Il workshop

Telemarketing a un bivio: tornare all’anno zero per riformare il settore

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Asse trasversale tra Garante Privacy, politica, imprese, consumatori e sindacati ieri al workshop “Telemarketing a un bivio. Come difendere i consumatori e sostenere le imprese?”. Impegno condiviso per ‘resettare’ il mercato.

Un impegno corale per riformare le regole del telemarketing e dei call center, un settore in crisi che ha bisogno di uno sforzo trasversale per ripartire da zero. E’ questo il sentiment emerso ieri dal convegno organizzato “Telemarketing a un bivio. Come difendere i consumatori e sostenere le imprese?” alla Sala Zuccari del Senato da Supercom in collaborazione con Key4biz, Privacyitalia e Assocontact. Un impegno trasversale caldeggiato dal dal Garante Privacy e raccolto da politici, sindacalisti, aziende, consumatori per ‘resettare’ il sistema a vantaggio di tutti gli stakeholder.

Perché il telemarketing molesto è ormai un’emergenza che minaccia la privacy dei consumatori con effetti negativi per l’intero settore dei call center e per le aziende committenti. Ma bisogna ripartire di qui per rifondare il sistema e tutelare la parte sana di esso. Come? Con la riforma del registro delle opposizioni, che va allargato a tutte le numerazioni non presenti in elenco, per rifondare in maniera olistica un intero mercato, quello del teleselling ‘sano’, e ridare fiato ad un intero settore, quello dei call center, che sta vivendo una crisi nera che impone nuove regole e paletti per salvaguardare migliaia di posti di lavoro a rischio. Il Parlamento vuole fare la sua parte, con una serie di iniziative trasversali (Pd, M5S, Cor, Sel) con una revisione completa della normativa a tutela dei consumatori, degli operatori dei call center, delle aziende e della committenza.

Hanno partecipato Antonello Soro, Garante della Privacy; Alessandro Luciano, Presidente Fondazione Ugo Bordoni; Massimiliano Dona, Segretario Generale, Unione Nazionale Consumatori (UNC); Ilaria Bonuccelli, giornalista del Tirreno promotrice della petizione su Change.org; Moreno Morello, inviato di Striscia la Notizia; Nicola Aufiero, Consigliere ASSIRM; Maria Enrica Danese, Resp. Regolamentazione Retail, TIM; Diego Pisa, CEO Teleperformance Italy Group; Paolo Sarzana, Vice Presidente, Assocontact; Fabrizio Vigo, Amministratore delegato, Consodata; Vito Antonio Vitale, Segretario generale, FISTel Cisl; Fabio Gozzo, Segretario Nazionale UILCOM-UIL; Marina Mirabella, Partner, Legalia; Alberto Contri, Presidente Pubblicità Progresso; Anna Cinzia Bonfrisco, Senatrice, Capogruppo COR; Gianluca Castaldi, Senatore, M5S; Stefania Pezzopane, Senatrice, PD; Stefano Quaranta, parlamentare, SEL; Raffaele Ranucci, Senatore, Relatore, PD.

 

L’allarme del Garante Privacy

Le telefonate ‘moleste’ hanno indotto gli utenti a presentare negli ultimi cinque anni 25mila segnalazioni al Garante della privacy, che ha elevato oltre 6mila contestazioni per un valore di più di 7 milioni di euro. Questi i numeri sciorinati da Antonello Soro, presidente dell’Autorità garante dei dati personali. Le segnalazioni riguardano il fatto di ricevere chiamate, sia sul telefono fisso che su quello mobile, moleste per frequenza e orari o effettuate malgrado l’esplicito diniego al consenso a riceverne. I consumatori denunciano anche la difficoltà ad iscriversi al registro delle opposizioni e pratiche scorrette per l’acquisizione del consenso (vai all’articolo completo).

