#WebTax: pubblicità online a +1000%, ma al fisco italiano solo le briciole

di Raffaella Natale |

L’allarme nello Studio redatto dagli uffici della Camera in vista del confronto parlamentare sulla Web Tax.

Italia


Paradisi fiscali

La pubblicità online è in forte crescita, addirittura del 1000%, a dispetto di quella sui media tradizionali come televisione, radio e stampa, dove è in calo da quattro anni a questa parte.

Inoltre, come si legge in uno Studio redatto dagli uffici della Camera in vista della discussione parlamentare sulla Web Tax, la raccolta di pubblicità digitale sfugge alla tassazione italiana in quanto viene realizzata soprattutto dalle multinazionali straniere.

Google continua a mantenere la sua posizione di grande forza nella pubblicità online, controllando un terzo del mercato globale. Un ruolo incontrastato che già dallo scorso anno è stato denunciato dal presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella che ha paventato il rischio di monopolio da parte dell’azienda di Mountain View, e anche dall’Agcom.

 

In Italia, il gruppo americano detiene il 40% nella raccolta di pubblicità online. La quota è stata accertata dall’Antitrust che ha aperto un’indagine alla quale s’è adesso affiancata l’Agcom.

 

Stando ai dati forniti dall’ufficio della Camera, sono quattro i settori economici sui quali si registra uno spostamento dal mercato tradizionale a quello online: pubblicità, editoria, giochi (poker, ecc) e l’eCommerce, nel quale è ricompresa sia la vendita online di beni che quella di servizi (specie quelli turistici).

 

In tutti i quattro i settori, le aziende italiane avevano lamentato una concorrenza sleale da parte dei colossi stranieri: questi ultimi hanno, infatti, la domiciliazione in Paesi con regimi fiscale agevolati (es. Irlanda o il Lussemburgo) e quindi anche sui volumi realizzati in Italia pagano molte meno tasse nello Stato dove sono appunto domiciliati.

 

Questa situazione è fotografata dallo Studio degli Uffici della Camera. Per esempio per quanto riguarda il commercio elettronico di beni e servizi che è aumentato mentre quello tradizionale si è contratto: ebbene il valore delle vendite da siti italiani nel 2012 è stato pari a quasi 9 miliardi di euro, mentre il valore acquistato complessivamente dagli italiani sfiora gli 11 miliardi di euro nel 2012. Lo spostamento più marcato dal mercato tradizionale al Web si ha nella pubblicità. Lo studio della Camera cita i dati dell‘Osservatorio sulla pubblicità dell’Agcom, secondo il quale “dal 2005 la pubblicità sui mezzi classici si è ridotta a favore di quella online, cresciuta di oltre il 1000%, e gli investimenti in web marketing superano i 3 miliardi di euro“.

 

Internet è il secondo mezzo pubblicitario in Italia dopo la televisione. Le aziende che investono nel web sono il 22%, una quota superiore a quelle che investono nella televisione (3,5%) e nella radio (5,1%).

 

I sostenitori della Web Tax ritengono che, se dovesse passare il provvedimento che obbliga i giganti di internet ad avere partita Iva italiana se vogliono raccogliere pubblicità in Italia, da questi flussi arriverà nuovo gettito nelle casse dello Stato. 

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