Bitcoin: alla Germania il primato della regolamentazione

di di Giulia Arangüena |

Già ad agosto del 2013 il Governo tedesco ha esentato le transazioni di Bitcoin per un anno dall'accisa sui trasferimenti di denaro, riconoscendo al Bitcoin il valore di ‘unità di cambio per le transazioni private’.

Europa


Giulia Aranguena de La Paz

La Germania ha (tra gli altri, anche) il primato di aver inquadrato la natura giuridica del Bitcoin giungendo per prima – con gli strumenti a disposizione nel suo ordinamento – ad una elaborazione di diritto compiuta ed esaustiva.

Sebbene con alcune zone d’ombra, il Governo tedesco, infatti, già ad agosto del 2013 ha esentato le transazioni di Bitcoin per un anno dall’accisa sui trasferimenti di denaro,[1] riconoscendo al Bitcoin il valore di “unità di cambio per le transazioni private“.[2]

In tale contesto di particolare favor, Bitcoin Deutschland GmbH – che gestisce il sito www.bitcoin.de, un portale dove gli utenti possono scambiare Bitcoin per valuta nazionale (e viceversa) – ha subito approfittato; così, dal 7 agosto 2013,[3] ha chiesto l’autorizzazione presso il BaFin (Bundesanstalt Für Finanzdienstleistungsaufsich) – autorità federale per la supervisione del settore finanziario soggetta alla stretta vigilanza del Ministero Federale delle Finanze – divenendo operativa subito dopo grazie ad una regolare licenza.

Inoltre, in virtù di un accordo con Fidor Bank, Bitcoin Deutschland può operare anche come intermediario finanziario, mentre la banca partner, da un lato, si è assunta la responsabilità per le operazioni compiute sul sito e, dall’altro, attraverso Kraken,[4] risulta coinvolta nella gestione della prima piattaforma exchange professionale su basi europee attraverso cui fare trading con ogni valuta algoritmica (non solo Bitcoin, ma anche con le altre altcoin).

Sembra esagerato attribuire l’interesse tedesco verso il Bitcoin ad un “recondito” timore della Germania per un imminente collasso dell’Euro, così come vorrebbero accreditare alcune voci emerse, specie tra luglio ed agosto scorso.

Ma, al di là di ciò, rimane il fatto – da sottolineare con vigore – che in Germania l’attenzione politica ed economica per il Bitcoin è piuttosto alta ad ogni livello istituzionale,[5] avendo già condotto, bruciando tutti i record, ad un primo inquadramento legale della crypto currency in grado di favorirne gli scambi.

L’autorità tedesca, peraltro, nel dicembre del 2013, hacondotto una completa valutazione di vigilanza sul Bitcoin tenendo conto anche dei rischi connessi con il suo commercio, ed è approdata ad un documento finale – titolato: Bitcoins: Aufsichtliche Bewertung und   Risiken für Nutzer (Bitcoins: Supervisory Evaluation and Risks for Users) – che, allo stato, costituisce una delle maggiori fonti istituzionali sul Bitcoin da cui trarre una base di minima “certezza di diritto” sulla natura giuridica della criptovaluta (secondo l’impostazione che sta imprimendole l’ordinamento tedesco, per il primato ottenuto in ordine di tempo rispetto a tutta l’UE).

In tale documento, la BaFin ha sottolineato esplicitamente che i Bitcoin sono unità di conto (UC) inclusi nella categoria degli strumenti finanziari ai sensi della legge bancaria tedesca (c.d. Kreditwesengesetz, o KWG);[6] e quindi sono giuridicamente vincolanti come strumenti finanziari sotto forma di unità di conto (conformemente al § 1, paragrafo 11, frase 1 della citata legge bancaria tedesca).

Tali unità di conto (UC), secondo la BaFin, sono divise sostitutive del contanti, che “vengono utilizzate come mezzo di pagamento nei circuiti di compensazione multilaterale sulla base di un accordo di diritto privato“.

