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Vivendi e la campagna d’Italie: i veri obiettivi di Bollorè, ancora un mistero

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Le cose sembravano girare bene per Vivendi, ma l'arrivo di Niel nel mobile e di Enel nell'ultrabroadband ha scombinato i piani di Monsieur Bollorè.

Nelle ultime settimane, il settore italiano dei media e delle telecomunicazioni ha subito nuovi scossoni, gli ultimi di una lunga, imprevedibile serie che ha preso il via, potremmo dire, dall’arrivo di Vivendi in Telecom Italia. Quando Vincent Bollorè ereditò la quota di Telefonica in Telecom certo non poteva prevedere, pur con la sua grande esperienza nel mondo degli affari e della finanza, il terremoto che di li a poco avrebbe interessato le tlc italiane.

Dall’iniziale quota dell’8,3% passatagli da Telefonica, Bollorè arriva in poco tempo all’attuale 24,7% di Telecom Italia, investendo circa 3 miliardi di euro. Il finanziere transalpino comincia quindi a posizionare le sue pedine nella plancia di comando: piazza quattro suoi fedelissimi nel consiglio (compreso l’ad di Vivendi Arnaud de Puyfontaine, poi diventato vicepresidente Telecom), manda all’aria il piano di conversione delle azioni e mette alla porta l’ad Marco Patuano per sostituirlo col più ‘allineato’ Flavio Cattaneo. Questi avvia un piano di contenimento dei costi da 1,6 miliardi di euro, promettendo però che non un centesimo sarà sottratto agli investimenti.

Le cose, insomma, sembrano girare bene. La campagna d’Italia, per Bollorè, ben avvezzo alle contorte dinamiche del capitalismo nostrano, sembra una passeggiata.

Arriva però proprio dal connazionale Xavier Niel il primo grattacapo: il patron del gruppo tlc Iliad – che già aveva scombussolato il mercato mobile francese con l’operatore low cost Free – agendo a titolo personale e non attraverso la sua società – acquisisce una quota potenziale del 15,4% in Telecom Italia. Cominciano le supposizioni sulla possibilità che dietro questo doppio assalto francese possa esserci un disegno più ampio che potrebbe arrivare a  coinvolgere il governo transalpino attraverso uno scambio tra i due imprenditori e Orange (la ex France Telecom).
Voci, illazioni, ricostruzioni di potenziali strategie in questo senso si susseguono, facendo innervosire non poco il management di Telecom, che invita le parti interessate a non rilasciare dichiarazioni a caso, che inevitabilmente si ripercuotono sul titolo Telecom.

Titolo che solo nell’ultimo anno ha perso oltre il 36% del suo valore.

Anche l’accordo con Fastweb per cablare 29 città con tecnologia FTTH appare una mossa difensiva di fronte a quella che è stata un’altra delle incognite che Bollorè non poteva prevedere al momento del suo arrivo in Italia: la discesa in campo di Enel nel mercato della fibra ottica. Una ‘invasione di campo’ promossa dal Governo (Enel ha presentato il suo piano di investimenti da 2,5 miliardi a Palazzo Chigi alla presenza premier Renzi) e che ha costretto l’ex monopolista al contrattacco, visto che attorno a Enel Open Fiber – la società creata da Enel per gli investimenti nella fibra – si sono raccolti, oltre alla neo-acquisita Metroweb, anche Vodafone, Wind, Tiscali e altre aziende, pronte a  convogliare sulla nuova rete i loro clienti.

Questo sul versante del fisso. Su quello mobile sembrava che le cose potessero volgere al meglio, con la fusione di Wind e 3 pronta a togliere di mezzo un competitor e a dare un po’ di respiro a margini ridotti al lumicino da una lunga guerra delle tariffe.
Ma la Ue si è messa di mezzo: Bruxelles difficilmente avrebbe approvato l’operazione, non vedendo di buon occhio la riduzione del numero di operatori attivi sui mercati nazionali per le conseguenze che tale riduzione avrebbe sui prezzi praticati ai consumatori (motivazione con cui ha bocciato il merger 3Uk-O2). Ecco allora rispuntare Xavier Niel, che si offre di acquisire gli asset di cui Wind e 3 dovranno disfarsi per avere il via libera della Commissione europea e di creare un quarto operatore mobile che mantenga invariato il livello di concorrenza sul mercato. Addio, quindi, ai sogni di gloria, tanto più che pare che Niel abbia avviato trattative per un’allenza con Enel volta a estendere la sua offerta anche alla rete fissa.
L’arrivo sul mercato mobile di Niel, che contestualmente annuncia lo mantellamento della quota potenziale in Telecom Italia, provoca un ulteriore tonfo del titolo.

Uno tsunami, quello che si preannuncia con l’arrivo del quarto operatore mobile, che non investirà certo solo Telecom: secondo Goldman Sachs, i ricavi dei servizi mobili sul mercato italiano subiranno un calo del 6-12% nel giro dei prossimi 4 anni e Telecom potrebbe subire un calo dell’Ebitda del 3,8% secondo i calcoli di Bloomberg.

Nessuno, certo, poteva prevedere tutto questo sconvolgimento fino a pochi mesi fa e, come se non bastasse il caos nel mercato tlc, Vivendi ha pensato bene di fare anche dietrofront sull’acquisizione di Mediaset Premium avviata ad aprile con una manovra, del tutto inattesa e ostile.

Qual’è, a questo punto il vero disegno di Bollorè e in che modo proseguirà il progetto di fare dell’Italia un avamposto nel Sud Europa?
In occasione delll’approvazione dei risultati di Telecom Italia, l’ad di Vivendi, De Puyfontaine, ha ribadito che la società è soddisfatta dell’investimento nella compagnia telefonica. Ma viene da desiderare di potere leggere anche per un solo momento nei pensieri dell’implacabile finanziere bretone  per capire se davvero non si è ancora pentito di aver lanciato la campagna di conquista delle tlc italiane, dopo – tra l’altro – aver ceduto tutti gli altri asset che Vivendi controllava nel settore, da SFR in Francia a GVT in Brasile.

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