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Agenda urbana, che fine ha fatto quella italiana?

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L’UE avvia altri quattro partenariati europei per accelerare sull’innovazione urbana. Come ha ricordato il Commissario Corina Cretu. “L’Europa è anche e soprattutto le nostre città”. L’Italia ‘senza agenda’ lavora alle Città metropolitane e il ministro De Vincenti assicura: “Ci sono 2,1 miliardi”.

A maggio dello scorso anno è stato siglato il “Patto di Amsterdam”, per ufficializzare l’Agenda urbana dell’Unione europea e fissarne i principi generali. Per ognuna delle 12 sfide a cui le grandi città europee sono chiamate a confrontarsi sono stati definiti altrettanti partenariati, attraverso cui le amministrazioni locali e centrali, le Istituzioni europee e i portatori d’interesse, come le ONG e i partner commerciali, potranno collaborare su un piano di parità all’elaborazione di soluzioni comuni per migliorare la qualità della vita nelle aree urbane dell’Unione.

Quattro partenariati pilota sono già stati avviati: quello sull’inclusione dei migranti, coordinato dal comune di Amsterdam, quello sulla qualità dell’aria, coordinato dai Paesi Bassi, quello sugli alloggi, coordinato dalla Slovacchia, e quello sulla povertà urbana, coordinato dal Belgio e dalla Francia.

Altri quattro sono stati definiti nei giorni scorsi e saranno avviati entro fine gennaio: sull’economia circolare (coordinato dalla città di Oslo, in Norvegia), sulla migrazione al digitale (coordinato dall’Estonia e dalle città di Oulu e Sofia, in Finlandia e in Bulgaria), su occupazione e competenze (coordinato dalla Romania e dalle città di Jelgava e Rotterdam, in Lettonia e nei Paesi Bassi) e sulla mobilità urbana (coordinato dalla Repubblica ceca e dalla città di Karlsruhe, in Germania).

Dialogare direttamente con le città, imparare gli uni dagli altri, condividere nuove idee e buone pratiche: è questa l’essenza dell’agenda urbana,” ha dichiarato Corina Creţu, Commissaria per la Politica regionale, in sede di definizione dei nuovi partenariati a Bruxelles. “L’Europa è anche e soprattutto le nostre città, che collaborano su temi attinenti alla vita quotidiana dei nostri cittadini”.

Col termine Agenda urbana, l’Ue voleva porre l’attenzione sulle nostre città come motori della crescita, dell’innovazione, della sostenibilità e dell’economia in generale. Una strada che l’Italia non ha voluto percorrere, non dotandosi di una vera e propria “agenda urbana nazionale” e preferendo invece definire una strategia diversa, incentrata sulle Città metropolitane.

Su queste ultime è stato definito un accordo di partenariato con l’Ue e uno specifico Programma operativo nazionale per le Città metropolitane, il Pon metro, che è stato affiancato al lavoro svolto dal Comitato interministeriale per le politiche urbane (Cipu), con una dotazione iniziale di circa 900 milioni di euro. Una strategia nazionale non unitaria, criticata da molti come ‘scelta politica di comodo’ (nata per sopperire all’abolizione delle province), che manca di una cabina di regia a livello nazionale in grado di incidere davvero sulla crescita delle aree urbane, dei territori e del Paese.

La conseguenza diretta di questa scelta, nonostante l’impegno dell’Associazione nazionale Comuni italiani (Anci) e altri soggetti istituzionali, è al momento una lunga serie di progetti frammentati, che non rispondono a nessuna agenda nazionale e che rischiano di subire gli effetti negativi delle frequenti contrapposizioni tra regioni e Governo centrale.

A fine dicembre, comunque, come riportato dall’Osservatorio sulle Città metropolitane, con l’atto di delega da parte della Città metropolitana di Firenze, è terminato l’iter di formalizzazione delle funzioni delegate alle Città in relazione alla gestione delle risorse e l’implementazione degli interventi da svolgere in qualità di Organismi intermedi.

Si avvierebbe così la fase di operativa e di attuazione degli interventi, volti a promuovere uno sviluppo urbano intelligente, sostenibile e inclusivo. Quanto alle tempistiche, l’Agenzia per la Coesione Territoriale ha affermato che “ad inizio del 2017 si prevede di chiudere i lavori tecnici presso l’Autorità di Gestione del Programma, per l’acquisizione e verifica dei 14 Piani Operativi”.

Nel suo giro per le Città metropolitane italiane, Il ministro della Coesione territoriale, Claudio De Vincenti, ha assicurato da Milano che “esistono già 2,1 miliardi di euro per finanziare i progetti presentati dalle Città metropolitane e dai capoluoghi di provincia. Manca solo la delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica che arriverà entro gennaio“. Tra le nuove funzioni del ministro, c’è proprio la regia e il controllo relativi all’impiego dei fondi comunitari 2014-2020, del Fondo sviluppo e coesione, dei Patti sottoscritti con le Regioni del Sud e le Città metropolitane e di tutti gli altri interventi nazionali in corso o programmati nelle aree del Mezzogiorno.

Una buona notizia, se non fosse che l’eccessiva burocrazia, la scarsa cultura amministrativa di alcuni settori istituzionali e di alcune aree del Paese, la litigiosità dei partiti e i continui cambi di Governo, lasciano la nostra ‘Agenda urbana’ sempre appesa ad un interregno, dove le risorse sono poche, i progetti faticano a decollare e gli orizzonti sono spesso vaghi.

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