La Ue alla stretta finale su Apple e Amazon. Bruxelles ha avviato nei mesi scorsi un Piano preciso e determinato per costringere i furbetti del fisco a pagare le tasse dove producono i profitti.
Nel mirino le web company, ma non solo.
Il prossimo appuntamento adesso è il 21 ottobre quando la Commissione, secondo alcune indiscrezioni, si è data appuntamento per decidere sul tax ruling.
Nella sfera di azione rientrano tutti quegli accordi siglati tra Paesi e multinazionali che prevedono decisioni anticipate sulle imposte da pagare, ma per garantire che tutti paghino le giuste tasse serve una vera concorrenza fiscale, come denuncia un Rapporto del Parlamento francese.
Sotto la lente ci sono ovviamente i paradisi fiscali europei come Irlanda e Lussemburgo compiacenti verso le pratiche di profit shifting.
Con ogni probabilità mercoledì la Ue si pronuncerà sugli accordi siglati proprio dall’Irlanda con Apple e dal Lussemburgo con Amazon, oltre ovviamente a quelli che riguardano Fiat Chrysler e Starbucks.
Il caso Amazon
A gennaio scorso, l’Antitrust Ue ha chiesto al governo del Lussemburgo un approfondimento sugli accordi fiscali siglati con il gruppo di Jeff Bezos.
Stando ai risultati preliminare dell’indagine, la web company Usa avrebbe ottenuto un trattamento fiscale di favore dal Lussemburgo, con cui ha stipulato accordi in materia di tasse nel 2003.
Quando è partita l’indagine, la Commissione ha fatto sapere che in base “alle prime considerazioni preliminari dell’indagine il regime fiscale applicato….dal Lussemburgo a favore di Amazon rientra nella fattispecie degli aiuti di stato”.
Amazon dal canto suo si difende, sostenendo di non aver ricevuto alcun “trattamento di favore dal Lussemburgo” sul fronte delle tasse.
L’indagine della Commissione nei confronti di Amazon è partita esattamente un anno fa e si collega ad una più ampia questione europea che riguarda tutte le multinazionali americane del web che adottano sistemi di ottimizzazione per bypassare il fisco.
Il caso Apple
L’indagine su Apple è partita nel settembre 2014. L’accusa per il gruppo e l’Irlanda è di trattamento fiscale di favore, che costituisce violazione delle norme Ue sulla concorrenza.
Secondo la Ue, Apple da anni trae vantaggio dagli accordi fiscali siglati con Dublino nel periodo che va dal 1991 al 2007.
Se l’indagine si chiuderà con una condanna, Apple rischia una multa miliardaria.
Gli accordi siglati con le autorità irlandesi “conferiscono un vantaggio per Apple” che viene “garantito in maniera selettiva”, si legge nella lettera della Commissione Europea.
A sostegno della tesi di Bruxelles, il fatto che gli accordi fiscali fra Apple e Dublino siglati nel 1991 non siano mai stati rivisti per un periodo di 15 anni. Secondo la Commissione Ue lo stesso trattamento di favore non sarebbe garantito ad altre aziende con sede in Irlanda, suffragando così l’accusa di trattamento anticoncorrenziale.
La tesi di Apple è che il trattamento fiscale di cui gode in Irlanda è lo stesso garantito a tutte le multinazionali che operano in quel paese, dove il prelievo per le aziende è fissato al 12,5%. Ma Apple lascerebbe in Irlanda appena il 2% degli utili.
Il Piano di Bruxelles
A giugno scorso, dopo la stretta sul tax ruling, Bruxelles ha presentato un piano d’azione per una profonda riforma della tassazione societaria nell’Ue.
L’Italia resta alla finestra, aspettando che sia proprio la Ue a intervenire, altrimenti ha detto il premier Renzi ‘lo faremo noi nel 2017′,
Tra le azioni chiave della Ue figurano una strategia per rilanciare la base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società (CCCTB) e un quadro che garantisca una tassazione efficace nel luogo in cui sono generati gli utili.
Misure già in fase elaborazione a livello internazionale nell’ambito dell’OCSE che si è già attivata su questo fronte, siglando lo scorso settembre un accordo con il G20 contro l’elusione fiscale.
Un primo passo importante della Ue è stato compiuto a marzo, quando la Commissione ha presentato un pacchetto di misure volte a rafforzare la trasparenza fiscale nell’Ue.