Telecom Italia: scorporo congelato. Al momento non ci sono le condizioni

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Ribadita la volontà di chiedere al governo la convocazione di un incontro con Telefonica ‘per avere precise garanzie sulle prospettive concernenti gli investimenti, necessari ad ammodernare il Paese, al rilancio e allo sviluppo dell’azienda’.

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Non sussistono, a oggi, le condizioni per portare avanti il progetto di scorporo della rete Telecom Italia. Lo ha ribadito l’ad della società telefonica, Marco Patuano, nel corso di un incontro coi sindacati durante il quale il manager ha confermato gli impegni assunti a marzo che escludono la vendita e l’esternalizzazione delle attività core.

Entro un mese – quindi in tempo per il prossimo cda del 7 novembre –  l’azienda si è impegnata a predisporre un piano industriale-finanziario, che dovrà stabilire il futuro del gruppo “con particolare riferimento alle partecipazioni in Brasile e Argentina e alla struttura societaria aziendale, che potrebbe essere sottoposta a processi di societarizzazione unicamente per far emergere valore all’azienda”, fanno sapere  Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil in una nota congiunta.

Quanto allo scorporo della rete, tuttavia, l’azienda ha riferito che gli atteggiamenti tenuti dalle autorità competenti e dal Governo hanno congelato il progetto “che potrà avvenire solo alle condizioni poste da Telecom, condizioni che a oggi non sussistono”, riferiscono le organizzazioni sindacali.

Nei giorni scorsi, comunque, anche il viceministro allo Sviluppo economico con delega alle tlc, Antonio Catricalà, aveva sottolineato che per concludere lo spin-off ci vorrebbero non meno di due anni.

 

L’azienda ha quindi ribadito la volontà di chiedere al governo la convocazione di un incontro con Telefonica “… per avere precise garanzie sulle prospettive concernenti gli investimenti, necessari ad ammodernare il sistema Paese, al rilancio e allo sviluppo di Telecom Italia e non ultimo in termini d’importanza le garanzie occupazionali”.

 

Patuano, dal canto suo, ha fatto appello ai 50 mila dipendenti: “serve il contributo di tutti – ha affermato – per realizzare il grande progetto dell’azienda”.

 

Un progetto che sicuro non potrà non tenere conto dell’impellente necessità

 

Le rassicurazioni giunte dall’azienda non scongiurano comunque la minaccia dello sciopero del personale, che sarà indetto, spiegano i sindacati, “…se, in sede di definizione del piano industriale, non saranno date risposte certe in merito alle preoccupazioni espresse dai lavoratori e non s’individuassero adeguati investimenti, necessari a garantire l’ammodernamento del sistema Paese, a causa della mancata ricapitalizzazione dell’azienda”.

 

 

Sul piano politico, intanto, il Governo sta accelerando sulla Golden Power con un decreto, firmato venerdì dal premier Enrico Letta e trasmesso alle Camere (Leggi articolo Key4biz).

 

Il provvedimento, che si compone di un articolo, ricomprende nell’ambito delle attività di rilevanza strategica le reti e gli impianti utilizzati per la fornitura dell’accesso agli utenti finali dei servizi rientranti negli obbliglù del servizio universale e dei servizi a banda larga e ultra larga.

Nel merito – si legge nella relazione illustrativa del decreto – “la scelta di integrare nel senso proposto l’ambito delle attività di rilevanza strategica appare coerente con l’obiettivo della normativa primaria, che è quello di salvaguardare l’integrità e la proprietà nazionale dei sistemi tecnologici essenziali alla difesa e alla sicurezza nazionale”.

 

Su tutto pesa però l’incertezza derivante dai presunti paletti imposti da Telefonica: secondo un documento ‘segreto’ di 43 pagine – i cui contenuti sono stati anticipati da Il Messaggero – gli accordi siglati lo scorso 24 settembre dalla società iberica e dai soci italiani di Telco (Mediobanca, Generali e Intesa Sanpaolo) potrebbero saltare, dando a Telefonica il diritto di non procedere al secondo aumento di capitale, se “qualunque autorità competente” imponesse restrizioni, limitazioni o altri provvedimenti”, quali, appunto, quello sulla Golden Power o anche l’imposizione – da parte del regolatore – di obblighi di investimenti per ampliare la copertura della banda larga.

 

Quanto alla vendita dell’ asset brasiliano, gli analisti guardano a Oi che, dopo la fusione con Portugal Telecom potrebbe essere il candidato ideale. Anche in questo caso, su ogni decisione sarà da considerare il parere delle autorità antitrust già molto attente al nuovo ‘peso’ del gruppo iberico in seno all’azionariato Telco. (A.T.)

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