L'analisi

ilprincipenudo. Consultazione Rai: editoria, musica e sociale assenti all’appello?

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

La consultazione per il rinnovo della convenzione tra Stato e Rai scalda i motori ma non è chiaro quale sarà il ruolo di importanti settori come l’editoria, la musica, il teatro e il terzo settore.

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Come è ormai noto (soprattutto ai lettori di “Key4biz”, perché la ricaduta stampa dell’annunciata iniziativa è ad oggi quasi del tutto inesistente), martedì 12 aprile 2016 si terrà nella Capitale una giornata di riflessione e confronto sulla “convenzione” tra Stato e Rai in gestazione: l’evento si terrà all’Auditorium Parco della Musica di Roma (Spazio Expo), dalle 10.30 alle 18.30. Iniziativa promossa dal Ministero delle Sviluppo Economico (Mise), ed organizzata d’intesa con la stessa Radiotelevisione Italiana spa, primo step della cosiddetta “consultazione SPRT” alias “Servizio Pubblico Radio Televisivo”.

Ne abbiamo scritto con dovizia di dettagli (per quel che è di pubblico dominio, in verità, non granché…), nell’edizione di venerdì 1° aprile 2016 su “Key4biz”: vedi “Partenza last minute per la consultazione Rai: ecco la convocazione”.

Incredibilmente, l’iniziativa non sembra aver registrato alcuna attenzione della stampa e dei media. Cercando su web, si scorge soltanto un breve cenno sulla newsletter settimanale dell’AerAnti-Corallo, associazione di emittenti radiotelevisive altre rispetto a quelle associate in Confindustria Radio Televisione – Crtv (la quale – a sua volta – sembra ignorare la notizia nella sua newsletter). Curioso veramente, ma forse perché gli stessi promotori (il Sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli in primis) hanno ritenuto di assegnare all’iniziativa una funzione comunicazionalmente “low profile”.

In sostanza – cercando di interpretare le scarne indicazioni pervenute dal Mise – questo “brain storming” dovrebbe essere finalizzato a redigere o affinare un set di domande che verranno successivamente sottoposte dall’Istat a consultazione popolare, attraverso “quesiti online”.

È stato annunciato, in questa fase preliminare, il coinvolgimento di oltre 60 associazioni e si prevede la partecipazione (si stima) di almeno 300 persone, nei 16 “tavoli tematici”: alla data odierna, soltanto pochi intimi conoscono l’elenco completo delle associazioni coinvolte ovvero l’identità delle centinaia di operatori del settore, accademici, esperti, portatori d’interesse coinvolti…

Sarà veramente molto interessante osservare la composizione della tavolozza che il Ministero sta costruendo, anche per comprendere il livello di policromia attesa, così come la auspicabile rappresentatività.

Per ora, è dato sapere che i lavori verranno focalizzati su 4 “macro-aree”, così denominate: “Sistema Italia”, “Industria Creativa e Cultura”, “Digitale” e “Società italiana”.

 

Il Mise annuncia che si attendeil contributo dei diversi mondi e realtà che interagiscono con la sostanza del servizio pubblico: turismo, moda, digitale, cultura, scuola, tutti coinvolti a pieno titolo nel dibattito”.

L’avvocato Guido Scorza s’è preso la briga di “ricostruire”, sulla base degli inviti ricevuti da alcuni convocati (appartenenti alle diverse 4 “macro-aree”), i titoli dei 16 tavoli (sul sito web de “l’Espresso” di ieri 3 aprile, “Rai si cambia. Decidiamolo assieme”).

Alla luce di quanto noi abbiamo avuto chance di verificare, la “ripartizione” delle tematiche affrontate dai 16 “tavoli” della “consultazione SPRT” dovrebbe effettivamente essere la seguente:

 

Macro-area “Sistema Italia”:

– Made in Italy

– Internazionalizzazione

– Territori

– Comunità e Identità nazionale

Macro-area “Industria creativa”:

– Cinema

– Fiction e Animazione

– Intrattenimento

– Documentari

Macro-area “Digitale”:

– Alfabetizzazione digitale

– Servizi Pubblica Amministrazione

– Startup e imprese

– Tecnologia e nuove piattaforme

Macro-area “Società italiana”:

– Informazione e nuovi linguaggi

– Cultura

– Pubblica utilità

– Scuola e università.

Se così fosse, se questo elenco fosse confermato, le dimensioni delle tematiche affrontate preoccupano un po’: il “perimetro” (ovvero, come sosterrebbe un sociologo “à la” Giovanni Bechelloni, “il campo”) corre il rischio di assumere proporzioni da “mission impossible”, ovvero da kermesse a così alta intensità concettuale da… esplodere tra le mani dei promotori.

Le “partizioni” tematiche provocano anch’esse non poche perplessità.