Le iniziative in Parlamento sul Telemarketing

 

La battaglia in Parlamento per regolare il telemarketing e limitare l’aggressività crescente di alcuni operatori è partita con una serie di emendamenti al Ddl Concorrenza ed è proseguita con il Ddl Bonfrisco, già incardinato, dopo lo slittamento della discussione del Ddl Concorrenza (sparito dal calendario parlamentare) dopo il referendum del 4 dicembre. “Abbiamo lavorato con altre forze politiche al Ddl Concorrenza in X Commissione – ha detto il Senatore Gianluca Castaldi del M5S – con alcuni emendamenti che prevedono la possibilità di chiedere il recesso via mail, l’annullamento degli abbonamenti a servizi senza consenso e l’obbligo per gli operatori di dichiarare all’esordio della chiamata l’azienda committente. L’obiettivo è anche quello di favorire le aziende che seguono le regole”.

Il Ddl Bonfrisco (Cor) prevede l’ampliamento del registro delle opposizioni a tutte le numerazioni fuori elenco, ed è sostenuto dal M5S, da Sel ma anche dal Pd, con il Senatore del Pd Raffaele Ranucci, relatore della proposta di legge Bonfrisco, che ieri ha promesso: “Faremo la legge”. “Ho chiesto in Commissione di audire tutti gli stakeholder – ha detto Ranucci – le audizioni cominceranno al più presto, ma non chiedeteci di fare troppo in fretta, il provvedimento è delicato. Mi auguro di arrivare ad una condivisione della proposta di legge della collega Bonfrisco al più presto, c’è la massima apertura della commissione per risolvere il problema”.

Spinge invece sull’acceleratore Stefano Quaranta, parlamentare di SEL che a sua volta ha avanzato una proposta di legge per ampliare il registro delle opposizioni. “Siamo in ritardo, questa è una legge che deve uscire rapidamente dal Parlamento – ha detto Quaranta – La politica ragiona per priorità per me questa è un’emergenza perché il telemarketing selvaggio colpisce soprattutto persone sole e anziani in un quadro di regole che non è efficace. Ma una legge non basta, è necessario investire sulla qualità dei call center”.  

Dal canto suo, la Senatrice Stefania Pezzopane ha presentato un Ddl organico, con al centro la riforma delle norme oggi “disordinate” su call center e i contact center. “La legislazione esistente è disomogenea e disordinata – dice Pezzopane – e l’avvento del Jobs Act ha creato rischi ulteriori, perché con le decontribuzioni si interviene proprio sulle risorse umane. Inoltre, la pratica diffusa delle gare al massimo ribasso sono un problema che danneggia i call center qualificati. E’ necessario quindi intervenire, per garantire i pieni diritti dei consumatori e degli addetti con un osservatorio nazionale permanente dei call center e un intervento, per quanto blando, sul registro delle opposizioni”.

Chiude il workshop la Senatrice Anna Cinzia Bonfrisco, Capogruppo di COR, la cui proposta di legge di revisione del registro pubblico delle opposizioni è già incardinata: “Il telemarketing è un tema caldo per i cittadini – dice Bonfrisco – lo dimostra la petizione su Change.org, che ha raccolto più di 110mila adesioni, vorrei farne un Ddl di iniziativa popolare. Gli emendamenti per modificare il registro sono presenti nel Ddl Concorrenza, che però è stato mandato in tribuna ma dobbiamo riuscire a tenere insieme tutti gli stakeholder per accelerare una riforma fortemenete voluta dalla gente”.

Il registro delle opposizioni

 

L’allargamento del registro delle opposizioni a tutte le numerazioni non presenti in elenco, soprattutto a quelle mobili, è una delle priorità per combattere le telefonate commerciali moleste. Il registro, gestito dalla Fondazione Ugo Bordoni (FUB), va quindi allargato agli smartphone anche perché “sono i consumatori che lo chiedono – dice il Presidente Alessandro Luciano – e quando ciò avverrà sarà un beneficio per loro e pure per i call center. I consumatori chiedono inoltre di poter annullare tutte le autorizzazioni concesse”. Ma per ora ciò non è possibile.

Oggi, sono 1,5 milioni le numerazioni (fisse) iscritte al registro delle opposizioni, pari al 10% dei 113 milioni di numeri fissi e mobili presenti nel nostro paese.

Dalla nascita nel 2011, la FUB ha gestito oltre 6 milioni di segnalazioni e controllato 3 miliardi di numeri. Ma serve di più.

