Le tech company americane saranno presto costrette a rivelare pubblicamente i loro guadagni e gli accordi stretti con i Paesi membri che finora gli hanno consentito di bypassare abilmente il fisco.
Tre alti funzionari Ue hanno rivelato al Guardian che la Commissione Ue ha pronto un provvedimento che sarà introdotto ad aprile e inchioderà le multinazionali alle loro responsabilità.
Google, Facebook, Amazon e Apple saranno chiamate a garantire maggiore trasparenza su quando entra nelle loro casse.
Molto presto sapremo esattamente, e senza dover fare stime, a quanto ammontano i loro profitti e soprattutto quante tasse pagano nei Paesi dove vendono i loro servizi.
Un bel colpo per chi finora ha agito ricorrendo ad aggressivi sistemi di ottimizzazione fiscale per pagare le tasse al minimo nei Paesi più compiacenti.
Il provvedimento era nell’aria.
Nell’ultimo mese si sono succeduti una serie di accadimenti che ben facevano intuire la stretta finale.
A dare il calcio d’avvio è stata l’Italia dove Apple ha accettato di pagare al fisco 318 milioni di euro di imposte arretrate.
Poi c’è stato il controverso accordo da 172 milioni di euro tra Google e il governo UK che ha sollevato le proteste di chi avrebbe preferito una linea più dura, tant’è che l’Antitrust Ue ha aperto un fascicolo per verificare che non si tratti di aiuto di Stato illegale.
Nel nostro Paese invece la compagnia di Mountain View si è vista notificare dalla Guardia di Finanza un verbale d’accertamento per una presunta evasione di 227 milioni di euro.
Nel frattempo è scesa in campo anche la Francia che ha rilanciato su Google, sostenendo che non ci sarà alcun compromesso e che l’azienda dovrà versare tutto il dovuto. Si parla di una possibile evasione per circa 500 milioni di euro.
La Ue ha intanto approvato un piano antievasione che si poggia su tre pilastri: effettiva tassazione, trasparenza e concorrenza fiscale leale.
La Commissione Ue adesso va anche oltre, pienamente sostenuta dal presidente Jean-Claude Juncker che si è detto favorevole alle nuove misure che stanno per essere ultimate.
Si aspettano, infatti, i risultati di uno Studio che ha misurato – Paese per Paese – l’impatto che le multinazionali hanno sull’economia Ue.
Secondo fonti Ue, agli inizi di aprile potremmo avere già pronta l’iniziativa legislativa.
I Paesi Ue dovranno allinearsi. Italia in primis che finora ha sempre rimbalzato la responsabilità a Bruxelles, ostacolando nei fatti la Web Tax, entrata in vigore solo per la parte relativa alla tracciabilità dei pagamenti per i servizi online (ruling) mentre resta accantonata quella che introduceva l’obbligo di partita Iva italiana per le società che operano sul mercato della pubblicità online.
Il Premier Renzi qualche tempo fa aveva dichiarato ‘aspetteremo fino al 2017’ e se la Ue non si muoverà ‘lo faremo noi’.
Un altro modo per prendere ancora tempo.
“Adesso è tempo di lavorare a soluzione definitiva“, ha commentato Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio della Camera e padre della Web Tax, in merito all’indagine su Google Italia.
“Nei rapporti tra il fisco e le multinazionali del web la magistratura si è brillantemente sostituita ad un legislatore assente”, ha ribadito Bocci, puntualizzando: “Il problema non sono mai state le varie Google, Apple, Facebook … ma i regolatori spesso inadeguati e una Ue non all’altezza”.
Adesso la Ue cambia rotta.
Le grandi multinazionali non potranno gli stringere accordi ‘segreti’ con i Paesi europei su come e dove dichiarare i loro guadagni.
La Ue aveva in effetti ricevuto pesanti critiche quando aveva proposto che le aziende dovessero riferire solo alle autorità fiscali d’Europa i loro profitti.
Ora invece inverte la marcia: le informazioni dovranno essere trasparenti e pubbliche.
Il nuovo provvedimento sarà presentato al più tardi il 12 aprile e avrà bisogno dell’accordo di tutti e 28 Paesi Ue per diventare operativo. Anche se, secondo le fonti, è possibile che passi come atto di modifica delle due direttive già esistenti in materia.
Se così fosse, la Commissione potrebbe farlo passare a maggioranza qualificata e quindi servirebbero solo 16 voti favorevoli.
Questo permetterebbe di mettere all’angolo quei Paesi Ue che finora hanno attirato i capitali delle multinazionali tentandoli con regimi fiscali molto vantaggiosi.
Nel mirino Stati come l’Irlanda finita sotto inchiesta nella Ue per gli accordi fiscali stretti con Apple. La decisione è attesa questo mese.
La Ue non ha ancora definita la soglia di reddito per le compagnie che dovranno pubblicare i loro profitti e le tasse che pagano.
I funzionari Ue hanno però detto che le misure riguarderanno tutte le grandi multinazionali globali, e quindi anche le americane come Google, Amazon e Facebook.
Secondo Tove Maria Ryding, coordinatore della European Network on Debt and Development (gruppo di 46 ONG che lottano per un sistema finanziario globale più equo), se la Commissione Ue deciderà di limitare la pubblicazione dei redditi alle aziende con più di 750 milioni di fatturato annuo, saranno coinvolte l’85% delle multinazionali di tutto il mondo.
E’, infatti, un grosso problema poter permettere alle PMI, che non usano sistemi di ottimizzazione fiscale, poter competere al meglio sul mercato se si permette all’85% delle aziende di poter evadere le tasse.