Chi la spunterà in mezzo alla quarantina di pretendenti di Yahoo?
Le candidature dovranno arrivare entro stasera sul tavolo, ma finora, stando almeno a quanto appreso dal Wall Street Journal, solo Verizon e i fondi di private equity Bain Capital, Advent International e TPG sarebbero pronte a presentare un’offerta preliminare per mettere le mani su quella che negli anni ’90 era la più potente web company del mondo. Si sarebbero ritirate dalla corsa altri big come Google, Time, Comcast, AT&T e IAC/InterActiveCorp mentre restano incerte le intenzioni del gruppo inglese Daily Mail & General Trust.
Verizon è quindi il candidato più accreditato ad acquisire Yahoo, potendone fondere le attività web (email, siti di news, motore di ricerca, pubblicità) con quelle di AOL. E’ da dire, tuttavia, che non tutti sono convinti che questa via percorribile, dato che Verizon è ancora alle prese con l’assorbimento di AOL, acquisita nel maggio dello scorso anno per 4,4 miliardi di dollari
Verizon, potrebbe quindi installare i servizi Yahoo sugli smartphone dei suoi 112 milioni di clienti mobili e permettere così a Yahoo di recuperare quella ‘rivoluzione mobile’ più volte annunciata ma mai realmente agganciata.
Sulla graticola, ovviamente, il Ceo Marissa Mayer, chiamata a tentare di raddrizzare l’azienda quando già a un passo da baratro e ora accusata di varie cose: non essere stata troppo audace a livelli internazionale; non aver saputo scegliere le sue battaglie; essere stata arrogante coi dipendenti. Insomma, forse ci si aspettava troppo e per questo, nonostante qualche buon risultato lo abbia ottenuto, la Mayer – accolta come la salvatrice della patria – non è riuscita a invertire la rotta.
Se, infatti, negli anni ’90 Yahoo era la prima porta d’accesso a Internet – da cui consultare la posta, dare un’occhiata al meteo e fare delle ricerche – l’arrivo di Google e Facebook si è dimostrato fatale.
Yahoo ha continuato ad investire, a fare piccole acquisizioni e continua ad attirare 1 miliardo di utenti al mese. Ma pur continuando a fare tutto, non è più leader in niente e i ricavi pubblicitari sono una briciola rispetto a quelli degli avversari.
Il grosso della sua capitalizzazione da 34 miliardi è legato strettamente agli asset asiatici: la quota del 15% in Alibaba – il principale portale di eCommerce cinese – è valutata intorno a 30 miliardi e la quota del 35% in Yahoo Japan. Quota, quest’ultima, che Verizon, tra l’altro, sarebbe interessato anche a rilevare, portando nelle casse degli azionisti circa 8,5 miliardi di dollari.
La società – che lo scorso anno ha chiuso i bilanci con un fatturato di 4 miliardi e un tile di circa 1 miliardo- prevede per quest’anno ricavi per 3,5 miliardi, in calo del 14% sul 2015, e un Ebitda di 750 milioni, in calo del 21%. Se, quindi, per calcolare il valore del gruppo si usasse il consueto parametro di un montante equivalente a 5 volte l’Ebitda, Yahoo sarebbe venduto a non più di 6 miliardi di dollari.
E pensare che, nel 2008, Microsoft aveva messo sul piatto la cifra record di 44 miliardi di dollari per portare a casa Yahoo. Offerta rimandata al mittente perché ritenuta inadeguata rispetto al reale valore della società. Un’altra offerta da Redmond non arriverà di sicuro, anche se pare che Microsoft abbia intenzione di dare il suo sostegno finanziario a qualche potenziale acquirente, dati i diversi interessi comuni col gruppo di Sunnyvale nei settori della ricerca e della pubblicità.