L'analisi

Causeries. Pacchetto Telecom, tanto rumore per nulla

di Stefano Mannoni |

Il Single Market immaginato da Neelie Kroes era pessimo e bene hanno fatto a silurarlo i due contrappesi della Commissione, Parlamento e Berec, oltre al Consiglio

Causeries è una rubrica settimanale sulle criticità dei mercati della convergenza e il loro rapporto con le grandi tematiche della regolazione, curata da Stefano Mannoni, professore di Diritto delle Comunicazioni presso l’Università di Firenze. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Tanto rumore per nulla, si sarebbe tentati di commentare dopo il voto del Parlamento Europeo di ieri sul Pacchetto Telecom.

In effetti questa decisione manda a picco quell’ambizione di European Single Market coltivata a suo tempo dall’ex commissario all’Agenda Digitale Ue Neelie Kroes, prima fatta a pezzi in corso di dibattito prima dal Berec (Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche) poi dal Parlamento.

Chi è solito lamentarsi delle procedure farraginose di Bruxelles dovrebbe pertanto oggi ricredersi. Il Single Market immaginato dalla Kroes era pessimo e bene hanno fatto i due contrappesi della Commissione – Parlamento e Berec – (oltre al Consiglio ovviamente) a silurarlo.

Con assoluta immodestia ricordo di avere preconizzato questo esito nel mio libro dedicato all’argomento delle comunicazioni elettroniche già un anno fa, anche se non era un esercizio difficile: si trattava di una bouillabaisse davvero indigeribile.

Chi vince e chi perde?

Vince sicuramente il Berec, che ha reagito con determinazione e intelligenza al tentativo di essere relegato a organo burocratico periferico egemonizzato da una esondante Commissione.

Vince il Parlamento, perché la raffica di emendamenti che hanno letteralmente tempestato il progetto Kroes ha dimostrato la sua forza  e attenzione su questioni molto tecniche sulle quali non ha prestato molto credito alla Commissione.

Vince il Consiglio, perché i governi si sono fatti sentire, sbarrando la strada a scenari di accentramento a Bruxelles che non erano proprio nell’aria politica del momento. Malconcia ne esce invece la Commissione la quale non ha agito a suo tempo con prudenza, pretendendo di concentrare poteri che non le spettavano e di favorire i grandi operatori telco con una certa tracotanza.

Il risultato?

I due punti che stavano a cuore al Parlamento e agli elettori dei deputati.

L’abolizione del roaming, che inietta sicuramente popolarità in un sistema europeo mai come ora bisognoso di un applauso.

E la net neutrality la quale, dopo la decisione statunitense, era inevitabile e, tutto sommato, anche giusta.

Senza fare dietrologie circa la intuibile influenza che deve essersi fatta sentire in questi mesi lato Mountain View, la net neutrality è utile in Europa ancorché meno drammaticamente che negli USA.

La vivace concorrenza sull’accesso europeo – che è in stridente contrasto con il ritorno all’oligopolio ristretto negli USA – non prospetta la questione della neutralità con la stessa impellenza.

La facoltà di scelta tra gli ISP è davvero notevole ed è allo stato improbabile che si creino colli di bottiglia artificiali laddove regolazione e antitrust hanno spianato la strada a una molteplicità di soggetti. Nondimeno essa è utile e risponde anche a  un principio sacrosanto nel  continente che ha fato della non-discriminazione la sua bandiera.

Vedremo nel testo finale, una volta pubblicato, i dettagli anche se allo stato non registrerei segnali di allarme particolare.

Certo le istituzioni europee rispetto alle Direttive del 2002 non hanno voluto affatto segnare una discontinuità. E bene hanno fatto. Resta da vedere se questa risposta interlocutoria sarà sufficiente a stabilire un compromesso accettabile tra telco e OTT.

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