Italia
#Cashless è una rubrica settimanale promossa da Key4biz e Waroncash.org. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.
Segnaliamo ai lettori che il 23 gennaio 2014 CashlessWay e Innopay presentano il primo masterclass italiano sul Bitcoin a Milano in collaborazione con IED con la media partnership di Key4Biz eThePaypers, oltre che di Waroncash.org. Le iscrizioni sono aperte. Buona lettura!
The art of simplicity is
a puzzle of complexity
Douglas Horton
Il Bitcoin nasce nel gennaio 2009 e dopo un anno di vita le unità di moneta diffuse erano circa 2 Milioni. La crescita (dai ritmi prestabiliti) ha portato al superamento del muro dei 10 Mil nella seconda metà del 2012 mentre nel novembre 2013 si è arrivati a 12 Mil di unità in circolazione, per un controvalore in dollari di 12 Mld $ (ai valori attuali) e con circa 70 mila transazioni al giorno.
La moneta della rete – Il Bitcoin è una moneta che nasce e vive unicamente nella rete informatica paritaria che ne è l’ossatura e nel software che ne è l’anima. Questa rete ogni giorno produce e distribuisce blocchi di Bitcoin a chi ha un account attivo fino ad un numero massimo di unità di 21 Mil (che dovrebbe essere raggiunto entro il 2030), divisibili fino all’ottava cifra decimale. Quindi l’unità base è frazionabile ben oltre il centesimo, come invece avviene per le monete tradizionali, potendosi così individuare 100 milioni di frazioni dell’unità base. Per entrare nella community del denaro virtuale basta installare sul proprio computer il Bitcoin client software (Bitcoin-Qt) che inizierà ad operare in automatico. L’indirizzo dell’utente sarà una stringa alfa-numerica di 34 caratteri. Lo scopo è quello di dare al popolo della rete una moneta scambiabile per via digitale che sia sicura senza il bisogno di un terzo soggetto (banche, carte di credito) che faccia da garante dello scambio.
Essendo la quantità di moneta rigidamente prestabilita si impedisce, almeno a livello teorico, l’insorgere di fenomeni inflazionistici dato che, appunto, l’aumento dei prezzi è legato anche alla quantità di denaro circolante in un dato sistema economico.
Architettura informatica – Scendendo nel dettaglio possiamo dire che il processo di creazione della moneta virtuale avviene attraverso un complesso processo di crittografia (basato sull’algoritmo SHA-256) -2- svolto in automatico dal software presente sui computer che fanno parte delle rete. Il primo nodo che riesce ad estrapolare, mediante una complessa serie di calcoli variabili, la soluzione del test ottiene un blocco Bitcoin (dopo che il suo risultato è stato controllato e validato dagli altri nodi). Il processo avviene (in media) ogni 10 minuti (ma i tempi si stanno abbassando grazie alla crescita della rete), per un totale di 144 estrazioni (mining) al giorno di nuovi blocchi di Bitcoin. Un problema sollevato da più parti, per esempio dall’analista della Fed Francois Velde, è che non tutti coloro che entrano nel sistema avranno reali opportunità per partecipare a questa sorta di lotteria che, non è basata sulla fortuna, bensì sulla capacità del computer di risolvere un problema matematico. Per questo risultato c’è bisogno di un hardware potente e quindi più costoso della media (si parla di almeno 3 mila $) e con consumi elettrici elevati (1$ al giorno). Problema che potrebbe essere superato solo rendendo meno complesso l’algoritmo di calcolo alla base del processo di estrazione, come ha fatto il neonato Litecoin.
Da un punto di vista matematico il processo di mining si basa su un quesito molto complesso, ma che è al contempo di facile verificabilità da parte del sistema: block chain x; nuovo blocco y; numero addizionale n. L’obiettivo è trovare il valore n in modo che la funzione f (x,y,n), sia inferiore a un dato valore α (alfa). La funzione è predeterminata dal sistema, ma cosi complessa che è impossibile da risolvere mediante sorte (un po’ come un Superenalotto in cui non si vince col 6, già difficile, ma indovinando molti numeri e per di più in ordine di estrazione), l’unico meccanismo che può trovare la soluzione è il calcolo: il sistema deve attribuire dei valori a n finchè non trova quello giusto in grado di soddisfare la condizione posta. Quando un nodo trova la soluzione, la trasmette agli altri che verificano (agevolmente) che la soluzione sia corretta, in tal caso un nuovo blocco (che oggi è composto da 25 Bitcoin) viene aggiunto alla catena e attribuito al nodo che per primo è stato in grado di risolvere il problema matematico. La potenza di calcolo per effettuare questo genere di operazioni è molto elevata.
Gli esperti d’informatica a questo scopo utilizzano sia CPU che GPU (schede grafiche) molto potenti, con una predilezione per queste ultime (con doppio processore) le cui caratteristiche tecniche meglio si adattano ai calcoli necessari per “minare” i Bitcoin. Spesso ne montano più d’una in parallelo per implementarne la potenza. I costi per l’acquisto del materiale fino a qualche mese fa si aggiravano intorno ai 3 mila $, ma ora la competizione tra macchine per aggiudicarsi la moneta elettronica si è fatta ben più serrata e quindi la potenza di calcolo sta aumentando. Ci sono assemblatori che si stanno specializzando nel creare macchine sempre più potenti adatte allo scopo, i cui costi possono arrivare fino a 20 mila $.
