Italia
#vorticidigitali è una rubrica settimanale a cura di @andrea_boscaro promossa da Key4biz e www.thevortex.it. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.
La scorsa settimana ha visto una nuova vittoria, sul piano legale, di Google nella causa intentata nei confronti del suo Books da parte della Authors’ Guild, la Siae americana: il giudice ha ritenuto infatti che la piattaforma che ha fino ad oggi scannerizzato oltre 20 milioni di libri non abbia leso i diritti degli autori, ma anzi abbia favorito la diffusione delle loro opere: ai posteri, per quanto ci riguarda, l’ardua sentenza.
Difficile infatti valutare l’equità di tale decisione soprattutto alla luce della differenza nella legislazione sul diritto d’autore fra gli Stati Uniti e l’Italia, nondimeno è interessante notare come sia cambiato nel corso del tempo il ruolo che la componente autorale ha avuto all’interno dell’algoritmo di Google e quindi nei risultati del suo motore di ricerca.
L’evoluzione di tale algoritmo indica infatti una lotta progressiva a coloro che si avvalgono del contenuto altrui per ingannare il motore di ricerca a tutto vantaggio degli utenti e dei siti editoriali: questo è stato il senso di un’importante revisione dell’algoritmo ormai vecchia di qualche anno denominata Panda. Il gigante di Mountain View incentiva a pubblicare contenuti originali premiandone gli autori con una progressiva visibilità all’interno dei risultati.
Questo passaggio è stato più di recente seguito dall’ascesa fra gli elementi cardine dell’algoritmo di un fattore chiamato “Author Rank” attraverso il quale viene privilegiato il contenuto pubblicato da un Autore riconducibile ad un profilo Google+ e che quindi, agli occhi di Google, presenta una componente di autorevolezza superiore: tanto più i contenuti di un sito sono quindi legati ad Autori presenti su Google+ tanto più i loro testi saranno apprezzati dal motore di ricerca che li connoterà da un’immagine e dall’indicazione del numero di Cerchie di Google+ in cui sono inseriti.
La componente autorale diventa pertanto non solo un segnale di rilevanza, ma anche un elemento di popolarità così da mostrare agli utenti i risultati più pertinenti non solo sulla base del proprio personale comportamento di ricerca e di navigazione, ma anche sulla base delle proprie connessioni sociali: è l’ulteriore traguardo del “Search Plus Your World” che risulterà più presente al diffondersi di Google+.
Di fronte a questo scenario, un’azienda deve pertanto porsi nelle condizioni organizzative e comunicative di:
– sfruttare al meglio il proprio “content marketing” per redigere articoli di qualità e legati ad Autori iscritti a Google+;
– non sottovalutare il ruolo di quest’ultimo, ma anzi lavorare perché gli Autori entrino in più Cerchie possibile;
– attuare una politica di digital PR per poter accrescere link così da sviluppare la popolarità del sito: un buon tool per controllarli è www.ahrefs.com;
– dedicare parte delle proprie competenze al produrre contenuti all’interno di blog, forum e social media così da accrescere le menzioni che si godono all’interno della Rete.
“Content is king e connection is queen”: la coppia regale di successo su Google ha pur sempre nel ruolo del contenuto il suo traguardo e la sua bussola.