Italia
Chi è iscritto nella Centrale d’allarme interbancaria (Cai) della Banca d’Italia può esercitare i diritti in materia di protezione dati personali direttamente anche nei confronti della Banca centrale, oltre che rivolgersi alla banca segnalante e, in caso di risposta insoddisfacente, proporre ricorso al Garante per la protezione dei dati personali
Spetta quindi alla Banca d’Italia, in quanto titolare del trattamento dei dati, il compito di soddisfare le richieste dell’interessato (ad es., avere accesso alle informazioni censite, chiedere il loro aggiornamento, sollecitare la cancellazione se trattate in violazione di legge).
Lo ha precisato il Garante privacy nel definire il ricorso [doc. web n. 2536446] presentato in via d’urgenza da un cittadino iscritto nella Cai – l’archivio informatizzato degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento irregolari – per chiedere la cancellazione del proprio nominativo, sostenendo che l’iscrizione fosse illecita, perché l’assegno segnalato era stato immediatamente sostituito con un altro di pari importo, tratto su un altro conto corrente e regolarmente incassato.
Secondo la Banca d’Italia il ricorso, oltre a non aver ragion d’essere in quanto il nominativo del ricorrente non risultava più iscritto nella Cai, doveva ritenersi inammissibile perché la normativa che regola il funzionamento della Cai assegna alle banche o agli uffici postali, e non alla Banca d’Italia, il compito di aggiornare l’archivio.
Di diverso avviso l’Autorità che ha invece ritenuto ammissibile il ricorso nei confronti della Banca d’Italia in base alla legge n. 386 del 1990 in materia di assegni bancari che attribuisce esplicitamente alla stessa la qualità di titolare del trattamento dei dati.