Con simpatica ironia, potremmo sostenere che “Key4biz”, “quotidiano online sulla digital economy e la cultura del futuro”, ha battuto sul tempo il Mise rispetto alla consultazione sulla Rai futura (ma imminente): infatti, ben prima che si mettesse in moto la macchina burocratica del Ministero, il giornale ha lanciato un confronto dialettico “…che contribuisca concretamente alla consultazione, attraverso la pubblicazione di articoli di studiosi, addetti ai lavori, esperti, che offra idee e sollecitazioni ai rappresentanti del Ministero dello Sviluppo Economico, alla Commissione Parlamentare di Vigilanza, ai vertici Rai”. Confronto totalmente libero, e soprattutto aperto, essendo stata data la possibilità a tutti i lettori di esprimere la propria opinione. Ciò avveniva il 7 marzo 2016: clicca qui per leggere i contributi finora pervenuti nell’economia dell’iniziativa editoriale “La Rai che vorrei”.
Il Ministero dello Sviluppo Economico, e specificamente il Sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, si è mosso una decina di giorni dopo (forse incalzato anche dalla provocazione di “Key4biz”?!), e da venerdì 18 marzo sono partite – dall’account “ConsultazioneSPRT@mise.gov.it” – centinaia di cortesi inviti, a firma anonima (e già questo non depone a forme di una moderna tecnica di “comunicazione pubblica”) ovvero di una generica “La Segreteria della Consultazione”. Inedito l’acronimo “SPRT” (Servizio Pubblico Radio Televisivo?): in un primo momento, avevamo letto “SPQR”, e – pur essendo romani – avevamo in verità temuto il peggio!
Ciò avveniva peraltro a tre giorni di distanza dall’annuncio dello stesso Sottosegretario Giacomelli in Commissione Lavori Pubblici in Senato il 15 marzo: riportava l’Ansa, “il Governo immagina una nuova concessione decennale alla Rai”, e si annunciava l’avvio della consultazione “entro la prima metà di aprile”. Consultazione pubblica “sulla ridefinizione dei compiti del servizio pubblico”, che intende coinvolgere in una prima fase “oltre 60 associazioni e organizzazioni”, e poi, attraverso una serie di quesiti “online”, tutti i cittadini. Il percorso previsto è in due fasi: dapprima un “confronto diretto con i principali stakeholders pubblici e privati”, attraverso “tavoli tematici”, ovvero gruppi di lavoro “che consentano l’approfondimento dei singoli aspetti e il contributo dei diversi mondi e realtà che interagiscono con la sostanza del servizio pubblico: turismo, moda, digitale, cultura, scuola, tutti coinvolti a pieno titolo nel dibattito. Si tratta di oltre 60 associazioni e organizzazioni”. Poi ci sarà la consultazione vera e propria.
Quattro le cosiddette “macro-aree” previste per la giornata del 12 aprile 2016: “Sistema Italia”, “Industria Creativa e Cultura”, “Digitale” e “Società italiana”. Ogni tavolo avrà un coordinatore. Da questo confronto, il Governo s’attende – precisava Giacomelli – che vengano affinati anche “i quesiti che verranno sottoposti a consultazione pubblica online sul sito del Governo, con la consulenza tecnica dell’Istat, per circa 45 giorni. Sosterremo questa consultazione pubblica con l’informazione e la dovuta valorizzazione”.
Un’eletta schiera di operatori del settore, rappresentanti di associazioni, accademici, studiosi, portatori di interesse sono stati invitati alla kermesse del 12 aprile prossimo.
Vogliamo sperare siano stati coinvolti anche i membri del Consiglio di Amministrazione della Rai, e finanche il socio di minoranza della Rai ovvero la Siae (pochi ricordano che la Società Italiana Autori ed Editori detiene lo 0,44 % delle azioni Rai, il senso del suo ruolo meriterebbe un approfondimento strategico in termini di politica culturale, e la consultazione potrebbe essere l’occasione giusta).
L’invito è stato manifestato con un’epistola dal seguente tenore:
“Il Ministero dello Sviluppo Economico sta organizzando un’ampia Consultazione sul servizio pubblico radio-tv in vista della nuova concessione. Il primo evento si svolgerà il 12 aprile, a Roma, all’Auditorium-Parco della Musica (Spazio Expo), dalle 10.30 alle 18.30, con la convocazione (qui il testo) di 16 tavoli tecnici suddivisi in 4 aree tematiche (Sistema Italia, Industria creativa, Digitale, Società italiana). Saremmo lieti di averLa al tavolo riguardante l’area tematica che troverà in allegato, dove sono spiegati anche gli obiettivi e le modalità di svolgimento della Consultazione”.
