A leggere i giornali sembra che i fondi messi a disposizione dal Governo per la copertura in banda ultralarga delle aree depresse, siano “soldi facili”.
E invece no.
Non è così facile “acciuffarli”. Nelle pieghe del bando si nascondono i requisiti essenziali per portare la fibra ottica nelle aree più remote del Paese.
E sono pochi gli operatori che potranno cogliere il grappolo d’uva maturo che pende dal ramo del giardino di Infratel. La maggior parte di essi, anzi i favoriti tra essi devono comunque studiare bene le strategie migliori per presentarsi il prossimo 18 luglio alla porta di Infratel, senza correre il rischio che si apra quella dell’Antitrust.
A tal proposito stupisce che gli estremi per la partecipazione alla gara fissati dal Punto 9 del bando non appaiano cuciti su misura del grande favorito dal Governo. Sembrerebbe infatti che l’operatore beneficiario degli aiuti di Stato dovrà avere una serie di requisiti tecnico-economici che mal si adattano alla neo costituita Enel Open Fiber, che per ovvie ragioni non può vantare uno storico di bilanci quinquennali e nemmeno può avere un track record di cessione e manutenzione di infrastrutture ottiche.
Proviamo allora a vedere come e con chi EoF potrebbe associarsi.
Naturalmente il primo nome che ci viene in mente è Metroweb. Ma è un nome troppo scontato visto che è ormai di dominio pubblico che – solamente pochi giorni fa – è stata avanzata e accettata un’offerta di acquisto per assumerne il controllo. Del resto sarebbe quantomeno curioso che il Governo distribuisca aiuti di Stato ad un’associazione temporanea di imprese dove a far da capofila c’è una società in vendita, partecipata da Cassa Depositi e Prestiti a fare da traino ad una neonata società di telecomunicazioni, a sua volta controllata da una multinazionale dell’Energia che potrebbe avere criticità dal punto di vista dei sussidi incrociati tali da far sollevare il sopracciglio a tre Autorità di settore contemporaneamente: all’Autorità dell’Energia che ha indetto una consultazione pubblica, e alle più blasonate AGCOM e AGCM che nel frattempo hanno mandato un parere segreto (perché non pubblicato) al Premier dove si dà un via libera condizionato all’operazione. Troppo complicato, non può essere così.
Allora con chi altri potrebbe unirsi Enel Open Fiber?
Qualcuno ricorda l’accordo con Vodafone e Wind. Loro sì, avrebbero entrambe i requisiti tecnici ed economici per partecipare al bando. Il problema è che essendo società attive nel mercato retail, si imporrebbero troppe limitazioni perché per poter accedere vantaggiosamente ai bandi si deve operare solo nel mercato all’ingrosso. E pure in tal caso, il vincitore dovrà predisporre un sistema complesso di contabilità dei costi sostenuti per la realizzazione delle opere al fine di poter controllare i prezzi evidenziando – se ce ne sono – eventuali extraprofitti. Tutti termini molto conosciuti agli operatori mobili che però in Italia non hanno avuto mai l’obbligo di formulare un’offerta di interconnessione regolamentata come ad esempio quella che Telecom Italia presenta ad AGCOM ogni anno per l’accesso alla sua rete fissa. Anche questa strada, dunque, resta poco percorribile.
Resta aperta un’altra ipotesi – direi residuale – che è quella di avvalersi dell’istituto dell’avvalimento dove in pratica c’è un’impresa detta ausiliaria che presta i requisiti a quella concessionaria. I dubbi espressi sopra rimangono anche in questo caso. Quale sarà l’impresa ausiliaria? Sarà Metroweb? Sarà Vodafone?
C’è già chi ha fatto l’ipotesi di imprese più piccole ma con buone expertise, in base a posizionamenti condivisi di medesimi consiglieri di amministrazione. Ma luglio è alle porte e dobbiamo mettere da parte le piccole curiosità per concentrarci sulle ipotesi più concrete, per il bene del Paese.