Al riguardo, però, la BaFin evita di usare il termine di “denaro privato” (o moneta complementare), evocativo della natura monetaria del Bitcoin, chiarendo che dette unità di conto non sono da considerarsi né valuta o moneta con corso legale, né moneta elettronica ai sensi della legge tedesca sui servizi di pagamento, o payment services oversight act (c.d. Zahlungsdiensteaufsichtsgesetz, o ZAG).[7]

Inoltre, secondo la BaFin, il semplice uso del Bitcoin come sostituto “forte” della valuta contanti, oppure come strumento alternativo di deposito di valuta legale (lato utente, quindi), non è un’attività da regolamentare né innesca alcun obbligo di licenza.[8]

Tuttavia, in tutti i casi in cui vi sia acquisto o vendita di Bitcoin per conto terzi su scala commerciale, secondo quanto stabilito dalla BaFin, è necessaria una licenza ai sensi della legge bancaria tedesca (KWG), in quanto attività sottoposta a regolamentazione (e vigilanza). E, in particolare, a parere della BaFin, devono distinguersi alcune particolari attività di negoziazione di “titoli finanziari” in cui può ricadere il trading di Bitcoin ai sensi della legge bancaria tedesca (KWG), e cioé:[9]

(i)          l’attività di broking services;

(ii) l’attività di multilateral trading system (MTF);

(ii)         l’attività di contract broking; e

(iv) l’attività di proprietary trading.

Nel primo caso, chi acquista o vende Bitcoins a proprio nome ma per conto di terzi, secondo la BaFin, effettua servizi di intermediazione e deve ottenere un’autorizzazione, specie se le prestazioni vengono erogate attraverso piattaforme elettroniche di trading sulle quali il gestore/operatore esegue le istruzioni degli utenti/clienti e la piattaforma è tenuta ad eseguire un ordine riguardante sia la quantità di Bitcoins negoziata sia il prezzo di scambio.

Ugualmente, anche nella seconda ipotesi, per la BaFin, vi è necessità di una autorizzazione. L’attività di multilateral trading system (c.d. MTF), cioè la contrattazione che offre la possibilità di negoziare strumenti finanziari in modo alternativo su mercati non regolamentati,[10] secondo la BaFin, può estendersi alle piattaforme di trading di Bitcoin e richiedere un’apposita licenza come servizi finanziari qualora su dette piattaforme operino fornitori che offrono Bitcoins e ne stabiliscono un prezzo specifico; di modo che ogni qualvolta tale prezzo venga aggiunto o superato da un altro partecipante, la negoziazione diviene  automaticamente un servizio finanziario.[11]

La BaFin considera in maniera estensiva anche la pubblicazione degli elenchi dei commercianti e dei soggetti che negoziano Bitcoin – sia online che offline – come un’attività regolamentata in quanto in alcuni casi può comportare intermediazione e consulenza (servizi di investimento), inclusa nell’area del contract broking; e ciò può necessitare di una licenza sia ai sensi della legge bancaria, sia per il codice di commercio,

Infine, una piattaforma di negoziazione può eseguire servizi di acquisto e vendita di Bitcoin sia per conto di altri, cioè della propria clientela sia per conto proprio, realizzando per sé attività di proprietary trading, che è comunque un servizio finanziario.

Alla luce di ciò, si può ritenere che di fatto la BaFin utilizzi il proprio documento per informare l’industria Bitcoin che in Germania lo scambio commerciale di criptovaluta è un’attività regolamentata, sebbene poi venga opportunamente precisato che il tipo di regolamentazione dipende quasi esclusivamente dalla struttura individuale della piattaforma di trading e dalla connotazione concreta dell’attività commerciale svolta.

Oltre a quanto sopra, la BaFin conclude ipotizzando che i costi delle transazioni in Bitcoin presto saranno allineati con i costi bancari comuni a causa della crescente domanda di hardware e di elettricità più pesante per l’attività di mining; e ciò, unitamente al raffreddamento della domanda derivante dall’incremento dei costi, secondo la BaFin potrebbe spingere il Bitcoin a diventare costante e “più maturo”, evolvendo da strumento di gioco speculativo in una “vera” e propria valuta complementare privata su basi digitali e giocarsi una grande occasione.



[1]              http://www.welt.de/print/die_welt/finanzen/article117487737/BitcoinGeschaeftenacheinemJahrsteuerbefreit.html

[2]               Crf Regulation of Bitcoin in selected jurisdiction, Gennaio 2014,  p. 10, redatto dal Servizio Studi Giuridici della biblioteca del Congresso USA, Library of Congress.

