La Digital Agenda europea è andata. Occorre pensare al dopo

di di Raffaele Barberio |

L’Europa ha bisogno di un Single Digital Market, di un solo quadro regolatorio, di una sola autorità continentale

Unione Europea


Raffaele Barberio

L’intervento tenuto lo scorso 30 maggio da Neelie Kroes al Parlamento europeo segna un passaggio importante sullo stato reale della Digital Agenda europea.

E il messaggio che ne emerge consiste nel fatto che la Digital Agenda così come l’abbiamo conosciuta sino ad oggi è, nei fatti, finita. Occorre un nuovo corso che interpreti, e porti alle sue naturali conclusioni, le affermazioni della stessa Kroes.  

Come è noto la Digital Agenda europea è stata promossa dalla Kroes a metà 2010 come risposta al fallimento della Strategia di Lisbona.

L’esigenza che l’Europa rilanciasse la propria posizione nello scacchiere globale è stata indicata da tutti come imprescindibile: si è chiuso un ciclo di 500 anni di dominio europeo in chiave economica, culturale, finanziaria e direi anche religiosa. Si è aperto un nuovo ciclo che sta spostando il baricentro del mondo (e con esso la capacità di creare valore e probabilmente cultura dominante) in altri quadranti geografici, prevalentemente in Oriente Estremo.

Contemporaneamente l’Europa sta diventando un continente con età media avanzata, con disoccupazione galoppante, specialmente giovanile, e con l’esigenza di un rilancio che può derivare solo dalla sua capacità di cambiare passo, di rimescolare le carte, ridando competitività alle imprese e appetibilità agli investimenti nel vecchio continente da parte di investitori americani, asiatici e della regione del Golfo.

In questi tre anni la Digital Agenda ha rappresentato in primis obiettivi continentali di accesso alla rete, sollecitando la definizione di Agende Digitali nazionali, attraverso i cui servizi costruire un percorso continentale che fosse la somma algebrica delle acquisizioni raggiunte da ciascun Paese.

Tuttavia questo approccio non ha funzionato, per fattori anche molto diversi tra loro.

Il primo, riguarda le differenze a volte marcate tra i vari paesi europei, che disegnano un’Europa a più velocità. Difficile costruire la Digital Agenda con Paesi che partono da condizioni sociali, economiche e tecnologiche molto diverse e che in qualche caso non avvertono le necessarie spinte alla modernizzazione come un moto continentale o sono in difficoltà nell’orientare gli investimenti necessari.

Il secondo, riguarda la percezione dell’Europa da parte degli Stati membri e delle loro popolazioni: una percezione univoca e positiva rende accettabile, praticabile e condivisibile ogni proposta formulata dalla UE. Difficile offrire (e fare accettare) degli obiettivi continentali sulla base “…delle contribuzioni che ciascun Paese darà alla creazione del mercato unico europeo…” (come recita al primo rigo il documento di lancio della Digital Agenda del 2010) in un contesto sin troppo articolato di partecipazione all’idea d’Europa. Altrettanto difficile che il moto del cambiamento possa partire solo dal basso, senza l’imposizione di una piattaforma unitaria imposta in qualche modo dall’Europa (con la capacità di trasformarla in una prospettiva condivisa). Se guardiamo, a titolo di esempio, alla partecipazione al voto europeo, le percentuali variano dal 90% belga al 20% della Slovacchia: una forbice troppo alta per definire l’idea d’Europa come una prospettiva condivisa.

Il terzo, riguarda la capacità di leadership delle classi dirigenti europee, percepite oggi come fortemente intrise del burocratismo imposto dagli uffici di Bruxelles. Ed è certamente vero che le nostre classi dirigenti europee faticano nella formulazione di una vision moderna, non prigioniera delle pressioni dei singoli Stati, infine sensibile allo sviluppo della connected society. E’ una classe dirigente, in sostanza, per la quale la mediazione prevale sulle discontinuità, di cui invece c’è bisogno.

 

L’intervento della Kroes al Parlamento europeo conferma, nei fatti, queste difficoltà e ha il senso della chiamata alle armi in vista della scadenza di fine legislatura europea della primavera 2014: un solo mercato unico digitale europeo capace di assicurare le digital connections di cui l’Europa ha bisogno per diventare digitale, competitiva e tenere il passo con il resto del mondo. L’alternativa sarà l’emarginazione della vecchia Europa.

 

Il punto è che i servizi digitali hanno bisogno di infrastrutture di reti a banda larga e ultralarga che per essere costruite hanno bisogno di investimenti. Ma come si fa ad immaginare tali ingenti risorse, se si considera che gli operatori di telecomunicazioni europei, che devono fare questi investimenti, chiudono da cinque anni il loro esercizio consolidato continentale con il segno meno?

Insomma, appare evidente che qualcosa non ha funzionato.

Forse anche negli obiettivi. Non si può proteggere il solo consumatore europeo, senza allestire un’analoga protezione delle imprese europee nei confronti delle imprese extraeuropee che operano in Europa godendo di asimmetrie regolatorie che danneggiano solo le imprese europee.

 

Ma è interessante proseguire sulla linea dell’appello della Kroes, in particolare sull’iniziativa relativa al roaming, che unifica l’Europa, evitando a partire dalla primavera 2014 quei servizi mobili costosi (sia vocali che di trasferimento dati e accesso a internet mobile) ben noti a tutti gli europei abituati a viaggiare per l’Europa per lavoro o turismo. Gli operatori mobili non hanno apprezzato l’iniziativa sul roaming e bene ha fatto la Kroes a rompere gli indugi.

This is the opportunity to stand up and be counted. I will fight with my last breath to get us there together,” sembrano parole suggerite da un ghostwriter di Highlander o Braveheart, piuttosto che un frammento del discorso della Kroes.

Toni spinti che indicano come si stia giocando la partita del cuore.

Ma allora la Commissaria Kroes dia un prosieguo naturale a questi assunti.

 

Un solo mercato vuol dire abbattere i confini nazionali, vuol dire annullare la frammentazione dei mercati e, se portiamo alle naturali conseguenze questo approccio, vuol anche dire annullare le differenze regolatorie, ponendo tutti gli operatori (non solo di tlc) su un piano di parità continentale con framework regolatori condivisi e con, sia sin d’ora chiaro, una sola autorità regolatoria europea: A Single Digital Market with a Single Authority.

 

La Digital Agenda come l’abbiamo conosciuta è finita.

E’ la stessa Kroes che di fatto l’ha scavalcata.

Ora occorre gettare il cuore oltre l’ostacolo.

Sarebbe importante che ora, senza alcun indugio, la Commissaria Kroes assumesse nei fatti la linea annunciata, definendo un quadro preciso di scadenze intermedie per i prossimi mesi, lasciando un’eredità alta alla prossima Commissione che arriverà con le elezioni della primavera del 2014.

In caso contrario, rischieremmo una debacle analoga al fallimento della strategia di Lisbona, ma senza avere a disposizione quegli anni che ci hanno consentito di modificare il tiro.

Questa partita si giocherà nei prossimi mesi.

La Commissaria Kroes ha ammesso che, tranne rare eccezioni, le tematiche relative alle reti di telecomunicazioni e ai digital topics non si sono mai imposti come prioritari all’agenda politica della UE.

Questa classe dirigente europea deve allora assumersi le proprie responsabilità.

Sapremo presto se la sfida che abbiamo davanti potrà essere giocata tutta o se saremo destinati ad un futuro marginale nell’economia del mondo.

La Digital Agenda ha forse svolto un suo ruolo, ora occorre andare oltre.

Subito.

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