L’“atlante della conoscenza” proposto, ovvero la “mappa concettuale” ideata non ci convince proprio: riteniamo non siano pochi i deficit, concettuali (appunto), di “mappatura”: ma tutte le “industrie creative e culturali” altre rispetto allo specifico “audiovisivo” non sono degne di essere coinvolte nella consultazione sulla Rai?!  E, di grazia, dove sono?!

Resta da capire quale ruolo sarà dato a importanti settori come l’editoria, la musica, il teatro, la danza… che sembrano del tutto assenti all’appello! Sarà davvero così?

A meno che non le si voglia convogliare nella macro-area “Società italiana”, ma questa ipotesi determina una schizofrenia ideologica: appartengono alla… “società italiana”, ma non alle… “industrie creative”???

Ed i beni culturali tutti?! Ed il turismo culturale??? Sono forse da scovare… “tra le righe” di un qualche tavolo tematico?!

E che dire di una qual certa sovrapposizione tra il tavolo denominato “Comunità e Identità nazionale” (macroarea “Sistema Italia”) e quello “Cultura” (macroarea “Società Italiana”)? Concetti come “comunità” e “identità italiana” e “cultura” non sono in buona parte convergenti e sovrapposti?!

Peraltro, stupisce – francamente – che, tra i “diversi mondi e realtà” richiamati nell’invito ministeriale (“turismo, moda, digitale, cultura, scuola”), sembri essere completamente ignorato il “terzo settore”, che invece dovrebbe essere in verità uno dei principali “stakeholder” della Rai.

Dove sono le associazioni del volontariato?

Dove sono i rappresentanti delle minoranze (culturali, linguistiche, etniche, religiose, di gender…)?!

Dove sono le associazioni che rappresentano i cittadini diversamente abili e coloro che debbono affrontare le varie dimensioni del disagio (fisico, psichico, sociale)???

Dove sono le associazioni che rappresentano quel 10% ormai della popolazione che vive in Italia, ma… italiana non è????

Da non crederci.

Quel che emerge immediatamente è un’asimmetria: molta attenzione all’“economico” ed al “digitale”, e non adeguata attenzione rispetto al “sociale” inteso come le infinite diversità che rappresentano la ricchezza fondamentale del sistema sociale italiano.

Nell’arco di poche ore, l’eletta schiera dei “convocati” dovrebbe peraltro mettere a punto domande… epocali.

Si tratterebbe, sulla carta, di 8 ore, non poche apparentemente, ma, al netto di una prevedibile pausa da colazione “light”, ed al netto della manifestazione delle varie fasi dialettica (ogni interveniente avrà diritto di parola per una decina di minuti?! potrà intervenire più volte ed interagire, ma con quali modalità operative?! non è ancora dato sapere…), non si tratta di una quantità di ore oggettivamente adeguate alla complessità e delicatezza delle materie affrontate.

Si dirà: “suvvia, in fondo, gli eletti debbono soltanto confrontarsi per elaborare domande, non per dare esaurienti risposte…”. Qualsiasi studioso sa bene che, dall’impostazione della domanda, si può anche pre-determinare – almeno in parte – la risposta…

Non sarebbe stato più intelligente e funzionale una pubblica “call” a elaborare contributi brevi (per esempio, un paio di paginette, 4mila battute…), e, sulla base di questi stimoli e suggestioni (previa analisi e sintesi), procedere ad un primo “brain storming” di discussione collettiva?!

E che tipo di questionario andrà a strutturare poi l’Istat?!

Ci sembra di capire che nell’economia del Governo a guida Matteo Renzi l’idea della “consultazione” piaccia, e tanto. Fa tanto… post-moderno e digitale, è vero.

Al tempo stesso, è evidente che non esiste una “metodologia” condivisa, da dicastero a dicastero, da tematica a tematica: perché?! D’accordo, ricchezza del policentrismo, ma si ricordi sempre il rischio latente di frammentazione di energie, di dispersione di risorse. Risorse: a proposito, quanto costa e come è strutturata questa consultazione pubblica sulla Rai?! Non è dato sapere.

Eppure, abbiamo già segnalato su queste colonne come spesso “forma” e “sostanza”, in alcune procedure, finiscano per (parzialmente) coincidere: vedi anche “Consultazione pubblica sulla Rai: quale modello?” (su “Key4biz” del 15 gennaio 2016).

Tentiamo una comparazione sperimentale tra due procedure di pubblica consultazione: Miur e Ministero Giustizia.

