#WebTax verso la fiducia. Obbligo di partita Iva per la pubblicità online

di Raffaella Natale |

Eliminato l’obbligo di partita Iva per le aziende di eCommerce e confermato al contrario quello per chi vende pubblicità online. Francesco Boccia: ‘Ora è perfetta’.

Italia


Francesco Boccia

La Web Tax resiste al fuoco incrociato dei suoi detrattori e passa quasi indenne le forche caudine della Commissione Bilancio. D’ora in poi, a meno di sorprese dell’ultima ora in Aula alla Camera, le aziende che vendono pubblicità online in Italia, in particolar modo le multinazionali di internet come Google & Co., dovranno disporre di partita Iva italiana e adeguarsi al regime fiscale del nostro paese (Emendamento riformulato).

Il governo dovrebbe porre la fiducia sul Ddl Stabilità domani mattina. La fiducia, secondo quanto ha assicurato il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, sarà sul testo uscito dai lavori della commissione Bilancio.

 

Soddisfazione del presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia (Pd), padre della Web Tax, che su Twitter ha scritto a caldo: “Approvata senza comma 1. Ora è perfetta!”.

 

Sul tema della cosiddetta Web Tax c’è stata una disinformazione preoccupante”.  Ha detto poi Boccia a SkyTg24, aggiungendo “Io credo che la politica abbia il dovere di occuparsi di come creare le stesse condizioni fra un operatore italiano e una multinazionale del web“.

“Ad oggi le imprese italiane investono e pagano le imposte, le multinazionali del web fanno business con organizzazioni e prodotti italiani ma non investono e in Italia e non pagano imposte. D’ora in poi tutto questo non sarà possibile e l’esperienza italiana potrà essere usata in Europa per accelerare un confronto che da oltre 8 anni produce soltanto rinvii o gruppi di lavoro”.

 

L’esponente del Pd ha poi aggiunto: “L’utilizzo della tracciabilità è un altro tema che abbiamo affrontato con decisione perché ci sembrava incomprensibile per quale motivo si possa utilizzare con una salumeria, solo per fare un esempio, e non per l’attività delle multinazionali”.

Ai tanti benpensanti – ha concluso Boccia – per cui libertà della rete equivale a libertà di non pagare le tasse, consiglio di approfondire le cause dell’imponente emorragia finanziaria in corso in alcuni settori strategici come editoria, cinema e tutto ciò che è connesso al diritto d’autore“.

 

La Commissione Bilancio della Camera ha dato il via libera nella notte alla legge di Stabilità. Segnano un piccolo punto a loro favore i detrattori della Web Tax capeggiati da Matteo Renzi che portano a casa come risultato la cancellazione dell’obbligo di partita Iva italiana per le multinazionali di internet che effettuano commercio elettronico, ma resta per la pubblicità online e il diritto d’autore.

Resiste la parte centrale dell’emendamento sulla stabile organizzazione che permette di contrastare efficacemente i sistemi di elusione fiscale ai quali ricorrono gli Over-The-Top (Google, Facebook, Amazon ed Apple).

 

Con la Web Tax la vendita degli spazi pubblicitari in rete sarà tassata in Italia, e non all’estero come succede oggi.

Secondo l’indagine di accompagnamento al testo, realizzata dall’ufficio studi di Montecitorio, la pubblicità online è in forte crescita, addirittura del 1000%. Il mercato complessivo secondo stime ammonta ad almeno a 9 miliardi di euro e, sempre secondo i calcoli della Commissione Bilancio di Montecitorio, il gettito previsto, con le nuove norme, dovrebbe essere di 120 milioni di euro.

 

Google continua a mantenere la sua posizione di grande forza nella pubblicità online, controllando un terzo del mercato globale. Un ruolo incontrastato che già dallo scorso anno è stato denunciato dal presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella che ha paventato il rischio di monopolio da parte dell’azienda di Mountain View, e anche dall’Agcom. In Italia, il gruppo americano detiene il 40% nella raccolta di pubblicità online. La quota è stata accertata dall’Antitrust che ha aperto un’indagine alla quale s’è adesso affiancata l’Agcom.

