“Condivisione è un concetto virtuoso ma è diventato soprattutto l’eufemismo di maggior successo della nostra epoca. Si dice condividere ma, scusate la ruvidezza, significa non pagare più qualcosa che prima si pagava”. Interviene così Michele Serra, giornalista e autore, curatore della rubrica l’Amaca su Repubblica, al Convegno ‘Le Regole del Caos’ che si è tenuto nei giorni scorsi a Roma.
“Chi volesse leggere l’Amaca non è affatto tenuto ad acquistare Repubblica, né nella veste cartacea, né online. Potrà leggerla su Twitter o Facebook o su qualsiasi sito o blog che la condivida”.
Serra si domanda allora: “Fino a quando il mio editore vorrà pagarmi per fornirgli una merce per la quale lui non ha più la disponibilità esclusiva e nemmeno il controllo?”.
Per Serra, “l’editoria mondiale si è abbandonata all’idea che la gratuità dei contenuti avrebbe aumentato per contagio la richiesta dei contenuti a pagamento… ma la gratuità non lavora per contagio ma per sottrazione”.
“La gratuità dei contenuti culturali è di fatto un’acquisizione politica del web… sotto ai quaranta anni si acquistano pochissimi quotidiani non solo per demerito di chi li fa, ma perché l’idea stessa di dover pagare per essere informati è considerata stravagante da chi è abituato ad aprire con un click e senza spendere un centesimo una smisurata quantità di fonti di informazione”.
“Non è solo la pirateria, fenomeno molto nocivo e illegale in modo eclatante, a dover preoccupare chi campa grazie a quello che scrive, ma l’ideologia della gratuità e del libero accesso a ciò che è liberamente cliccabile”, osserva Serra.
Come correre allora ai ripari?
“Non ne ho la minima idea – conclude Serra – posso solo dire che più il valore della cultura è apprezzato, più sarà possibile difenderne anche il prezzo”.