’ultimo superstite del board (che dovrebbe essere formato da cinque persone) ha issato bandiera bianca.
La questione mette a nudo una realtà chiara; la disattenzione – quando non la vera e propria ostilità – verso i temi della privacy e della riservatezza dei dati personali sulla sponda est dell’Atlantico rappresenta un’attitudine dominante e trasversale.
The Guardian lo aveva già riportato nel 2013: secondo un documento classificato, ottenuto dal giornale inglese, Facebook, Google, Apple e tutte le più grandi aziende digitali collaborano attivamente con la NSA sul programma PRISM per intercettare tutte le comunicazioni mondiali.
Dopo la diffusione della notizia i colossi sono corsi a stracciarsi le vesti negando di essere coinvolti: Zuckeberg si disse addirittura oltraggiato dall’accusa.
Un po’ strano, a dire il vero, visto che il fondatore di Facebook aveva affermato, un paio di anni prima, che la privacy delle informazioni personali sarebbe addirittura “una norma sociale superata”.
Ma comunque; anche fingendo di crederci, la questione, con tutto il rispetto, è di lana caprina. Ad esempio, lo stesso documento pubblicato dal Guardian dice chiaramente che gli USA hanno un “vantaggio strategico nell’ospitare in casa” tutta l’infrastruttura internet, cioè i server dove ci sono le informazioni.
Quindi anche se fanno finta di litigare, come in occasione della questione dell’iPhone criptato di San Bernardino, la Silicon Valley e il complesso industrial-militare hanno interessi comuni, e conviene agli uni mantenere un monopolio commerciale ineguagliabile, agli altri mantenere la dominance informativa globale.
L’Europa resta a guardare e, si limita far passare norme – si legga Privacy Shield – che, oltre ad essere insufficienti, vengono anche costantemente violate.
Mancano proposte vere come, ad esempio, la creazione di un’infrastruttura internet europea, magari un’infrastruttura decentralizzata dove i cittadini-utenti siano proprietari e custodi delle proprie informazioni.
Nell’assenza di una visione politica e strategica di ampio raggio, il monopolio delle informazioni e dei dati rappresenta una minaccia della quale è ancora difficile valutare la portata.