Se è vero che Google fattura 700 milioni di euro in Italia, è risibile, che paghi poco più di 1,8 milioni di tasse come è avvenuto finora.

 

La modifica apportata al testo originario, ha indicato il deputato di Sel Sergio Boccadutri cofirmatario dell’emendamento, “mette al riparo da possibili penalizzazioni delle piccole e medie imprese italiane”.

“In questi giorni – ha commentato – il fuoco di sbarramento alimentato dai gruppi di pressione è stato sull’obbligatorietà della partita Iva italiana per l’eCommerce ed eventuali rischi di infrazione in ambito europeo. Ma il cuore della questione – per Boccadutri – è l’advertising. Da oggi, infatti, vincolando alla titolarità di una partita Iva italiana i soggetti che intendono vendere spazi pubblicitari, si pone un freno molto significativo al cosiddetto ‘profit shifting’, la pratica di non pagare le tasse in paesi diversi da quelli in cui viene fornito il servizio, una vera e propria elusione legalizzata”.

 

L’Italia – ha detto infine Boccadutri – ha adesso l’onere, durante il semestre di Presidenza europea, nel solco di quanto già affermato da Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione Europea e responsabile dell’agenda digitale, di lavorare all’armonizzazione dei sistemi fiscali e alla stesura di una normativa unica e vincolante per tutto il continente“.

 

Per Renzi che si è subito schierato contro, chiedendo al premier Letta di eliminare ogni riferimento alla Web Tax e approfondire l’argomento in sede europea, “è giusto evitare l’elusione da parte delle grandi piattaforme informatiche” ma questo “non lo si risolve con una battaglia di principio che fa l’Italia“.

 

La seduta della Commissione Bilancio è proseguita a oltranza la notte scorsa nonostante le difficoltà create dall’asse M5s-Forza Italia che hanno deciso di abbandonare l’aula in polemica con l’emendamento che i pentastellati hanno definito “un favore a De Benedetti” che si è schierato apertamente accanto a Boccia e contro Renzi a sostegno della Web Tax.

Se passasse l’emendamento, tuona Beppe Grillo sul suo blog: “Saremo tagliati fuori da tutto”.

In una nota il gruppo del M5s alla Camera ha ribadito: “Era difficile peggiorare una norma come quella della Web Tax ma il testo uscito dalla commissione Bilancio della Camera è riuscito in questa improba impresa”.

 

Da Forza Italia, Annagrazia Calabria fa sapere che “A sinistra cambiano i volti, ma non l’abitudine di far cassa attraverso la tassazione su settori competitivi. La Web Tax è l’ultimo, desolante capitolo di questa tendenza”.

“In un settore ‘global’ per eccellenza, come il digitale, l’Italia – ha aggiunto – non può permettersi di alzare un muro isolandosi dall’economia globale e disincentivando gli investitori internazionali dal proporre qui da noi servizi e opportunità che possono rappresentare un valore aggiunto alla crescita e all’innovazione delle nostre imprese”.

 

La proposta di Boccia ha trovato il fermo sostegno anche del Ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato che ha scritto su Twitter: “Sulla Web Tax c’è un equivoco: non si tratta di tassare Internet ma di creare situazioni di parità per le nostre imprese. Stesse tasse”.

Dalla parte della Web Tax anche l’on. Fabrizio Cicchitto di Ncd “Il fatto che il nome della tassa sia improprio non è una buona ragione per farla saltare”.

“Questa volta – ha indicato – siamo d’accordo con Carlo De Benedetti quando afferma che non si capisce perché Google debba essere esentata dal pagare le tasse in Italia quando ha una struttura stabile nel nostro Paese grazie alla quale realizza fatturati e utili assai rilevanti”.

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