Possiamo sintetizzare dicendo che gli utenti che fanno parte della community possono ottenere moneta in 3 modi diversi:
- acquisto della valuta in base al valore stabilito dal rapporto di domanda e offerta con denaro reale
- vendita di prodotti e servizi incassando pagamenti con la moneta virtuale
- generazione, mediante la soluzione del problema crittografico, processo denominato mining (estrazione) che avviene 6 volte ogni ora
Portafoglio a prova di ladro – Una volta ottenuto nei suddetti modi il Bitcoin, l’utente potrà riutilizzarlo o conservarlo nel suo portafoglio (wallet) personale. Il wallet custodisce la chiave privata dell’utente che serve per spendere i fondi, una sorta di firma digitale che ufficializza la compra-vendita. Il portafoglio può assumere forme differenti, in base al device utilizzato. I principali tipi di wallet sono: desktop, mobile e web. Di particolare interesse è il mobile wallet che permette, attraverso app per Android, iOS e Windows Phone, di conservare la propria chiave privata sul cellulare e quindi di pagare, presso gli esercizi commerciali che accettano il denaro virtuale, direttamente con il proprio telefono, eventualmente anche con il sistema nfc. I cellulari non sono però veri e propri nodi del sistema, perché non sono in grado, per capacità di calcolo e memoria, di processare tutte le informazioni del block chain (il registro). Sono piuttosto delle estensioni del nodo vero e proprio che utilizzano una versione semplificata, ma comunque efficace, del sistema di controllo di pagamento. Ultima categoria è quella dei wallet online che conservano la chiave privata dell’utente su un computer controllato da qualcun altro e connesso in rete, in modo che il proprietario possa sempre accedervi con i suoi device personali (desktop o mobile). Dal punto di vista dell’utente, il cuore del sistema è il portafoglio, quindi la firma privata, che consente materialmente di procedere alla transazione. Per questo deve essere protetto, facendo copie e magari utilizzando delle password per accedervi ovvero, per i più paranoici, conservare il proprio codice scritto su carta e conservato in un luogo sicuro.
Anche le transazioni utilizzano meccanismi di crittografia complessa. In pratica, quando un utente (a conclusione di una operazione) trasferisce una certa quantità di Bitcoin alla sua controparte, aggiunge la chiave pubblica dell’avente causa (il venditore) alle proprie monete e conferma l’operazione (potremmo dire la firma) con la propria chiave privata, diffondendo poi l’avvenuta transazione in un messaggio che si diffonderà nelle rete distribuendo cosi a tutti l’informazione sul cambio di proprietà di un certo numero di Bitcoin. I nodi non coinvolti nella transazione effettueranno poi un controllo per verificare che l’acquirente avesse una reale disponibilità.
La moneta digitale ha un taglio (proprio come le banconote), quello iniziale era da 50 unità. La strutturazione del progetto porta alla diminuzione progressiva della grandezza del blocco che già oggi ammonta a 25 unità e che arriverà a 0 quando il sistema raggiungerà i 21 Mil nel 2030.
Il sistema ha dimostrato, dopo 4 anni di vita, di essere a prova di falsificazione monetaria, mentre alcuni furti (pochi in realtà) sono stati registrati, ma dalle ricostruzioni che girano sul web appare evidente che non sono dipesi da falle del sistema, ma da errori (di distrazione o avventatezza) degli utenti. Come capitato a James Howell, tra i primi miner inglesi, che ha gettato nella spazzatura il proprio hard disk contenente 7.500 Bitcoin, cioè qualcosa come, ai valori attuali, 7,5 Mil $. Il doppio sistema di chiavi ha funzionato egregiamente e si ritiene impossibile arrivare alla chiave privata di un utente attraverso quella pubblica.
L’analista della Fed Francois Velde ha calcolato che le transazioni di piccola entità vengono processate dal sistema in massimo 10 minuti, mentre per quelle più elevate, innescando meccanismi di controllo distribuiti più complessi, ci vuole circa un’ora. Il che può sembrare molto, ma anche con i sistemi tradizionali ci possono essere lungaggini non da poco, soprattutto per trasferimenti bancari estero su estero.
Nakamoto ha anche previsto che le regole del sistema possano cambiare nel caso (molto improbabile) in cui più della metà dei computer della rete siano sotto il controllo di un’unica entità, al fine di evitare che il Bitcoin diventi la moneta di una istituzione (per esempio un governo che voglia prenderne il controllo) o di una organizzazione criminale (che la voglia usare per le sue attività illecite).
Il prossimo articolo sarà pubblicato il 20/12 e sarà dedicato al sistema economico della valuta virtuale.
Prima puntata: #Cashless, tutto quello che avreste voluto sapere sul Bitcoin