La consultazione avviata dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca correlata all’iter della legge cosiddetta della “Buona Scuola” è stata oggettivamente una operazione comunicazionale/democratica “di massa”, come emerge dai numeri di consuntivo che l’hanno caratterizzata: 207mila partecipanti online; 1,3 milioni di accessi al sito web dedicato; circa 200mila partecipanti in 2.043 dibattiti (strutturati in 16 “stanze”, che hanno accolto 5mila proposte, prodotto 20mila risposte, registrato 1,8 milioni di voti); 1,5 milioni di persone coinvolte dalle strutture periferiche del Miur (gli Uffici Scolastici Regionali)… E, ancora, 45mila commenti rapidi (senza autenticazione) e 6mila email. Numeri impressionanti. Al questionario proposto sul sito hanno risposto ben 130mila partecipanti. La Consultazione promossa dal Miur è durata poco: 2 mesi, essendo stata aperta dal 15 settembre al 15 novembre 2014, sulla base di un “patto di partecipazione”.

Ha prodotto ben 115 “position paper” e 20 documenti degli Uffici Scolastici Regionali, i risultati sono stati presentati durante un evento organizzato presso la sede del Miur nel dicembre del 2014. Nelle slide di presentazione dei risultati, è stata usata la metafora di “un dibattito grande quanto il Paese”. La consultazione sulla “Buona Scuola” si vanta anche di essere stata “la più grande” mai realizzata in Europa. Va comunque registrato che in rete, si riscontrano molte perplessità e molte contestazioni, anche rispetto alle metodologie utilizzate per la consultazione.

Quanto è costata la consultazione Miur “Buona Scuola”? Ecco la risposta cortesemente fornitaci da Alessandra Migliozzi, Capo Ufficio Stampa del Miur: “La campagna promossa dal Die si è attestata sotto le soglie di gara, intorno ai 35.000 euro, per lo spot video e radiofonico e per diverse attività legate al web (diffusione del banner del sito, promozione della consultazione sui social). Per il resto, per quanto riguarda la grafica, abbiamo utilizzato una nostra consulente che l’ha realizzata (circa 5.000 euro il budget per la consulenza). Mentre tutta la parte del sito è stata realizzata in-house. Per quanto riguarda gli eventi sul territorio e presso gli Uffici scolastici, abbiamo attivato tutte le nostre reti locali di scuole e Uffici Scolastici Regionali, ottenendo così un effetto moltiplicatore più ‘naturale’ per gli eventi dal basso. Volevamo infatti che fossero tali davvero, cioè organizzati da docenti / genitori / scuole / esperti”.

Costi modesti, a fronte di una operazione comunicazionale piuttosto complessa, e con “numeri” oggettivamente significativi.

Dal Ministero della Giustizia, invece, le risposte rispetto al budget son state finora… ipotetiche: il 29 febbraio, Gianluca Lombardi (Addetto Stampa, nonché redattore di “Giustizia NewsonLine”, testata dell’Ufficio Stampa ed Informazione del dicastero) ci scriveva “la previsione di costi per le procedure da te menzionate provvederemo a fartele avere”, ma varie sollecitazioni telefonico-telematiche non hanno sortito effetto, e, ad oggi, nessun dato è stato fornito né da Lombardi, né dalla Dottoressa Laura Cremolini (Portavoce del Ministro Andrea Orlando). Va precisato che questa del Ministero della Giustizia è una “consultazione” senza dubbio altra e diversa, nella struttura, architettura, organizzazione, rispetto a quella del Miur.

Queste le fasi della consultazione del Ministero della Giustizia, molto meno “stressate” nei tempi di quelle della “Buona Scuola”. Il 19 maggio 2015, il Ministro Andrea Orlando avvia i lavori e spiega gli obiettivi dell’iniziativa: “Ho voluto avviare il percorso che abbiamo chiamato ‘Stati Generali dell’Esecuzione penale’: sei mesi di ampio e approfondito confronto, che dovrà portare concretamente a definire un nuovo modello di esecuzione penale e una migliore fisionomia del carcere, più dignitosa per chi vi lavora e per chi vi è ristretto. Gli Stati Generali devono diventare l’occasione per mettere al centro del dibattito pubblico questo tema e le sue implicazioni, sia sul piano della sicurezza collettiva sia su quello della possibilità per chi ha sbagliato di reinserirsi positivamente nel contesto sociale, non commettendo nuovi reati. L’articolazione che abbiamo previsto avverrà attraverso 18 tavoli tematici a cui contribuiranno innanzitutto coloro che operano nell’esecuzione penale ai diversi livelli, dalla polizia penitenziaria agli educatori, agli assistenti sociali, a chi ha compiti amministrativi o di direzione e di coordinamento del sistema. Contribuiranno inoltre anche tutti coloro che studiano questo sistema o che di esso si occupano su base volontaria, secondo una specificità del nostro Paese molto apprezzata dai nostri partner europei”.