Il punto di vista dei consumatori

Lungo il ‘cahier des dolenaces’ dei consumatori, vessati da chiamate continue a tutte le ore da operatori di call center sempre più aggressivi. “Telefonate a tutte le ore, in barba ai limiti fissati dal codice etico di autoregolamentazione – dice Massimiliano Dona, Segretario Generale dell’Unione Nazionale Consumatori – alla totale violazione degli obblighi informativi, che imporrebbero all’operatore in apertura di chiamata di dire da quale paese telefona e per conto di chi”. Ci sono poi i paradossi informativi, per cui gli operatori troppo spesso spendono il nome di primarie aziende (ad esempio ENEL ndr) fino alle truffe vere e proprie, come i recall con falsi numeri di fatturazione e falsi indirizzi di fatture.

Che fare?

Dona propone l’inserimento dei cellulari nel registro delle opposizioni, l’iscrizione nel registro delle campagne, la corresponsabilità solidale fra call center e aziende committenti, più vigilanza e accelerazione dell’empowerment dei consumatori.

Un appello rilanciato da Ilaria Bonucelli, giornalista del Tirreno promotrice della petizione contro il “telemarketing selvaggio” su Change.org che ha raccolto più di 110mia firme. “Bisogna allargare il registro delle opposizioni a tutti i numeri, cancellare tutti i consensi, istituire la responsabilità condivisa, tornare all’anno zero – ha detto – anche perché in tutto il mondo, dagli Usa al Messico, all’Argentina dalla Francia alla Germania e persino al Pakistan, il sistema di diniego funziona in maniera semplice e automatica”. Serve inoltre l’obbligo di “registrare le chiamate in fase di trattativa”, aggiunge Bonuccelli, allargando il faro sugli operatori di call center, molti dei quali “costretti” dal “sistema” a truffare coscientemente i consumatori più deboli, soprattutto gli anziani, a causa di salari troppo bassi e legati al numero di contratti stipulati.

Moreno Morello, inviato di Striscia la notizia, ha raccontato delle segnalazioni soverchianti (16 servizi solo l’anno scorso) giunte in redazione su un ambiente “infestato da truffatori”. Secondo Morello, nel 75% dei casi i dati degli utenti finiscono in call center in Albania, un fenomeno fuori controllo che potrebbe essere arginato con controlli quindicinali tramite un semplice software di verifica del numero telefonico da parte dell’operatore di call center. “Se il numero inserito fa parte del registro delle opposizioni non deve essere contattato”, dice Morello, che ha presentato (senza successo) la sua soluzione al Mise più di un anno fa. Vedremo se adesso cambierà qualcosa.

 

Il punto di vista delle imprese: operatori di call center

 

Non minimizza il problema Maria Enrica Danese, Responsabile Regolamentazione Retail di TIM, unica azienda committente a rispondere presente all’invito al confronto e per questo molto apprezzata dall’uditorio. “Il problema c’è e riguarda l’area distributiva – ha detto Danese – E’ un danno reputazionale forte, perché per il soggetto che riceve la telefonata dal contact center il chiamante è TIM. Il rapporto di TIM con i partner è regolato da contratti che prevedono controlli stringenti sulle liste da contattare. Purtroppo, anche dopo che le liste vengono restituite dalla FUB ci sono comunque dei problemi. Chiediamo il consenso anche i clienti prospect (che non sono già clienti TIM) e abbiamo rafforzato i controlli sulle liste con corsi di formazione e sistemi a campione di controllo qualità dei contact center”. Danese concorda sul fatto che il sistema abbia bisogno di correttivi: lungo la filiera si inseriscono diversi soggetti, come i broker, che sono piccoli operatori che lungo la catena del trasferimento delle liste girano i numeri da contattare agli “agent” e ai contact center.

Dal canto suo, Nicola Aufiero, Consigliere ASSIRM (l’associazione che rappresenta le maggior aziende che svolgono indagini telefoniche a scopi demografici fra cui Ipsos e Gfk) tra le altre cose si dice d’accordo con la riforma del registro delle opposizioni e il suo allargamento al mobile “perché il 20% delle famiglie italiane non ha più il fisso a casa”.

