La lezione

eJournalism, ecco come fare i giornalisti al tempo del web

di Redazione Lsdi.it |

Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, agli studenti dell’Università di Padova: ‘Serve la professionalità che faccia la distinzione. Se vorrete fare i giornalisti sarà lì che dovrete distinguervi’.

Chi entra in un giornale deve saper fare tante cose, deve saper fare il giornalista: cercare, trovare le notizie, selezionare, costruirsi rapporti con le fonti, sapere dove cercare ma anche produrre video, saper stare sui social, saper fare interazione con i lettori, collegare e costruire ipertesti. Come acquisite le nuove competenze necessarie per essere un buon giornalista del presente? Serve un mix di studio ed esperienza sul campo.

Il lavoro del giornalista è cambiato e sta ancora cambiando molto. Questa una delle tesi principali esposte dal direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana agli alunni del corso di “linguaggio giornalistico” dell’anno accademico 2015-2016 del dipartimento di Comunicazione dell’Università di Padova tenuto dal professor Raffaele Fiengo, durante l’incontro-lezione tenutosi alla fine del corso con il direttore del Corsera intitolato “come cambia il lavoro giornalistico”, cui hanno partecipato anche Vincenzo Milanesi, direttore del dipartimento di filosofia, sociologia, pedagogia e psicologia applicata (FISSPA) e Renato Stella (presidente del corso di laurea in Comunicazione).

Serve passione e determinazione, – ha detto agli studenti Fontana – non fatevi smontare, una buona formazione e cocciutaggine servono sempre per provarci e non farsi abbattere.

Conoscete questo aneddoto di David Foster Wallace: << in un fiume ci sono due pesci molto giovani che incrociano un pesce vecchio e il vecchio chiede loro, come è l’acqua oggi? I pesci giovani non rispondono e proseguono per la loro strada. Dopo un po’ uno dei due chiede all’altro, ma che diavolo è l’acqua? >>

Io credo che questo sia il punto su cui ragionare. Conosciamo il contesto attuale in cui ci muoviamo nel mondo dell’informazione? Quali sono le caratteristiche? Quali i nostri pubblici? Quali i prodotti?

Si dice che scompariranno i giornali di carta. Io non la penso così anche se è vero che molti lettori si stanno spostando dalla carta al digitale. Ma la carta continuerà ad avere un suo pubblico molto più accuratamente selezionato. Secondo gli ultimi rilevamenti del corriere attualmente solo il 20 per cento dei lettori leggono sia carta sia digitale.

Non c’è mai stato un momento in tutta la storia del mio giornale ma credo in generale di tutti i giornali in cui le inchieste, gli articoli di approfondimento siano mai stati così letti (mettendo insieme tutto il sistema integrato carta e web) come quello attuale.

Il sistema Corriere tradotto in numeri significa: 2 mln e 300 lettori del giornale cartaceo, 2 mln e 800 mila utenti unici sul web, quasi 100 mila abbonati sulla versione tablet e quasi 30 mila abbonati nella versione paywall del sito.

Stiamo passando da una società dell’informazione a quella della conversazione.

Un modo per ottenere notizie ora è questo, ci relazioniamo dentro la nostra bolla con persone che hanno i nostri stessi interessi.

La bolla e le notizie che ci girano non è buon giornalismo. Si tratta di notizie spesso false spesso parziali inaccurate e irrilevanti o che arrivano per sentito dire e così accade per le opinioni che arrivano spesso ad essere espresse con il timbro della faziosità, dell’urlo e dell’insulto. Siamo ubriachi di libertà di opinione siamo all’eccesso che rompe ogni regola del dialogo del confronto. In un consesso pubblico queste cose difficilmente succedono, sul web i miei stessi editoriali vengono spesso commentati urlando, riempiendo la bacheca di insulti e frasi fuori contesto.

Tutto questo è un problema e in larga parte non è giornalismo.

Serve la professionalità che faccia la distinzione. Se vorrete fare i giornalisti sarà lì che dovrete distinguervi, il giornalismo professionale deve sempre di più selezionare l’agenda per i lettori che non hanno tempo per fare il nostro lavoro.

La professione giornalistica oggi si basa, a mio avviso su 4 punti centrali:

1) La selezione è il primo lavoro rilevante dei giornalisti di oggi: queste sono le cose importanti che il lettore deve sapere.

