In quattro anni chiuse 55 mila imprese: tra le ricette anticrisi di Confindustria anche gli investimenti in innovazione

di Raffaella Natale |

Presentato oggi il Report del Centro studi di Confindustria che illustra 5 proposte al governo per uscire dalla crisi. Zanonato: ‘Le imprese italiane devono essere messe nelle stesse identiche condizioni delle imprese europee’.

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Squinzi lo aveva già anticipato all’Assemblea annuale di Confindustria: l’industria manifatturiera è in crisi, crisi nera.

Una delle colonne portanti dell’economia italiana si sta sgretolando sotto i nostri occhi. I dati elaborati dal Centro studi di Confindustria parlano chiaro: la crisi ha provocato la distruzione del 15,3% del potenziale manifatturiero italiano che è tornato ai livelli degli anni ’90.

Dal 2009 al 2012, “le imprese cessate sono 55 mila“, mentre dal 2007 al 2012 il “numero delle imprese manifatturiere si è contratto di circa l’8,3%”, pari a 32 mila unità; le PMI sono state più colpite.

Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, oggi alla presentazione del Report del CsC lo ha detto senza mezzi termini: “Cresce chi fa dell’industria la colonna portante del proprio sistema economico”.

 

Uno dei principali ostacoli, evidenzia lo Studio, è la carenza di liquidità e finanziamenti che “mette a rischio di fallimento anche le imprese sane“: lo stock di prestiti si è ridotto soprattutto nell’industria, sceso di 26miliardi di euro tra il 2011 e il 2013 (-10,1%), nelle costruzioni (-9 miliardi) e nelle attività immobiliari e professionali (-14 miliardi), più contenuto il calo nel commercio, trasporto e comunicazioni (-2 miliardi).

 

A causa della crisi il numero degli occupati è sceso del 10% nel manifatturiero e si stima che questo trend negativo proseguirà nei prossimi mesi, in aggiunta ai 539 mila occupati persi dal 2007 al 2012.

 

Ma perché concentrare gli sforzi sul manifatturiero? Secondo il direttore del Centro studi di Confindustria, Luca Paolazzi, è importante dedicarsi a questo settore “perché il maggior peso del manifatturiero produce maggiore crescita dell’intero sistema economico”.

 

Il vicepresidente per il Centro studi, Fulvio Conti, ha sintetizzato le misure che “un governo responsabile dovrebbe tradurre tempestivamente in linee d’azione“. Cinque punti che fanno riferimento al “progetto per l’Italia già presentato da Confindustria”: semplificazioni e sburocratizzazione; tagliare i costi per le imprese, ridare liquidità all’economia, pagando i debiti della PA e sostenendo l’accesso al credito delle PMI; quarto punto correggere la riforma del mercato del lavoro per renderlo ‘meno vischioso e inefficiente’, e infine detassare gli investimenti in ricerca e innovazione e favorire gli investimenti pubblico-privati in infrastrutture materiali e non.

 

Il Ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, nel suo intervento ha sottolineato: “Il mantra del mio ministero è questo: le imprese italiane devono essere messe nelle stesse identiche condizioni delle imprese europee. Punto”.

L’impegno del governo per le imprese è quello di cambiare “uno scenario in cui oggi per certi aspetti sono fortemente penalizzate“: interventi rapidi quindi su fisco, innovazione, costi della burocrazia ed energia.

 

Per le PMI, considerando che l’Italia è un Paese ricco di aziende medio-piccole specie del settore manifatturiero, quelle più colpite dalla crisi, investire in digitalizzazione e innovazione permetterebbe di ritrovare la produttività attraverso l’utilizzo di tecnologie e il supporto all’internazionalizzazione.

 

Gli oneri e i procedimenti farraginosi cui molto spesso sono sottoposte le imprese sono intollerabili“, ha spiegato Zanonato all’Assemblea di Confindustria di maggio (Leggi Articolo Key4biz).

La frammentazione delle competenze amministrative genera complicazioni e duplicazioni, consolida l’immagine di una burocrazia nemica. La leva digitale può essere uno straordinario strumento di trasparenza e di semplificazione e riduzione dei costi e dei tempi”.

 

Nella logica del rilancio strutturale della crescita, per Zanonato assume un ruolo altrettanto fondamentale il sostegno alla ricerca e all’innovazione industriale, “chiave strategica per recuperare competitività, creare nuovo lavoro ad alta qualificazione e attivare un circuito virtuoso tra sistema universitario e imprese”.

A tal fine, c’è bisogno di un “radicale cambiamento delle politiche pubbliche fino a oggi attuate, mettendo a punto strumenti di sostegno pubblico all’innovazione”. In questo senso, il Ministro ha indicato come prioritari, la definizione di uno strumento di agevolazione fiscale strutturale per sostenere le attività di Ricerca e sviluppo realizzate dalle imprese in autonomia o in collaborazione con le università.

 

Ma sarebbe ora di passare dalle parole ai fatti, perché come ha giustamente ricordato Squinzi “per la ripresa economica dell’Italia serve anche il digitale e la messa in moto degli enti che dovranno gestire il processo di digitalizzazione”.

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