La richiesta

BreakingDigital. Hate speech e bufale social: Lettera aperta alla Presidente della Camera Laura Boldrini

di Michele Mezza, (docente di Culture Digitali all’Università Federico II Napoli) - mediasenzamediatori.org |

Poteri pubblici e istituzioni possono davvero permettersi di imboccare scorciatoie contro l'odio e le bufale in rete, delegando ai service provider la bonifica dell’infosfera?

BreakingDigital, rubrica a cura di Michele Mezza (docente di Culture Digitali all’Università Federico II Napoli) –mediasenzamediatori.org. Autore di ‘Giornalismi nella rete, per non essere sudditi di Facebook e Google’. Direttore di Pollicina Academy, centro di ricerca sugli effetti del mobile (www.pollicinacademy.it) Analista dei processi digitali e in particolare delle contaminazioni social del mondo delle news. Clicca qui per leggere tutti i contributi.

Gentile Signora Presidente,

mi permetto di rivolgermi alla Sua attenzione in forma pubblica, confidando nella Sua ampia e ribadita pratica di trasparenza sempre protesa (come i tre anni e mezzo della Sua presidenza della Camera dei Deputati ci hanno mostrato) a sollecitare una pubblica e condivisa riflessione sui temi che ha via via sollevato.

Come un ordinario cultore delle materie digitali, e soprattutto come giornalista che assiste alla decadenza della sua cultura professionale, mi trovo nella necessità di appellarmi al Suo prestigio e alla Sua autorità per un’azione che sottragga questo Paese (e le sue esperienze culturali e professionali) a uno stato di subalternità e di inconsapevole soggezione ai nuovi poteri che si stanno armando sulla rete.

Ho potuto, grazie alla Sua indulgente ospitalità, assistere martedì 29 novembre ad uno dei rari momenti in cui le istituzioni italiane si sono misurate con i temi di stretta attualità che affiorano dalle ormai sempre più estese pratiche digitali.

Mi riferisco all’incontro, da Lei promosso nella Sala della Lupa di Montecitorio,  con vari esperti, fra cui il professor Giovanni Boccia Altieri, dell’Università di Urbino, il direttore del Post Luca Soffri, e il responsabile dell’Osservatorio sulle bufale dr Quattrocchi,  sul tema delle notizie false e soprattutto, come Lei che ha seguito con diligenza ed attenzione il dibattito ha tenuto a precisare nel suo intervento “…sulle misure che dobbiamo attuare per limitare e restringere gli spazzi di odio e aggressività che ormai inquinano i social”.

In quell’occasione ha avuto modo di annunciarci che, per sollecitare misure concrete in particolare contro la diffusione di atteggiamenti di odio o discriminatori, avrebbe incontrato i responsabili di Facebook, che spero, per il rispetto dovuto ad una delle massime cariche dello Stato italiano, si presentino con una delegazione plenipotenziaria e non solo di locale rappresentanza.

Ritengo quest’occasione, e eventualmente altre che riterrà di attivare, siano di strategica importanza per ridare slancio ad un’azione di emancipazione e di autonoma affermazione dei linguaggi e dei valori della nostra comunità in rete.

Proprio nel dibattito da Lei promosso su odio e false notizie, ma anche nella coda dei commenti sulla sua precedente iniziativa, ossia l’elaborazione di una carta dei diritti digitali realizzata dalla cosiddetta Commissione Rodotà, da lei stessa promossa, sono emerse opzioni che andrebbero forse meglio considerate e valutate per sostenere la Sua azione.

Il nodo, oggi su temi come “bufale e odio”, come per la Commissione Rodotà, rimane quello di stabilire quali siano realmente i poteri che dominano nella rete e quali i rischi che si profilano a chi opera naviga in rete.

Certo il degrado di linguaggi sociali e comportamenti numerosi soggetti sono un indicatore preoccupante della deviazione e distorsione a cui la rete può andare incontro.

Proprio il dibattito di martedì scorso alla Sua presenza ha potuto documentare come queste distorsioni non siano specificità della rete, ma riflessi e amplificazioni di fenomeni che trovano, nella radicalizzazione sociale e nella crisi delle forme di coinvolgimento da parte di istituzioni e organizzazioni politiche, la loro radice materiale.

È giusto comunque alzare i livelli di guardia e di controllo.

Ma davvero possiamo, in nome di queste distorsioni ratificare l’impotenza della politica o meglio della democrazia, attivare, territorialmente o in sede internazionale, misure e provvedimenti sanzionatori per interdire questi eccessi?

Davvero poteri pubblici e istituzioni, quale quella che Lei autorevolmente presiede, possono imboccare scorciatoie, come sono in realtà la delega ai service provider (nel caso, i grandi monopolisti delle relazioni digitali, come Facebook, Google, Twitter), per la bonifica dell’infosfera?

Concretamente, si tratterebbe di chiedere a queste potenza di rendere i loro algoritmi, proprietari e riservati, ancora più potenti e prescrittivi, senza riuscire poi a determinarne i limiti.

La questione, come è noto, è esplosa all’indomani dell’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, perché qualche buontempone ha addossato proprio al clima avvelenato, creatosi sulla rete, la responsabilità dell’affermazione del miliardario americano.

In realtà, come Lei mi insegna, le cose sono molto più complesse e ancora oscure.

Certo è che non si può scaricare sulla stessa rete, che solo 4 anni fa era stata considerata uno dei fattori della vittoria di Barack Obama, la sconfitta di Hillary Clinton.