[3]             http://www.coindesk.com/bitcoin-de-registers-with-germanys-financial-regulator-bafin/

[4]             https://www.fidor.de/documents/presse/2013-10-09-fidor-bank-kooperiert-mit-bitcoin-handelsplattform-kraken.pdf.

[5]              Illuminanti sono al riguardo le dichiarazioni di un parlamentare tedesco, Frank Schäffler, ex Obman (ex Presidente) della Commissione Finanze del Bundestag, rilasciate ad agosto del 2013 alla CNBC. Secondo Schäffler “sarebbe auspicabile avere un mercato concorrenziale anche nella produzione di denaro. Sono da lungo tempo un sostenitore dell’idea di Friedrich August von Hayek di decentralizzare la moneta. Il Bitcoin è un primo passo in questa direzione“. Schäffler – che in passato ha anche avanzato disegni di legge per la regolarizzazione della criptovaluta, anche in vista, di una futura tassazione dei guadagni ricavati dall’economia dei Bitcoin – si è apertamente sbilanciato arrivando ad esprimere vero e proprio rammarico per tutti quei paesi che considerano il Bitcoin, non come fonte di nuove opportunità economiche, ma soprattutto come strumento privilegiato per operazioni di riciclaggio di denaro a causa della natura anonima delle transazioni.

[6]               Cfr articolo nel BaFin Journal n 2/2014, p. 26, visibile qui

[7]              A causa dei vincoli europei, nessuno Stato membro della UE può decidere cosa sia o non sia moneta nel proprio territorio. Ed è impossibile che al di fuori degli ambiti naturali degli strumenti del diritto europeo possa riconoscersi lo status di moneta al Bitcoin. Questi strumenti potranno essere o quello della direttiva c.d. IMEL 2 (Direttiva n. 2009/110/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, in data 16 settembre 2009, che ha definito le caratteristiche della e-Money), o quello della direttiva c.d. UCITS 4 (Direttiva n. 2009/65/CE), sui fondi di investimento, ad esempio, qualora, nell’esame del regolatore europeo (che ha cominciato a verificare la criptovaluta a partire dal documento di studio, titolato Virtual currency scheme di ottobre del 2012 della Banca Centrale Europea), prevalga la scelta preferenziale sulla natura monetaria/investimento finanziario  (ancorché imperfetta) che ha il Bitcoin.

[8]               http://bitcoinmagazine.com/9922/regulation-bitcoins-germany-first-comprehensive-statement-bitcoins-german-federal-financial-supervisory-authority-bafin/

[9]               Secondo la fonte menzionata alla nota precedente, vi sarebbe una deviazione tra la definizione di strumento finanziario nel KWG e quella contenuta nella Legge tedesca sulla negoziazione di titoli (c.d. Securities Trading Act). Mentre la definizione della legge bancaria include esplicitamente l’unità di conto (UC) tra gli strumenti finanziari, essa non è compresa nella definizione della legge sulla negoziazione di titoli tedesca (Securities Trading Act).

[10]             Le piattaforme MTF sono strumenti di mercati alternativi alle borse tradizionali per la negoziazione di strumenti finanziari. Gli MTF sono stati lanciati la Direttiva n.  2004/39/CE (c.d. Market in Financial Instruments Directive – MiFID), recepita in Italia con d.lgs. n. 164 del 17 settembre 2007. I sistemi multilaterali di negoziazione sono oggetto, in Italia, anche del c.d. Testo Unico della Finanza ex d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 che all’art. 77 bis demanda alla Consob l’individuazione dei requisiti minimi per il loro funzionamento.

[11]             Secondo la fonte di cui alle precedenti note 8 e 9,  per la BaFin, la legge bancaria tedesca (c.d. KWG) prevede l’obbligo di licenza per l’operatore di un sistema multilaterale di negoziazione, mentre la legge sulla negoziazione di titoli (Securities Trading Act) contiene i requisiti di conformità per il funzionamento del sistema multilaterale di negoziazione. In particolare, i fornitori di sistemi multilaterali di negoziazione devono garantire che gli investitori retail siano esclusi di fatto dalla piattaforma; il che renderebbe il sistema multilaterale di negoziazione in Bitcoin impossibile come servizio rivolto ad un pubblico fatto anche di piccoli investitori retail.

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