Unione Europea
L’audiovisivo europeo resta col fiato sospeso in attesa di vedere che piega prenderà la riunione di oggi a Lussemburgo tra i Ministri del Commercio estero dei Paesi membri, che dovranno definire le aree oggetto dei negoziati di libero scambio tra Ue e Stati Uniti.
La Francia ha detto chiaramente che voterà contro la decisione di inserire anche la cultura nelle trattative, ma pare che diversi Paesi Ue abbiano l’intenzione di fare il possibile per ammorbidire questa posizione. Si teme che il veto dei francesi possa compromettere accordi ritenuti necessari per il commercio transatlantico.
Secondo alcuni osservatori, la stessa Commissione Ue avrebbe tenuto un atteggiamento molto ‘diplomatico’ nel Datagate (Leggi Articolo Key4biz), proprio per non correre il rischio di eventuali ripercussioni su queste trattative commerciali.
Ma il governo francese è determinato e nei giorni scorsi ha detto d’essere pronto a ricorrere al proprio diritto di veto di fronte a quella che considera una minaccia da parte dell’industria americana dell’entertainment.
Una posizione largamente condivisa dall’industria dell’audiovisivo e anche da molti politici europei, pure italiani (Leggi Articolo Key4biz).
Oggi il Ministro dei Beni culturali Massimo Bray lo ha detto chiaramente in Quirinale a margine dell’incontro con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e i candidati al David di Donatello.
“La mia posizione – ha detto Bray – l’ho chiarita anche a Bruxelles ed è che la cultura è una peculiarità. E che il governo deve fare di tutto per considerarla come tale”.
Nei giorni scorsi anche il Viceministro per lo Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni, Antonio Catricalà, in audizione alla Camera ha commentato: “Sarebbe molto grave un cedimento nella difesa del settore dell’audiovisivo europeo nella trattativa sul libero scambio con gli USA. Non si può fermare il vento con le mani, il progresso, ma non si possono nemmeno favorire operatori che non investono in contenuti, non creano ricchezza e non pagano tasse in Europa”.
Il Sottosegretario ai Beni e alle Attività Culturali, Ilaria Borletti Buitoni, ha parlato di “grave rischio” per l’industria dell’audiovisivo.
I Ministri dovranno, quindi, tentare di trovare una soluzione a questa situazione di stallo. La Francia potrebbe far saltare tutto, perché occorre il voto unanime di tutti i 27 Paesi Ue per dare mandato alla Commissione sui settori che rientreranno nella trattativa. Senza considerare, poi, che la Francia è la seconda economia del continente.
Richard Bruton, il Ministro del Commercio irlandese, che presiederà la riunione, ha commentato: “Dobbiamo risolvere il problema, trovando una formula che metta d’accordo tutti”.
Germania e Gran Bretagna premono per trovare l’intesa e concludere con gli Stati Uniti quello che definiscono il più importante accordo commerciale mondiale.
Le ragioni sarebbero tutte di tipo economico e i vantaggi innegabili, a dir lor, per un’Europa in forte recessione.
Stati Uniti e Unione Europea, insieme, rappresentano la metà della produzione economica del mondo e un terzo degli scambi internazionali.
L’accordo contribuirebbe a delineare i contorni di una nuova organizzazione mondiale del commercio, un’evoluzione che inquieta la Cina.
Il partenariato transatlantico sul commercio e l’investimento (Transatlantic Trade and Investment Partnership – TTIP) si tradurrebbe in 119 miliardi di euro l’anno per l’economia europea e in 95 miliardi di euro annui per quella statunitense.
L’accordo non si limiterebbe a ridurre le barriere doganali, ma punterebbe ad armonizzare le norme europee e americane in settori diversi, come le cinture di sicurezza per le automobili o l’imballaggio farmaceutico, con abbattimento dei costi commerciali a favore soprattutto delle PMI.
La Francia, però, per voce del Ministro alla Cultura Aurélie Filippetti ha fatto sapere che difenderà fino in fondo l’eccezione culturale.
Nella riunione di oggi, il Commissario Ue al Commercio Karel De Gucht ha l’intenzione di proporre che la Commissione consulti i Ministri del Commercio prima di negoziare nel settore audiovisivo.
Nei mesi scorsi, il Presidente USA Barack Obama ha espresso il proprio sostegno ai negoziati con la Ue, sperando di arrivare a una conclusione della trattativa entro la fine dell’anno, dopo 14 mesi di lavori preparatori.
“Abbiamo un’occasione unica di dare un’accelerata alle nostre due economie e di delineare il sistema commerciale internazionale del XXI secolo“, ha indicato l’europarlamentare britannico Robert Sturdy.
Questa settimana il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, ha incontrato una delegazione di registi e attori per rassicurarli che il sostegno alla cultura e le condizioni di lavoro non verranno messe in discussione. Ma Barroso s’è rifiutato di escludere la cultura dalle trattative (Leggi Articolo Key4biz).
Una posizione che non è piaciuta all’industria dell’audiovisivo. “La cultura non è merce, non può essere messa sul tavolo delle trattative insieme alle automobili, alle lampade o ai bulloni“, ha detto il regista italiano Daniele Luchetti insieme al collega belga Lucas Delvaux e a quello polacco Dariusz Jablonski.
Barroso non ha convinto neanche il Ministro francese al Commercio Nicole Bricq che ieri ha ribadito che non cambierà la propria posizione.
Gli USA esportano in Europa più musica, film, programmi televisivi e radiofonici di quanto non importino dalla Ue. In questo settore l’eccedente netto degli USA è di 1,5 miliardi di euro l’anno dal 2004 al 2011.