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Mediaset: ‘Premium non si vende’. Ma in Italia c’è posto per due pay tv?

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Il Biscione smentisce la vendita di Premium a Vivendi. Ma gli analisti ribadiscono la difficoltà di sopravvivenza di due pay tv in Italia.

Mediaset Premium non è in vendita. E’ questa la secca replica del direttore finanziario del Biscione, Marco Giordani, ai rumors che davano per fatto l’accordo con Vivendi per la vendita della pay tv con un scambio azionario che avrebbe permesso l’ingresso degli italiani nella media company francese (si parla di una quota di circa il 3%).
Certamente siamo disponibili a valutare – ha spiegato Giordani – ma non siamo semplici venditori di Mediaset Premium”. “E’ parte della nostra attività core – ha concluso – e sta performando molto bene”.

Qualche giorno prima era intervenuto direttamente Silvio Berlusconi per smentire anche le voci di una possibile cessione di Mediaset.

Quello a cui invece aspira la compagnia televisiva è di fare entrare nel capitale di Premium un partner industriale molto forte.

Basterà al presidente di Vivendi Vincent Bolloré?

L’operazione sta diventato un intricato rebus ma al momento non bisogna non considerare le dichiarazioni ufficiali di Mediaset che vede nella pay tv un asset core dove stanno migrando tutti i contenuti pregiati, da quelli del cinema a quelli sportivi. Restare solo con i canali in chiaro sarebbe troppo poco per il broadcaster italiano.

In altre parole il Biscione non punta a una vendita di Premium che, al di là dell’incasso, impoverirebbe la compagnia con la dismissione di un core business, cerca invece un socio.

Il bilancio approvato ieri dal Cda del gruppo conferma che la pay tv sta crescendo e l’investimento di 700 milioni di euro per assicurarsi i diritti tv della Champions League ha permesso di aumentare la base abbonati che al momento è di oltre 2 milioni.

Il punto è, però un altro, c’è posto per due pay tv sul mercato italiano?

Premium fa fatica a crescere e si trova davanti un competitor grosso e imponente come Sky, senza considerare poi la concorrenza degli operatori che offrono servizi in streaming come Netflix.

Da tempo le banche d’affari spingono per un’integrazione delle pay tv così come sta avvenendo anche sui mercati europei.

Questo lo sanno anche a Mediaset che sta tentando da tempo di trovare un partner all’altezza.

L’altra via da considerare è quella di un’integrazione tlc e media. Tra le ipotesi al vaglio degli analisti anche l’idea che Bolloré voglia far rientrare Premium nell’offerta di Telecom Italia di cui Vivendi è il principale azionista con una quota del 24,9%. Questo darebbe ulteriore forza a Vivendi, che possiede la pay tv Canal+, e ben si sposerebbe col progetto di Bolloré di creare una media company con vocazione paneuropea.

Cosa farà Mediaset se Bolloré dovesse fare un’offerta secca?

Difficile che il Biscione non si adegui ai nuovi scenari dove gli Over-The-Top sono sempre più forti sui contenuti e dove ogni operazione ha ormai una dimensione sovranazionale. “Crediamo che il mercato dalla pay tv a livello europeo stia vivendo importanti cambiamenti”, ha dichiarato il management del Biscione. “E’ un trend di mercato. In Italia la situazione non è così chiara”.

Senza tralasciare il nuovo posizionamento degli operatori tlc sul mercato dei contenuti, basti ricordare che in Inghilterra British Telecom si è assicurata due pacchetti della Premier League (gli altri cinque li ha comprati Sky) per 960 milioni di sterline e che in Spagna Vodafone, Orange e Telefonica si stanno facendo una battaglia all’ultimo cliente puntando sui diritti tv del calcio e non solo.

Secondo alcuni analisti l’accordo è già definito e prevedrebbe il passaggio di Premium a Vivendi, la successiva creazione di una piattaforma OTT in cui confluirebbero i servizi streaming delle due aziende (Infinity Italia e Infinity Espana e da parte di Vivendi il servizio tedesco Watchever) e, infine, cessione a Mediaset di un pacchetto di azioni della compagnia d’oltralpe. Telecom Italia ci metterebbe le infrastrutture per la distribuzione sulla fibra dei contenuti.

Fanta-finanza?

Presto lo sapremo. Prima bisogna nominare il nuovo amministratore delegato di Telecom Italia dopo l’uscita di Marco Patuano e chiudere la partita delle torri dove Mediaset è in corsa per il 45% di Inwit attraverso la sua controllata Ei Towers.

Ma veniamo al bilancio 2015 di Mediaset che registra un utile netto di 4 milioni di euro (28,9 milioni ‘adjusted’) contro i 23,7 milioni del 2014 e gli 8,9 del 2013. In aumento i ricavi, pari a 3.524 milioni rispetto ai 3.414 precedenti.

Elementi chiave: crescita degli ascolti televisivi rispetto al 2014, aumento dei ricavi pubblicitari e della quota di mercato, crescita degli abbonati e dei ricavi di Mediaset Premium e il lancio di una nuova linea di sviluppo nel mercato radio e i successi in campo cinematografico.

Per Mediaset Premium, l’esercizio 2015 si è chiuso con ricavi in crescita a 558,8 milioni rispetto ai 538,4 milioni del 2014 “in controtendenza con l’andamento in contrazione del mercato pay”.In particolare i nuovi diritti esclusivi hanno generato nel secondo semestre 2015 una crescita del fatturato dell’11% speculare all’analogo calo percentuale dei ricavi della concorrenza pay”. Incrementato il numero degli abbonati, arrivati a 2.010.000.

Guardando poi alle prospettive per il 2016, nei primi due mesi dell’anno l’andamento della raccolta pubblicitaria in Italia delle concessionarie del gruppo “ha fatto registrare un aumento in linea con i tassi di crescita degli ultimi trimestri in un contesto caratterizzato da una domanda che rimane stabile rispetto all’ultima parte del 2015″ mentre “i ricavi pubblicitari in Spagna evidenziano nei primi mesi dell’anno un buon tasso di crescita in un mercato dove la ripresa economica è già maggiormente consolidata”.

Continua anche la crescita dei ricavi di Mediaset Premium che, precisa l’azienda, nella seconda parte del 2016 dovrebbe ulteriormente incrementare la base clienti facendo leva sulla Champions League, sul cinema e sulle serie e sulla crossmedialità.

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