Siamo in un contesto sociale dove la crisi dei ceti medi e il corto circuito economico finanziario, sta producendo forme di radicalizzazione sociale che investono proprio le aree che una volta erano considerate moderate e passive. Oggi queste stesse aree sono mosse da quello che gli psico-sociologi chiamano Confirmative Bias, ossia sindrome di autoconvincimento delle proprie emozioni.

La rete è il momento di pubblica esposizione di questi conflitti sociali.

Claire Wardle, direttore del centro di Giornalismo digitale della Columbia University, che nella fila dei grandi pensatori digitali sta a buon diritto ai primi posti, intervenendo su questo punto spiegava che sono tre gli approcci possibili per risolvere il tema delle notizie atte a creare odio e confusione:

  1. Un investimento su professionalità umane, cosa che risulta, al livello in cui è ormai giunto il traffico in rete, proibitivo dal punto di vista dei costi e insostenibile come tempi di reazione adeguati.
  2. un uso della sussidiarietà degli utenti, con meccanismi tipo Wikipedia, che però non risolvono né l’immediatezza dell’intervento né la sua attendibilità.
  3. l’affinamento di soluzioni algoritmi, su cui stanno convergendo i grandi apparati dei service provider, con la conseguenza però che si estenderebbe anche il potere discrezionale e prescrittivo delle logiche e dei linguaggi, dunque dei pensieri, che gli autori degli algoritmi produrrebbero.

Siamo così finalmente dinanzi al vero buco nero che è al centro del nostro ragionamento: qual è oggi la realtà della rete e quali le mappe dei poteri che realmente la governano, e di cui “odio e bufale” sono solo indotti?

Qualche giorno fa, il cancelliere tedesco Angela Merkel, in un’intervista al The Guardian, che non Le sarà sfuggita, ha affermato che la trasparenza e negoziabilità degli algoritmi è questione che afferisce alla democrazia compiuta.

Nel mio piccolo, penso che queste parole siano una continuazione della Sua azione, e mi piace pensare che solo due donne oggi in Europa stiano sollevando con forza e rigore quella che un altro grande pensatore digitale Jaron Lanier ha definito in un suo omonimo saggio “la dignità al tempo di Internet”.

Io spero,  Signora Presidente, che Ella abbia il tempo e la tenacia per insistere nella Sua azione di disvelamento dei meccanismi vessatori della rete procedendo in quel percorso di cui la Sua dichiarazione dei principi digitali  che afferma come centrale il diritto all’accesso, sia  solo il primo passo che deve essere seguito da una seconda azione che affermi, come dice la Signora Merkel, che la potenza di calcolo, e il suo strumento primario,  che sono gli algoritmi che automatizzano il pensiero, debbano essere uno spazio pubblico.

In questo modo, si potrebbe anche risolvere il problema “dell’odio e delle bufale”, vincolando i grandi service provider a rendere percorribili per motivate ragioni i loro server alle autorità preposte a livello nazionale ed internazionale, così come questi server sono resi disponibili per azioni commerciali o intese con stati totalitari.

Su questi temi abbiamo costituito con un gruppo di operatori, giornalisti e imprenditori una community per la trasparenza dell’algoritmo (www.digidig.it) che spero possa fra breve incontrare i responsabili della commissione digitale.

In questa community stiamo affrontando i temi che riguardano concretamente la negoziabilità dell’algoritmo come premessa della trasparenza della rete. In particolare nel mondo dell’informazione, dove nascono e si diffondono appunto le bufale.

A conferma di quello che già, nel lontano 1965, Ernest Heminguay rivendicava come necessaria condizione per ogni lettore: “…ci vorrebbe – diceva il grande scrittore – che ognuno di noi avesse un meccanismo anti bufale che si innestasse automaticamente nel cervello”. Oggi abbiamo un’evoluzione di quella minaccia: il caso di Instant Article, il meccanismo di Facebook per raccogliere e distribuire le notizie dei principali giornali e siti del mondo.

In quello spazio, che si candida ad essere l’edicola del pianeta, il grande canale social distribuisce le notizie ai suoi utenti senza più osservare l’ordine cronologico che vincola ogni redazione a dare le news in base al loro tempo. In questo modo Facebook può distribuire le notizie in virtù della profilazione di ciascuno tra i suoi 1,8 miliardi di utenti e in base alla pertinenza del momento che ritiene. Per cui se si discute di immigrazione tocca a Facebook decidere se, ai cittadini del paese in cui ad esempio si vota sull’accoglienza, far vedere la foto del bambino morto sulle spiagge turche o quella della vecchina trascinata per terra da scippatore extracomunitario.

Signora Presidente, Le pare questo un potere da lasciare ai postini della rete?

Le pare questo un clima in cui la democrazia possa esercitarsi con autonomia e sovranità negli Stati nazionali? Le pare questo il contesto in cui un insulto può essere reiterato e riproposto anche a distanza di mesi senza che la casualità indichi dolo o provocazione perché è normale dare le notizie senza tempo?

Sono sicuro che la Sua sensibilità e preparazione sul tema possa assicurare a questo paese un primo presidio su questi argomenti.

Confido che nei Suoi incontri con i monopolisti della rete abbia la possibilità e sicuramente la volontà di far valere, come accade in Germania o in India, le ragioni della sovranità della democrazia.

Del resto, secondo una cultura che lei ben conosce e ha praticato: Se non ora, quando? E se non Lei, chi?

Con osservanza

 

Michele Mezza

www.DigiDig.it

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