Chi cura questa rubrica ha avuto l’onore di essere rientrato nell’eletta schiera, ed è stato invitato a partecipare alla “macro-area” denominata “Società”. Insomma, è un “convocato”.
Il tentativo di conoscere meglio l’architettura intellettuale, la metodologia di lavoro adottata, i criteri selettivi, ed anche soltanto l’identità dei coordinatori delle 4 “macro-aree” e dei sottostanti 16 “tavoli tematici” si è scontrato con flussi comunicazionali cortesi quanto generici della struttura che ha gestito le convocazioni.
I “cooptati” dovevano manifestare la propria disponibilità entro martedì scorso 29 marzo, ma non esiste alcuna trasparenza né su quali siano le 60 associazioni cui ha fatto cenno il Sottosegretario, né si ha ancora alcuna pubblica notizia di chi effettivamente andrà a partecipare all’evento. Giunge voce che molti – venuti a conoscenza per vie traverse dell’iniziativa – si siano lamentati dell’esclusione. Voci di ballatoio sostengono che, ad oggi, non son stati identificati nemmeno i 4 “coordinatori” delle “macro-aree”, ma oggi è il 1° aprile, e scherzosamente ridiamoci sopra.
La cortese epistola precisa che “il primo evento si svolgerà il 12 aprile, a Roma, all’Auditorium-Parco della Musica (Spazio Expo), dalle 10.30 alle 18.30”.
Alla domanda su chi è il responsabile della non semplice macchina intellettuale ed organizzativa, ci è stato risposto che “non esiste un “coordinatore intellettuale”, ma uno staff di persone del Ministero dello Sviluppo Economico che – sotto la responsabilità del Sottosegretario Antonello Giacomelli e con il coinvolgimento anche di altri Ministeri – sta organizzando la consultazione. Le ricordo che il lavoro dei tavoli è solo propedeutico alla consultazione online, alla quale potranno partecipare tutti i cittadini. Nel corso della giornata del 12 aprile (il pomeriggio), sarà possibile anche partecipare al lavoro degli altri tavoli che fanno riferimento alla stessa macroarea”.
Abbiamo cortesemente contestato che forse sarebbe stato preferibile chiedere ai “cooptati” anzi – per usare le parole del Mise – ai “convocati” di manifestare loro stessi una eventuale preferenza rispetto a “macro-aree” e “tavoli tematici”, e ci è stato risposto che, semmai l’avessimo ritenuta funzionale, sarebbe stato possibile un’istanza di nostra personale… “riallocazione”, ma purtroppo non è stata data risposta alla domanda: “è possibile conoscere almeno le denominazioni ovvero le tematiche dei 16 tavoli?!”.
In effetti, ognuno dei cooptati ha ricevuto una qualche informazione soltanto in relazione ai 4 “tavoli” della “macro-area” cui è stato assegnato, ma nulla degli altri 12 “tavoli”. Da non crederci, ma così è.
Nel caso che ci riguarda (“Macro-area” 4), i “tavoli” hanno – esemplificativamente – queste denominazioni: “Tavolo 13: Informazione e nuovi linguaggi. Tavolo 14: Scuola e Università. Tavolo 15: Cultura. Tavolo 16: Pubblica utilità”.
Non sarebbe stato opportuno un preliminare questionario strutturato, per razionalizzare ed ottimizzare il lavoro dei “convocati”?!
A fronte di altre semplici domande (che tecnica verrà utilizzata per il “brain storming”? il Ministero si avvarrà, per esempio, di procedure come Open Space Technology?), ci è stato precisato che all’arrivo all’Auditorium “sarà dato un badge colorato che identifica l’area di appartenenza”, e che “la rotazione è prevista al pomeriggio solo tra i tavoli della medesima area, e non per i coordinatori che non fanno riferimento alle aree ma dei singoli tavoli”.
Immaginiamo che vi sarà trasparenza dei lavori, chance di streaming e download? Radio Radicale potrà seguire tutti i lavori o sarà la stessa Rai a farlo?!
A fronte dell’assenza di ulteriori feedback (concreti), abbiamo rinunciato a porre ulteriori domande (retoriche), e abbiamo manifestato semplicemente sensi di apprezzamento per essere entrati nell’eletta schiera, e per la estrema cortesia dei modi ovvero delle (non) risposte.
In assoluta esclusiva per i lettori di “Key4biz”, ma in verità crediamo per tutta la comunità della cultura e dei media italiani, pubblichiamo il sintetico documento che – ci piace precisare – nelle “proprietà” del file in formato Word reca la firma di un noto dirigente Rai come “autore” e “Rai – Radiotelevisione Italiana” come struttura di appartenenza, nonché la data del 3 marzo come “creazione” e del 17 marzo come “ultimo salvataggio” (i nostri pochi lettori sanno che siamo cultori della precisione). Si tratta di un dirigente Rai che lavora per la silente e piccola ma operosa Direzione dello Sviluppo Strategico di Viale Mazzini, a capo della quale c’è Carlo Nardello, manager di livello della “vecchia guardia”.