2) La serietà, l’accuratezza, la verifica e l’oggettività del proprio lavoro: studio, formazione e professionalità.

3) L’equilibrio, la libertà e l’indipendenza nel commento: distinguere dagli urli e dalla faziosità. 

4) Essere originali. Non seguire l’opinione comune. Dare una chiave di lettura diversa, fornire punti di vista alternativi al proprio lettore.

 

Il lavoro che stiamo facendo in questi mesi al Corriere è racchiuso in tre punti;

1) Esaltare la qualità e la distintività del proprio lavoro.

2) Stare con i nostri prodotti là dove i lettori ci vogliono leggere in qualsiasi ora e device e cercare di starci con la stessa autorevolezza e qualità che abbiamo sempre avuto sulla carta stampata.

3) Dare un giusto prezzo all’informazione di qualità altrimenti non ci sarà futuro per nessuno nel mondo del giornalismo

Il primo esperimento noi l’abbiamo fatto con un prodotto di carta: “La Lettura“, il  settimanale di cultura ex prodotto gratuito settimanale che abbiamo fatto diventare a pagamento.  L’azienda mi aveva chiesto di chiuderlo e io ho provato a cambiarlo leggermente e poi l’ho messo a pagamento e venduto separatamente. Ero convinto che tale prodotto avesse un suo pubblico ben definito. E’ stato un successo clamoroso, le previsioni aziendali erano di 20 mila copie vendute e invece ne vendiamo 100 mila copie. La pubblicità è quadruplicata. Costa poco, 50 centesimi, e vende e guadagna bene. So che anche Repubblica sta per fare un tentativo di settimanale culturale. 

In seguito abbiamo realizzato una nuova versione dell‘ipad edition arricchita di prodotti come la rassegna stampa del mattino, una selezione dell’agenda del giorno fatta dai nostri giornalisti, alcuni aggiornamenti durante la giornata e con l’aggiornamento dell’edizione di carta sull’ipad, abbiamo, per così dire, animato la carta. L’esperimento è stato molto apprezzato dai nostri lettori.

La vera trasformazione, al Corriere, è avvenuta fra fine 2015 e l’inizio di questo anno con la creazione della redazione integrata in tutti i settori e l’arrivo del paywall.

I contenuti prodotti devono poter essere pubblicati in ogni forma e strumento e piattaforma.

In ogni redazione i responsabili sui turni di lavoro decidono cosa pubblicare e cosa fare su carta e digitale e dove pubblicarli in base ai diversi lettori, ai diversi pubblici da raggiungere e alle diverse piattaforme in cui usciranno.

Ci sono stati dei cambiamenti profondi anche nella mentalità dei giornalisti, non si lavora più per il giornale del giorno dopo, ma per tanti diversi giornali nel corso della stessa giornata. Un cambiamento culturale difficilissimo per i giornalisti e che non si è ancora concluso.

Ci sono stati cambiamenti anche nell’orario di lavoro dei giornalisti.  Si viene al lavoro al mattino, anche molto presto.  Chi prepara i primi prodotti per la rassegna stampa e la newsletter è al lavoro già dalle 5 del mattino.

Cambiano le competenze e quindi stiamo aggiornando la nostra formazione per riuscire a fare le cose diverse che la gestione dei prodotti sul web e sulle diverse piattaforme ci ha costretto a fare. Anche questo processo non è concluso.

E’ cambiato lo stile del lavoro. Da uno stile solitario siamo passati ad un lavoro in team con forte contaminazione sugli argomenti e sui processi produttivi. Stare assieme per completare nell’arco della giornata il lavoro dell’altro. Uno stile di lavoro molto diffuso nei giornali anglosassoni, molto meno alle nostre latitudini.

Ci sono ora una miriade di prodotti che vengono fatti e distribuiti nel corso della giornata sui diversi device e piattaforme a secondo del pubblico diverso che vogliamo raggiungere.

Si inizia al mattino alle 6 con la newsletter, anzi si comincia alla mezzanotte con  la ipad edition,  poi c’è la rassegna stampa,  poi comincia il lavoro sul sito, poi c’è la newsletter di economia dedicata solo alle aziende abbonate.  Tutto questo con un team che segue i social e quello che avviene sui social.

