“L’Europa deve dotarsi di un quadro legislativo unico per internet, comunicazioni elettroniche e audiovisivo per garantire parità di condizioni a tutti i protagonisti della catena di valore digitale”.
È quanto sostiene un nuovo studio sulla riforma delle leggi europee del settore digitale, pubblicato dal CERRE (Centre on Regulation in Europe).
Cercando di porsi al di sopra dell’agguerrito dibattito in corso sulla revisione del quadro di settore, che vede coinvolti associazioni industriali, lobby, regolatori e politici, il CERRE ha preferito affidarsi a rappresentanti del settore, accademici ed esperti di policy producendo uno studio in cui si evidenzia innanzitutto la necessità di “abbandonare i silos legislativi separati per internet, media audiovisivi e comunicazioni elettroniche per sostituirli con un quadro regolamentare per tutte le infrastrutture digitali e un altro per tutti i servizi digitali”.
Razionalizzare e concentrare la regolamentazione inerente le reti digitali, secondo il CERRE è essenziale per stimolare gli investimenti privati, mentre un maggiore coordinamento delle politiche sullo spettro radio – al posto dell’attuale patchwork – permetterebbe all’Europa, tra le altre cose, di assumere un ruolo di primo piano nel 5G e nei nuovi servizi a banda larga mobile abilitati dalla tecnologia.
Tra le diverse raccomandazioni contenute nel rapporto, si legge che potrebbe essere opportuno “creare un quadro adeguato per i servizi digitali, accentuando la facoltà di controllo dei singoli paesi, ma affidandosi alle norme generali dell’Ue per quanto concerne, ad esempio, la concorrenza, la privacy e il diritto alla protezione dei dati, le norme sul diritto d’autore e le regole di sicurezza”.
Occorrerebbe quindi “superare le barriere regolamentari nazionali attraverso un progetto istituzionale più efficace ed efficiente per l’intero ecosistema digitale dell’Ue”.
Per il direttore generale del CERRE, Bruno Liebhaberg, “Il futuro quadro normativo per i servizi digitali dovrebbe essere ambizioso e coerente. Dovrebbe anche essere a prova di futuro, abbastanza flessibile da far fronte alle ancora poco chiare trasformazioni delle tecnologie e dei mercati e, in quanto tale, restare sostenibile nel prossimo decennio. Infine, dovrebbe favorire la chiarezza normativa, la trasparenza e la stabilità – prerequisiti fondamentali per stimolare i necessari investimenti nel settore digitale”.
Niente di più facile, sulla carta, ma perché questa visione diventi realtà, è richiesta “volontà politica, visione strategica e assertività nel superare le rigidità e le strozzature strutturali e istituzionali o solo semplici difficoltà di adattarsi ad un ambiente che cambia”.
Tutti avvisati, quindi, politici, regolatori e lobbysti.