Al momento è solo un progetto, ma presto con un’applicazione per smartphone si potrà comunicare con i prodotti al supermercato, ad esempio ricevendo informazioni relative al packaging, allo stato di conservazione, al tipo e alla sicurezza degli ingredienti, fino ad eventuali anomalie anche gravi per la sicurezza alimentare.
Si tratta di etichette intelligenti, o smart tags, che saranno un domani applicate ai cibi e che consentiranno di monitorarli costantemente attraverso l’uso di sensori chimici, di ‘nuovi materiali’ (smart materials) e l’applicazione dell’elettronica organica.
In questo caso parliamo di una tecnologica completamente italiana, sviluppata presso il centro ricerche di Portici dell’Enea, noto anche per la ricerca sul fotovoltaico innovativo, i nasi elettronici e il supercalcolatore ‘Cresco’.
L’elettronica organica rappresenta oggi un settore in forte crescita, per un mercato mondiale che vale circa 20 miliardi di dollari (76 miliardi di dollari nel 2020), studiata ed applicata nel nostro Paese in diversi centri di ricerca, tra cui i laboratori del “Tripode” dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, che si occupano di “Tecnologie e RIcerca per la applicazione dei POlimeri nei Dispositivi Elettronici”, per lo studio dei materiali a base di carbonio.
Nello specifico, grazie alle etichette sensibili Rfid (Radio-Frequency IDentification, in italiano identificazione a radiofrequenza), nate nell’ambito del progetto di ricerca industriale e sviluppo sperimentale chiamato “Smartags” (Smart application for organic tags) e dotate di un innovativo sistema di lettura e di riconoscimento, è possibile scambiare dati in tempo reale con altri dispositivi interconnessi relativi al prodotto su cui sono apposte.
“Dotate di sensori chimici, di temperatura e di umidità, tali etichette intelligenti potranno essere utilizzate nei supermercati del futuro, ma anche per il monitoraggio di ambienti contaminati, lavorazioni industriali, e in agricoltura”, ha spiegato in una nota l’ingegner Carla Minarini, Responsabile del Laboratorio.
Nel Laboratorio Tripode si sperimentano inoltre tecniche di processo a basso costo del tutto simili a quelle dell’editoria: “i materiali ed i dispositivi vengono stampati su plastica e carta: la cosiddetta elettronica stampata. I sistemi elettronici organici permettono realizzazioni impossibili per quelli a base di silicio, ad es.: lampade a grande area o trasparenti, display ultrasottili e flessibili, e la produzione di grandissime quantità, anche decine e centinaia di miliardi di pezzi l’anno)”.
I dispositivi in questione risultano anche più economici e sostenibili a livello ambientale, perché fin dalla progettazione è posta grande attenzione nel minimizzare le risorse, nel ridurre l’energia per produrli ed utilizzarli e nella gestione del ‘fine vita’, in un’ottica di design for recycling, ovvero di recupero e riutilizzo dei materiali che li compongono.