Il traffico del sito del corriere proviene per più della metà dai motori di ricerca e dai social. C’è uno strumento che ci permette di monitorare in tempo reale il traffico sul sito e le provenienze del traffico sul nostro sito. Si aggiorna in tempo reale e ti fa anche vedere il consumo e il gradimento dei singoli pezzi.

I giornali sono diventati dei centri di produzione.

Le notizie sono sempre una parte importante ma ci sono molte altre cose che hanno ugualmente importanza. Sono molte le community online che seguiamo e alimentiamo.

L’altro giorno abbiamo fatto la festa per celebrare i 5 anni della “27esima ora“, un blog nato per parlare di temi specifici, che nel corso di pochissimo tempo  è diventato un centro di produzione e di aggregazione dei contenuti più vari e il motore della produzione di  appuntamenti importantissimi. Attorno al blog si è costruita in brevissimo tempo una vastissima community con cui e per cui produciamo: libri, incontri, eventi pubblici, persino sceneggiati televisivi. Una community nata dal Corriere ma che poi si è evoluta.

Fare il giornalista non è più mettersi al computer alla propria scrivania e scrivere un pezzo.

Il grosso debito della Rcs non sta in capo al Corriere della Sera e alla Gazzetta dello Sport, anzi nel corso della storia del gruppo i due quotidiani hanno sempre prodotto un utile, anche ora, 70 milioni di utili, mentre il resto del gruppo brucia capitali. Mi piacerebbe molto stare in un gruppo con solo i due quotidiani. Attualmente il Corriere è una public company nel senso che il primo azionista, il più rilevante è al 7%, nel momento in cui arriveranno le azioni Fiat sul mercato, oltre il 60 per cento dell’azionariato sarà sul mercato a disposizione di chi vorrà e potrà acquistarlo.

Sarà forse per questo – permetteteci di aggiungere, interrompendo per un secondo il flusso dei contenuti estrapolati dall’incontro/lezione con il direttore Fontana – che Urbano Cairo ha lanciato la scalata al gruppo?

Non avere un editore di riferimento è difficile, – ha proseguito Luciano Fontana –  la situazione è però positiva per quello che riguarda l’indipendenza del giornale.

Il Corriere è stato sempre individuato come il giornale dei poteri forti, ora direi che i poteri forti sono emigrati in altre parti, vedi la fusione Stampa – gruppo Espresso e l’entrata di Fiat nell’azionariato del gruppo De Benedetti.

Sulla pay edition siamo quasi a trentamila abbonati e dopo il mese promozionale a 0,99 in cui i numeri naturalmente erano molto più alti ma viziati dalla promozione, ora mi sembra che, con i prezzi ufficiali, la nostra audience si stia stabilizzando e che stiamo andando verso risultati interessanti.

L’obiettivo è ancora lontano, ma siamo sulla buona strada, una strada che ci permette di tornare ad essere sempre di più al servizio dei nostri lettori. Avremmo preferito fare questa scelta non da soli, in questo specifico momento assieme a Repubblica, così non è stato, ma siamo comunque contenti di aver fatto questa scelta. Restare gratuiti per fare traffico e massimizzare la pubblicità significa andare incontro ad un mercato che ti aggredisce e ti costringe a fare cose che non dovresti fare come giornale, per assecondare i tuoi investitori e in questo modo si svilisce il marchio. Corri il rischio di avere una forte dicotomia fra carta e sito, mentre invece bisogna andare verso un prodotto integrato.

Se vuoi massimizzare il traffico non basta la qualità purtroppo. Mentre vi sto parlando il pezzo più letto sul nostro sito è quello dedicato all’isola dei famosi in cui si parla di nudi integrali (quasi 2mln di visualizzazioni). E’ così, inutile nascondere la testa sotto la sabbia.

L’analisi del traffico sui siti riporta una scarsa profondità di lettura da parte dell’utenza. L’80 per cento degli utenti del sito del Corriere non legge più di 20 articoli al mese. Quindi bisogna lavorare su un pubblico molto poco fedele e molto poco interessato, volatile e volubile. Manca la fidelizzazione, e manca anche un modo per monetizzare questo tipo di pubblico.

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