Spezza una lancia a favore dei call center che rispettano le regole Diego Pisa, Ceo Teleperformance Italy Group: “Purtroppo in questo momento il mercato rappresenta comportamenti errati come le chiamate mute – dice Pisa – ma c’è un’industria che rispetta le regole ed è penalizzata. Negli ultimi mesi si registra una mancanza di nominativi disponibili. Non basta inasprire le leggi, bisogna togliere dal mercato chi froda”. Per quanto riguarda le black list dei numeri “le aziende le fanno già in autonomia – dice Pisa – le aziende virtuose in autonomia non usano già più i numeri che hanno espresso diniego”.

Tanto più che “il marketing funziona con i consumatori più propensi – dice Fabrizio Vigo, Amministratore delegato di Consodata – per contrastare la concorrenza sleale di alcuni call center, al di là dei codici di autoregolamentazione, sono favorevole all’estensione del registro delle opposizioni ai cellulari e a sanzioni più severe”.

Il settore va tutelato e aggiornato, nella tutela del consumatore ma tenendo conto degli addetti”, dice Paolo Sarzana, Vice Presidente di Assocontact, l’associazione confindustriale rappresenta una sessantina di associati, pari al 70% del mercato, circa 40mila operatori e un fatturato di 2 miliardi. “Ma dobbiamo evitare che gli interventi normativi danneggino la normale attività commerciale – dice Sarzana – I sindacati sanno bene che a più riprese abbiamo chiesto verifiche al ministero del Lavoro su contratti anche del 50% inferiori al dovuto applicati da call center che fanno concorrenza sleale ed illecita, legittimando indebitamente attività di dumping. Per questo apprezziamo la proposta di legge della senatrice del Pd Pezzopane, che prevede l’istituzione di un albo degli operatori”.  

Il punto di vista dei sindacati

 

In un settore dove ci sono le massime competenze tecnologiche non ci dovrebbero essere problemi di controllo e monitoraggio delle liste utilizzate e nemmeno di registrazione delle chiamate degli operatori di call center. “Ma la qualità si paga – dice Vito Antonio Vitale, Segretario Generale Fistel Cisl – e non si ottiene certo con l’utilizzo di soglie economiche minime e subappalti, che alimentano l’attività selvaggia di alcuni call center. Se qualcuno pensa che le aziende Tlc ed energetiche non abbiano le risorse, si sbaglia di grosso. Certo, la responsabilità dell’invasione verso l’utenza è degli operatori, ma come può un operatore con un salario di 600 euro al mese avere la serenità di contattare gli utenti? Bisogna favorire la rotazione nei call center e regolare le delocalizzazioni. Fa bene il ministro Calenda a promuovere le black list”.

Gli fa eco Fabio Gozzo, Segretario nazionale Uilcom Uil: “Bisogna pensare ad una nuova fase di maturità del settore contact center, che nella componente inbound e outbound occupa complessivamente 80mila addetti, il rischio è che si perdano migliaia di posti di lavoro – dice Gozzo – Le leggi sulle delocalizzazioni esistono già, ma sono completamente disapplicate. Bisogna mettere la parola fine agli appalti inbound a costi inferiori al costo del CCNL. I contratti nazionali vanno salvaguardati, perché il dumping ammazza il settore. Nel contempo, bisogna investire in formazione”.

Nuove norme in materia di delocalizzazione sono all’orizzonte con l’entrata in vigore nel 2018 del nuovo regolamento Ue sulla Privacy. “Non sarà più necessario stare in un determinato territorio per essere sottoposto al regolamento – dice Marina Mirabella, Partner Legalia – e inoltre non sarà più lecito presumere il consenso alle chiamate commerciali. Il consenso dovrà essere preventivo e diventerà revocabile in ogni momento. Anche il versante sanzionatorio diventerà più severo, con multe fino al 4% del fatturato globale delle aziende, fino a 20 milioni di euro per chi trasgredisce”.

Dal punto di vista della comunicazione, “il vero problema è che oggi si comunica per cluster e che la modalità di contatto in outbound dei contact center è superata” dice Alberto Contri, Presidente Pubblicità Progresso, secondo cui in quanto ad efficacia sarebbe forse più utile inviare delle lettere “mirate” a casa dei potenziali clienti per invogliarli a fare acquisti. Come a dire, sparare nel mucchio non paga e per questo il telemarketing andrebbe cambiato tout court, passando da un modello di direct marketing ad uno di data marketing, puntando su una maggior profilazione dell’utente con strumenti di sentiment analysis già ben diffusi in rete.

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