Un apposito decreto ministeriale ha provveduto alla costituzione di un “Comitato di Esperti per predisporre le linee di azione degli ‘Stati Generali sull’Esecuzione Penale’” (da cui l’acronimo “Sgep”), formato da 9 persone, e coordinato dal Professor Glauco Giostra. La composizione evidenzia una pluralità di approccio: Adolfo Ceretti (Università Milano Bicocca), Luigi Ciotti (Presidente Libera, associazione per la lotta alle mafie), Franco Della Casa (Università di Genova), Mauro Palma (Presidente del Consiglio Europeo per la Cooperazione nell’Esecuzione penale, Consiglio d’Europa), Luisa Prodi (Presidente Seac – Coordinamento Enti e Associazioni di Volontariato Penitenziario), Marco Ruotolo (Università Roma Tre), Vladimiro Zagrebelsky (Direttore del Laboratorio dei Diritti Fondamentali – Ldf di Torino), Francesca Zuccari (Comunità di Sant’Egidio).

Un interessante “mix” tra accademico e sociale. In particolare, ci piace segnalare che il “tavolo tematico” certamente più vicino agli interessi dei lettori di “Key4biz” è stato coordinato dal Professor Mauro Palma (dopo che fu prospettato il controverso coinvolgimento di Adriano Sofri): Palma ha diretto i lavori del “Tavolo 9”, ovvero “Istruzione, cultura, sport”.

Da segnalare che il 6 febbraio 2016 il Ministero della Giustizia ha comunicato che il Professor Palma è stato nominato “Garante dei Diritti delle Persone Detenute o Private della Libertà Personale”, figura che l’Italia attendeva da moltissimi anni. Come è stato scritto, l’Italia è spesso il Paese dell’improvvisazione individuale: ancor prima che ci fosse un Garante Nazionale dei Diritti dei Detenuti, esistevano qua e là “Garanti” comunali, provinciali, regionali, ciascuno di loro nominato in base ad una legge o ad un regolamento deliberato dai relativi Consigli comunali, provinciali o regionali secondo testi diversi, che raramente hanno qualche consonanza normativa.

Il ministero della Giustizia, nel comunicare la nomina del Garante nazionale, ha precisato che egli coordinerà il lavoro dei Garanti regionali. Anche questa dinamica ripropone le tematiche a noi care: ovvero del policentrismo e della frammentazione e della dispersione. Si segnala – en passant – che chi redige queste noterelle è stato chiamato a fornire un contributo al “Tavolo 9”, in relazione a come la cultura – in tutte le sue espressioni (dal teatro sociale alla musicoterapia, dalla narrativa e al giornalismo alle arti visive…) – può lenire il disagio carcerario.

Il 5 febbraio 2016, sono state pubblicate su una apposita sezione del sito web del Ministero le “Relazioni finali” dei Tavoli tematici degli “Stati Generali dell’Esecuzione Penale”, ed il 12 febbraio 2016 s’è aperta una pubblica consultazione, chiusasi il 12 marzo. Qualsiasi cittadino ha avuto chance di inviare un commento, una proposta, una suggestione, compilando un “form” messo a disposizione sul sito web del dicastero, in verità con un limite di spazio veramente severo ed eccessivo (2mila battute soltanto!). Il Ministero non disvela i numeri della partecipazione, ma precisa che “i contributi sono giunti in larga maggioranza da operatori che a vario titolo lavorano nel campo dell’esecuzione penale”, e segnala con orgoglio che “particolarmente significativa, in termini di rilievi e proposte, la risposta del volontariato, delle associazioni e delle comunità terapeutiche”.

Si segnala che l’evento conclusivo degli “Stati Generali” promossi dal Ministero della Giustizia si terrà nel pomeriggio di lunedì 18 aprile e nella mattinata di martedì 19 aprile, presso la Casa Circondariale di Rebibbia, alla presenza del Presidente della Repubblica…

Da questa piccola ricerca esplorativa, emerge evidente che non esiste una “metodologia” condivisa, tra dicastero e dicastero, da tematica a tematica: perché?! D’accordo, ricchezza del policentrismo, ma si ricordi sempre il rischio latente di frammentazione di energie, e quindi di dispersione di risorse. Risorse: a proposito, quanto costa e come è strutturata questa consultazione pubblica sulla Rai?! Non è dato sapere.

Abbiamo già segnalato su queste colonne come spesso “forma” e “sostanza”, in alcune procedure, finiscano per (parzialmente) coincidere.

Come ha titolato “Key4biz” nell’articolo che abbiamo dedicato venerdì scorso all’iniziativa, questa consultazione sulla Rai parte… “in sordina”. Elegante eufemismo per sostenere che – tardività a parte – la tanto attesa (ed annunciata) consultazione sembra partire in verità in modo debole, disorganico, fragile… scivoloso.

Il rischio di velleitarismo è in agguato.

Speriamo che la rotta possa essere corretta in itinere.

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