In sintesi, il documento sottopone a pubblico dibattito le “linee-guida” approvate dal Consiglio dei Ministri del 27 maggio 2015, ovvero “6 obiettivi fondamentali”:
(1.) trasformare la Rai da emittente a “media company”, ovvero in un’azienda capace di produrre contenuti audiovisivi per tutti i tipi di piattaforma;
(2.) ridefinire la missione editoriale dell’azienda;
(3.) favorire la valorizzazione della stessa per farle acquisire un profilo di rilievo internazionale nel settore;
(4.) riconfermare il ruolo della Rai come traino per tutta l’industria audiovisiva e culturale nazionale;
(5.) riformare il comparto dell’informazione, riducendo il numero delle testate e accrescendo la produzione di reportage e documentari;
(6.) favorire il ruolo della Rai come attore determinante per il superamento del divario digitale in Italia.
Ai lettori la valutazione sulla qualità, ideologica ed al contempo tecnica, del contenuto del documento di base.
Riteniamo che i tempi siano discretamente tardivi (perché la consultazione non è stata avviata prima dell’iter della legge di riforma, come avvenuto per esempio per la “Buona Scuola”, e come pure era stato illo tempore annunciato dal Sottosegretario poi smentito dal decisionismo acceleratorio normativo voluto dal Premier Matteo Renzi?!), le modalità un po’ approssimative (“est modus in rebus”, la forma e la sostanza talvolta coincidono, e la metodologia non è esattamente un accessorio: si rimanda all’articolo “Consultazione pubblica sulla Rai: quale modello?” su “Key4biz” del 15 gennaio 2016, che magari sarà sfuggito a qualcuno dello staff del Sottosegretario e della dirigenza apicale Rai), ma l’ottimismo della volontà ci costringe – da cittadini fiduciosi ancora un po’ nello Stato – che le buone intenzioni vadano rispettate, se non apprezzate.
La riunione del 12 aprile deve quindi sostanzialmente identificare e focalizzare i quesiti che verranno sottoposti poi dall’Istat a pubblica consultazione. Infatti, Giacomelli ha precisato in Commissione: “Successivamente i quesiti, con l’assistenza tecnica dell’Istat, saranno pubblicati sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico per lo svolgimento della consultazione, che dovrebbe avere la durata di 45 giorni”.
Quel “dovrebbe” preoccupa.
Il Sottosegretario ha rivendicato con orgoglio che si tratta “della prima volta in cui si realizza un confronto sui contenuti del servizio pubblico radiotelevisivo aperto ai contributi di tutte le componenti della società. I risultati della consultazione, che dovrebbero essere disponibili nel mese di maggio, saranno poi utilizzati dal Ministero per lo Sviluppo economico per predisporre lo schema della nuova concessione, che sarà approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri e quindi sottoposto all’esame della Commissione Parlamentare di Vigilanza sul Servizio Radiotelevisivo. Al termine dell’iter, il testo dello schema sarà poi approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri, entro la pausa estiva o anche oltre se si riterrà necessario disporre di un tempo aggiuntivo. A questo punto, vi saranno 6 mesi a disposizione per la stipula del nuovo contratto di servizio”.
Leggendo tra le righe… tempi lunghi?! Abbiamo preferito non far due calcoli di calendario, per evitare il pianto o di autoalimentare le nostre preoccupazioni.
E nel mentre Rai, di grazia… sulla base di “cosa” elabora il proprio piano strategico, industriale, editoriale?!
Una risposta viene spontanea: autocraticamente, essendo tutto o quasi nelle mani dell’Amministratore Delegato Antonio Campo Dall’Orto!
La funzione della Presidente Monica Maggioni corre infatti il rischio di essere ridotta sempre più a quella di “rappresentanza” istituzionale e comunicazionale, così come quella del Cda corre il rischio di divenire una funzione squisitamente consulenziale. Funzioni importanti, ma accessorie. Insomma, non sarà mica che il potere reale è in altre stanze, e il Capitano sa già quale rotta seguire. D’altronde, vige ormai la regola di “un uomo soltanto al comando”, no?!
Giacomelli ha anche precisato che “accanto alla concessione tra lo Stato e la Rai, esistono tutta una serie di convenzioni (ad esempio, quella per la tutela dei minori, quella per la tutela delle minoranze linguistiche o quella con la Repubblica di San Marino) che hanno scadenze diverse, ma che, seguendo una precisa indicazione del Parlamento, il Governo intende ricondurre in modo unitario all’interno della concessione, per disporre di un unico documento di regolamentazione del servizio pubblico radiotelevisivo”.
Quindi, anche su fronti altri e minori… macchine ferme, nell’attesa della mitica Convenzione!
A voler pensar male, si dovrebbe finire per dar ragione alla perplessità estrema manifestata dal grillino Senatore Alberto Airola, durante il dibattito nell’economia dell’audizione di Giacomelli il 15 marzo scorso (clicca qui per un resoconto della riunione, a cura degli ufficio del Senato).
Airola ha sostenuto a chiare lettere che: “…malgrado le affermazioni del Sottosegretario Giacomelli, non crede che la consultazione pubblica avverrà nei termini descritti, né che il Governo attuerà il piano illustrato per il rinnovo della concessione. Quanto finora accaduto nel settore pubblico radiotelevisivo dimostra infatti che gli indirizzi forniti di volta in volta dal Parlamento attraverso la Commissione di Vigilanza sui Servizi Radiotelevisivi sono stati puntualmente disattesi, sulla base di decisioni già assunte in altre sedi. Non vi è quindi un vero interesse né per le indicazioni dell’Europa (che valuta assai negativamente la recente riforma della Rai), né per quelle del Parlamento, tenuto conto che il nuovo direttore generale della Rai sta già riorganizzando autonomamente l’azienda, secondo una strategia ancora non chiara”. Il grillino conclude giudicando “del tutto inutile anche la consultazione e il parere che la Commissione Parlamentare di Vigilanza dovrà formulare sullo schema di concessione, visto che la dirigenza della Rai continua a decidere in totale autarchia. Quando si dimostrerà che il piano di riforma del servizio pubblico non sarà mai attuato, i Ministri dell’Economia e dello Sviluppo Economico dovrebbero dimettersi”.
Interessante la replica di Giacomelli: per quanto riguarda la consultazione pubblica sulla Rai, ha precisato che “…oggetto del confronto saranno i quesiti elaborati, con il concorso dell’Istat, in esito al dibattito sviluppato dai portatori di interesse attraverso i tavoli tematici”. Ha anche evidenziato che, “al di là dei momenti formali, il Governo è disponibile a discutere con chiunque, in qualsiasi momento e senza pregiudizi, sui temi legati ai nuovi assetti del servizio pubblico”.
Il Sottosegretario ha ricordato anche “…che il Governo e il Parlamento hanno già ridefinito le regole della governance della Rai e i relativi poteri e responsabilità della dirigenza, che sarà quindi valutata per come eserciterà la propria funzione rispetto alla nuova missione aziendale”.
È un dato di fatto che – esemplificativamente?! – in relazione al “contratto di servizio” tra Mise e Rai, le “parti” (che in fondo sono due “anime” dello stesso Stato) hanno alla fin fine mostrato un totale disinteresse (sostanziale) per il perfezionamento dell’accordo, che pure era stato approvato dalla Commissione di Vigilanza nel 2014 (si rimandi soltanto al nostro articolo “Il mistero del ‘contratto di servizio’ che Mise e Rai ‘si rifiutano di firmare’ (Fico dixit)” del 9 gennaio 2015).
In altri Paesi, ciò avrebbe determinato uno scandalo istituzionale o almeno una crisi politica significativa, ma in Italia ormai molti sembrano essersi abituati a digerire finanche i sassi. Dalle colonne del mensile “Millecanali” e di “Key4biz”, abbiamo invitato il Presidente cittadino Roberto Fico a dimettersi, per coerenza con la sua fiera battaglia, ma non ha ascoltato il nostro modesto suggerimento da cittadini.
Se si raccontasse ad un dirigente della Bbc o ad un sottosegretario del Governo del Regno Unito come l’Italia sta sviluppando la consultazione sulla Rai temiamo sarebbe inevitabile un qualche sarcastico commento.
Accantonando però ogni pessimismo, previa iniezione di energia positiva, auguriamoci che la consultazione non sia uno strumento per invitare tutti a portar acqua e cantare le lodi delle magnifiche e progressive sorti della riforma Rai tanto voluta dal Governo. Auguriamoci piuttosto dissensi e dissonanze e note stonate, e critiche severe e finanche spietate, e soprattutto proposte concrete.
E auguriamoci che Giacomelli e Renzi e Campo Dall’Orto sappiano fare tesoro dell’auspicabile polifonia.
Il lavoro che attende i “coordinatori” (s’attende che la loro misteriosa identità venga svelata…) è certamente arduo.
Clicca qui, per leggere l’estratto del documento trasmesso ai cooptati nel brain-storming del 12 aprile 2016, fase di avvio della “Consultazione SPRT (Servizio Pubblico Radiotelevisivo)” promossa dal Mise sulla Rai.